Lorenzo Guadagnucci, giornalista, era nella scuola-dormitorio ex Diaz, in via Cesare Battisti a Genova, la notte di sabato 21 luglio, al momento dell’irruzione della polizia, conclusa con 93 persone arrestate, delle quali 61 ferite.

Qual è stata la tua giornata di sabato 21 luglio?
Sono partito alle quattro e mezza da Imola, con un treno organizzato dal movimento anti-G8; partiva da Rimini, passava da Bologna. Sono arrivato a metà mattinata, verso le 10, alla stazione di Quarto, che era l’ultimo accesso a Genova. Sono sceso e mi sono subito incamminato verso il centro della città, distante credo 4-5 km; ho fatto tutto il percorso a piedi perché non c’erano altri mezzi disponibili. Mi sono diretto verso il centro stampa del Genoa Social Forum.
Verso mezzogiorno è cominciata la conferenza stampa di Agnoletto. Hanno parlato anche alcuni dei registi arrivati a Genova per girare un film-documentario sulle manifestazioni. C’erano Pietrangeli, Martone, Maselli e poi tutta una serie di esponenti di varie associazioni: ciascuno ha raccontato episodi della giornata precedente, in cui era morto Carlo Giuliani. Io sono rimasto là fino all’una e mezza, le due.
Finita questa conferenza stampa, ho appoggiato lo zaino in un angolo, contando di ripassare a prenderlo più tardi. Lo avevo portato perché contavo di rimanere anche il giorno dopo, per vedere la seduta finale del “Public Forum”. Lasciato lo zaino, sono uscito per andare a vedere il corteo. La prima persona che ho sentito è stata Miriam Giovanzana, amica e collega, direttrice di “Altreconomia”, che per telefono mi ha subito anticipato che c’era una brutta situazione, perché i teppisti del black bloc si erano infiltrati fra i manifestanti. Mi ha consigliato di osservare il corteo un po’ da lontano e mi ha indicato una balconata che dà sui viali, sul lungomare. Là sotto sarebbe passato il corteo, e da là avrei poi in effetti osservato buona parte degli scontri. Nel frattempo mi sono messo in contatto con altri due colleghi giornalisti, venuti da Milano con un pullman sindacale, e mi sono unito a loro.
Quindi eravate tra giornalisti…
Tra giornalisti, tutti e tre nel giorno libero. Eravamo lì per i nostri personali interessi, non inviati dai nostri giornali, quindi non avevamo l’incombenza di scrivere. Siamo rimasti per un po’ dentro il corteo, senza aggregarci a un gruppo ma fermi in un punto del lungomare a poche centinaia di metri da piazzale Kennedy, dove si erano attestate le forze dell’ordine. Per cui ho visto bene la testa del corteo deviare dal lungomare per dirigersi verso una zona più interna, lungo il percorso scelto la mattina stessa per evitare incidenti. A un certo punto però una parte del corteo è andata avanti, in direzione della polizia. E così sono cominciati gli scontri, perché alcuni gruppi si sono avvicinati alla polizia ed è cominciata la bagarre, con vetrine distrutte, lanci di molotov da una parte, di lacrimogeni dall’altra. Io sono rimasto sempre piuttosto indietro rispetto agli scontri, che si vedevano comunque a distanza di 2-300 metri, e sono cresciuti via via d’intensità. A un certo punto si è vista una macchina bruciare, poi ha preso fuoco un palazzo. Intanto i lacrimogeni cominciavano ad arrivare anche dietro; la polizia ha cominciato a spingere, a mandare indietro il corteo. Noi siamo arretrati di conseguenza e siamo ritornati sulla balconata per vedere tutto dall’alto.
Ed è dall’alto che abbiamo visto quando s’è spezzato il corteo. La coda dei manifestanti era ancora lontanissima dal centro, a chilometri di distanza, ed è stata respinta indietro. A quel punto ci siamo allontanati perché c’erano i lacrimogeni, non era più una cosa sostenibile. Non sapendo bene che fare, siamo ripassati dal centro stampa, che però era chiuso; ci siamo così incamminati con l’idea di ricongiungerci alla testa del corteo, perché c’era un comizio finale in programma, oltretutto in una zona, dalle parti di Marassi, vicina al pullman che i miei due colleghi avrebbero dovuto prendere per tornare a casa. Durante questo spostamento siamo passati dal punto in cui era morto Giuliani, c’erano tutti i fiori in terra, una specie di presidio. Abbiamo potuto vedere anche le distruzioni in città. A livello della strada, nelle vie principali attraversate dai cortei, fuori dalla zona rossa o comunque libere dalla presenza della polizia, tutti i negozi e gli uffici erano devastati. Si erano salvati solo quelli che avevano protezioni di legno oppur ...[continua]

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