Cari amici,
alla fine ci siamo affezionati al clima invernale. La neve e il gelo ci hanno stretti in un abbraccio siberiano e, come sempre quando arriva la neve, la nostra routine sembra rallentare o fermarsi. Tutto sommato è piacevole. Durante una di queste giornate sono state chiuse più di cinquemila scuole; i bambini, attraversati da una forte scarica di allegria, hanno preso d’assalto parchi e giardini con un esercito di pupazzi di neve dalla forma di massi. Il silenzio regna per le strade e la notte brilla di quel bagliore particolarmente fulgido che emana dalla neve. Le macchine avanzano a passo d’uomo e la gente scansa i marciapiedi scivolosi riprendendo possesso delle strade. Gli alberi mozzano il fiato, il cielo è un muro di nuvole. Quando splende il sole è il paradiso.
Ma quella stessa neve che fa rallentare la vita, trasformando il Regno Unito in una terra di fate, una riserva invernale, ha una serie di effetti che a un paese nordico o scandinavo devono sembrare bizzarri. Restano un mistero anche per noi. Dopotutto non siamo nuovi agli inverni nevosi; in passato il freddo arrivava a ghiacciare il Tamigi.
Durante il primissimo giorno di neve il traffico è andato in tilt. Le ruote delle auto slittavano sul ghiaccio con un odore di gomma bruciata. Per percorrere cinque chilometri ci volevano anche tre ore. Gli aeroporti annunciavano forti ritardi o erano chiusi, e così le stazioni dei treni. Gli autobus sbandavano bloccandosi e i passeggeri dovevano spingerli su per le salite. Ci sono state interruzioni di corrente. Nel negozietto dove faccio la spesa si sono verificati assalti per il pane e il tabacco, perché anche coloro che solitamente si riforniscono nei supermercati fuori città hanno rinunciato all’auto, scegliendo di fare acquisti in zona. Alcuni hanno stipato il frigorifero, presi dal panico di non avere più pane fino all’arrivo della primavera. Oltre ai disagi provocati alla circolazione e alle scuole, in molti non sono potuti andare al lavoro perché costretti a occuparsi dei figli o perché impossibilitati a superare le barriere di ghiaccio che asserragliavano le loro auto. La neve ha portato con sé sanzioni e la minaccia che la nostra economia sofferente potesse sprofondare in una terza fase recessiva.
Di questi tempi la gente è in bolletta e i negozianti sono reduci da un Natale povero, con vendite in diminuzione dello 0,3%. Il calo negli acquisti e nell’afflusso di acquirenti durante il lungo e austero mese di gennaio è stato aggravato dal clima rigido, e alcune attività sono in crisi o già pronte a chiudere. Tre grosse catene commerciali sono entrate in amministrazione controllata, mentre le attività più piccole stanno chiudendo in massa, causa i cali nelle vendite e la logica del profitto che spinge i proprietari di immobili ad alzare gli affitti. La gente non ha potuto raggiungere il posto di lavoro, e la cosa ha comportato un calo nella produzione. Il Centre of Economic and Business Research ha previsto una perdita per l’economia nazionale di 500 milioni di sterline al giorno; tutto questo in tempi tutt’altro che felici. Ci sono timori che nel trimestre prima di Natale la nostra economia abbia subìto un forte calo.
Ma con la neve non arrivano solo danni economici. Spesso nei mesi invernali cresce il tasso di mortalità fra gli anziani. Le proiezioni dell’agenzia di statistica Ons del 2010 -il peggior inverno da trent’anni a questa parte- non registravano aumenti rispetto all’anno precedente, quando si erano contati 25.700 decessi. Tuttavia in Scozia il tasso era salito del 17%, e si dice che le imprese funebri siano state costrette ad assumere personale extra. Quella della morte per freddo tra i pensionati è una tragedia evitabile. Il numero delle famiglie che vivono in condizioni di assoluta povertà è in aumento; quando le temperature precipitano, gli anziani non hanno il coraggio di alzare i riscaldamenti.
Quasi tutti i dati relativi al maggio dello scorso anno rivelano che un quarto della famiglie britanniche vivono in regime di povertà assoluta. Significa che, visti i rincari sulle bollette, non possono permettersi di riscaldare le abitazioni. Si trattava di dati precedenti alle impennate dei prezzi nei mesi estivi a opera delle grandi aziende energetiche; è dunque probabile che il numero dei cittadini che non riusciranno a scaldare le proprie abitazioni sia ben più elevato. Consumer Focus -un’associazione di consumatori- calcola che le famiglie che vivono al freddo sono almeno cinque milioni.
La neve mette in luce un ultimo aspetto della vita moderna, e cioè quello dell’epidemia di solitudine. Nel diciannovesimo secolo il chirurgo viennese Erwin Perzy inventò le palle di vetro con la neve. Questi piccoli globi d’inverno sono una buona metafora dei mondi in miniatura in cui vivono i nostri anziani nei mesi più freddi e, forse, del modo in cui ci rapportiamo all’arrivo della neve.
Ognuno di noi si sistema nella propria minuscola sfera innevata, riscaldato dalla fonte di calore che ha a disposizione. Lo stato ha lanciato un appello affinché la gente passi a controllare gli anziani. Tuttavia, con un po’ di organizzazione, potremmo fare di più. Il ghiaccio rende i marciapiedi impraticabili; se noi tutti ripulissimo le strade davanti casa, la situazione cambierebbe. Io sono la prima a non possedere una vanga: ho sparso sale e cenere, ma potrei fare di meglio. In passato, quando la neve non sembrava venire giù d’un tratto dal cielo limpido, eravamo più pronti ad affrontare il clima come una comunità unita. Resta il fatto che il singolo può fare la differenza. Servono persone decise a uscire dalla propria sfera di vetro e ad armarsi di buona volontà e di una pala. Penso sia meglio vada a procurarmene una anch’io.
©Belona Greenwood
(traduzione di Antonio Fedele)
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