Scrivo dal carcere di Trapani. Nel dicembre del 1996 avevo attuato un lungo sciopero della fame e della sete affinché venissi trasferito in un altro carcere per via delle condizioni di invivibilità attualmente esistenti in questo carcere. Ebbene, da quel giorno mi trovo con il divieto di incontro con il resto della popolazione detenuta. Ho chiesto al direttore e al magistrato di sorveglianza come mai questo trattamento nei miei riguardi se non ci sono dei motivi di giustizia. Ho ripetuto che io con lo sciopero della fame e della sete rivendico i diritti continuamente violati. Tuttavia quotidianamente si ripetono episodi di maltrattamento fisico e psicologico ai detenuti. Fanno di tutto per degradare le persone. Ho avuto dei rapporti disciplinari con l’isolamento alla sezione blu. Tuttavia recentemente sono stato poco bene, e ho chiesto alla guardia di essere visitato dal dottore. Mi ha risposto: "Chi cazzo sei, che devo chiamarti il medico?". Alla mia richiesta di non usare dei toni aggressivi e provocatori, offensivi, sono stato chiamato dall’ispettore capo che mi ha comunicato una denuncia a mio carico. E’ così che vanno le cose qui. Se hai sete c’è l’acqua inquinata. Al bagno devi fare i tuoi bisogni, e farti guardare. Devi poi spogliarti per essere perquisito, fare le flessioni... Se vuoi dare qualcosa da mangiare o altro al tuo compagno, ti dicono che non ha fame. Se vuoi cambiare i programmi alla televisione, dato che lo sgabello è troppo alto, ti dicono che non si possono cambiare. Quando ti fai la doccia, si allaga tutto. Gli scarichi sono sempre otturati o difettosi, e non ci sono attaccapanni per l’asciugamano. Alla sezione blu di isolamento non ci sono i rubinetti, né lo scarico dell’acqua. E quando si deve andare in cella per i propri bisogni, una volta entrato non puoi più andare all’aria. Neanche se si tratta di un detenuto con problemi psicologici...
Alberto Di Giorgi
Sollicciano, 23 dicembre 1997
Io sono detenuta da pochi mesi, per un definitivo 5 anni, 1 mese e 10 giorni, con partecipazione Art. 47 e mi trovo nel carcere di Sollicciano. Qui è disumano in quanto non c’è una sezione di Alta Sorveglianza, sicché vengo tenuta isolata tutto il giorno tranne un’ora d’aria. Non posso fare niente, neppure socialità con le altre compagne, in quanto loro sono detenute comuni, sicché immaginati il mio stato d’animo, e poi questa è la mia prima ed ultima carcerazione, perché ogni giorno che passa mi rendo conto che qui siamo niente, siamo persone che ci batte solo il cuore. Io mi auguro per me e per tutte le mamme, come sono io che ho lasciato a casa una bambina di 7 anni, che approvino la legge Simeoni e che io ci possa rientrare. Così potrò stare vicino a mia figlia. In questo momento chi soffre terribilmente è lei, la mia cucciolotta, ed ogni volta che viene a trovarmi, capisco quanto io possa mancarle. Tutto questo grazie a un collaboratore, oggi in protezione. E la cosa più buffa è che a me non hanno trovato niente, mentre a lui un chilo di cocaina. Ed io mi faccio la galera anche per lui. Ma io se non avessi mia figlia mi darei pace, perché un giorno questo incubo terminerà. Invece penso a lei piccola ed indifesa, da cui sono stata strappata. Quanto potrà restare un domani di questo trauma, perché è un’età brutta...
Questi giorni di festa sono più malinconici di altri, ma dobbiamo far conto che siano giorni normali, così i nostri animi non si invaderanno di tristezza e dobbiamo cercare di passarli nel migliore dei modi...
Lettera firmata
Parma, 17 dicembre 1997
Caro Ovidio, innanzitutto fammi fare questa piccola premessa, ti stavo giusto pensando perché era mia intenzione chiederti se era vera la notizia saputa tramite stampa e televisione della circolare che autorizza il "cappotto" in carcere (citavano voi e Pisa...). Perché all’arrivo in questo istituto non mi hanno fatto entrare tute e pantaloni perché mi sono rifiutato di togliere i bottoni di metallo e i lacci delle tute, guanti, sciarpa, sigarette, testi di studio, shampoo, filo interdentale ecc., ecc...
Neppure quand’ero all’Asinara sottoposto allo stato di tortura un trattamento del genere; avevo un piccolo cappotto che era riuscito a passare i peggiori carceri; non me l’hanno dato.
Qui c’è la neve e allora sto facendo lo sciopero dell’aria (con questo freddo come faccio ad andare? Ho addosso solo la roba dell’Amministrazione) e del carrello. Se è vero che esiste questa circolare e hai gli ...[continua]
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