L’assassinio di Matoub Lounès ha dimostrato che tanto gli islamisti che il potere sono alleati nell’odio per tutto quello che è democratico, per tutti coloro che militano per la libertà. Se il Gia ha assassinato Matoub, il potere l’aveva censurato durante tutta la sua vita e dopo il suo omicidio ha osservato un silenzio ignobile.
La reazione dei giovani in Cabilia ha dimostrato che Matoub Lounès non era solamente un cantante, ma che milioni di giovani della Cabilia si riconoscevano in lui, nelle sue canzoni. L’omicidio di Matoub ha fatto vedere la frattura che esiste fra il potere e il movimento islamista in genere -sia l’islamismo armato che quello legale- e la società algerina dall’altra parte. Peraltro la reazione di questi giovani e del movimento culturale berbero ha dimostrato al potere e agli integralisti che c’è una forza reale nella società le cui aspirazioni sono rese molto bene dalla poesia e dalla canzone di Matoub Lounès e con la quale il potere è costretto a fare i conti e l’integralismo anche. Quindi la frattura è molto chiara, si vede, ed è anche accettata.
Quali conseguenze ha prodotto la legge sull’arabizzazione?
Prima di tutto bisogna ricordare che l’arabizzazione è una politica applicata in Algeria da molto tempo: prima con Ben Bella, ma poi, in modo sistematico e strategico, da Boumedienne, che cominciò a prendere di mira le scuole inferiori, quelle superiori, tutta una parte dell’università; sono arabizzate le scienze sociali, le scienze umane. Tutto questo si è fatto prima: la lingua araba classica è imposta agli algerini da molto tempo. Quella che chiamiamo la legge sulla generalizzazione della lingua araba, che ha lo scopo di generalizzare con la forza -perché la legge ha una ripercussione penale- l’uso della lingua araba, non è quindi l’inizio di qualcosa, ma è frutto della lotta fra clan del potere: il clan del potere fautore di un’ulteriore forzatura all’arabizzazione in realtà è quello che, alleato con Hamas e gli islamisti, vuole imporre a tutto il paese una direzione ideologica e politica ben precisa, vuole imporre all’Algeria una repubblica islamica alla sudanese o qualcosa di simile. Questa legge ha più un significato politico che linguistico.
Si possono fare esempi delle ripercussioni penali di questa legge?
La legge dice che a partire dal 5 luglio tutti i partiti sono costretti a fare i loro meeting in arabo, che i bollettini delle associazioni e dei partiti devono essere rigorosamente in arabo, che i manifesti devono essere in arabo, che la televisione deve trasmettere totalmente in arabo. Dice che le persone che non rispettano questa legge all’inizio pagano delle multe, dopodiché, se insistono, possono andare in prigione. E’ veramente una normalizzazione autoritaria e totalitaria, siamo veramente alla fascistizzazione: quello che non è arabo classico deve essere eliminato, siamo alla purificazione linguistica, ma che, ripeto, partecipa di un disegno politico generale.
C’è una resistenza contro questa arabizzazione forzata?
All’inizio degli anni 80 un grande scrittore algerino, Kateb Yacine, colui che ha creato la letteratura magrebina di espressione francese, disse: "Se si arabizza un paese le cose sono due: o l’Algeria è araba e allora non c’è bisogno di arabizzarla, o non è araba e perché arabizzarla?". Lo stesso fatto che la legge esiste, secondo l’espressione di Yacine, prova il carattere fondamentalmente totalitario di questo modo di procedere, volto alla purificazione, ma, nello stesso tempo, prova anche il fallimento dell’arabizzazione. Se l’arabizzazione avesse funzionato perché tutto questo bisogno di una legge?
Infatti c’è una fortissima resistenza, in particolare da parte del movimento culturale berbero che è molto organizzato e ha una base popolare reale: non c’è un villaggio in Cabilia in cui non ci sia un’associazione culturale berbera. E’ questo il pilastro della resistenza. Evidentemente ci sono tutti i partiti democratici, poi le donne democratiche, ma il pilastro della resistenza è il movimento culturale berbero. E questo è comprensibile perché, essendo un movimento radicato nelle regioni in cui si parla berbero, in particolare la Cabilia e Algeri, vive, oltre a tutte le esclusioni di cui soffrono gli algerini, un’esclusione particolare, e molto dolorosa.
Ma vorrei insistere su due aspetti. Il primo è che quando si dice "arabizzazione" non si pone solo il problema della cultura ...[continua]
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