Faccio parte alla vita come una vita di parte: quando si è ergastolani si perde il gusto di essere carne o pesce. La mia vita non ha sapore quando il sole si nasconde alla notte e poi l’alba arriva senza nessun risveglio. Morire ogni giorno non è vita, non è speranza, ma sopravvivenza, quindi quale esistenza posso avere se non posso ritornare alla società, alla comunità? Ho scontato più di 22 anni di carcere complessivamente ed è come essere inchiodati sotto un cielo di asfalto, la mia vita è critica ma stabile vivendo in un stabile di cemento.
Le leggi attuali non mi permettono di usufruire di nessun beneficio, come ad esempio un permesso premio, e ciò vuol dire che lo stato con le sue leggi mi vuole morto. Perché tale sono, un morto che cammina. Sapete qual è la differenza tra un morto e un ergastolano ostativo? Facile: al morto mettono i fiori, a me danno il cibo, ma il risultato non cambia se devo vivere per morire ogni istante della mia vita; eppure l’art. 27 della nostra costituzione esprime il recupero del soggetto non la perdita.
Dio perdona l’uomo ma l’uomo sa perdonare? Quante cose succedono nel nostro paese come violenze, maltrattamenti, uccisioni di figli innocenti. Io spero vivamente di farcela un giorno a ritornare alla vita familiare. Non ho molto da scrivere perché sono un ergastolano, ma non credo che perseverare sulla morte sia una sana verità per ristabilire l’equilibrio della vita perduta con dolore, con sofferenza. Ero un giovane quando ho iniziato a scontare dieci anni di 41 bis, girando carcere su carcere senza meta così come senza speranza. Tirando un filo logico di un gioco... se oggi sono migliore, se gli errori di gioventù sono spenti e lontani dall’uomo che sono adesso... vorrei poter iniziare a vivere per un futuro migliore, per mia figlia, per i miei nipotini, sereno in pace con me stesso, senza pregiudizi. Scontare la propria pena è giusto, sono stato riconosciuto colpevole dallo stato italiano, ma non si può scontare una pena senza misura: l’ergastolo ostativo è fuori misura umana, non è possibile una misurazione di questa portata... quale uomo potrà scontare l’ergastolo ostativo se già di per sé la condanna supera la vita stessa del condannato. Si deve mettere una misura umana, per permettere di affrontare la pena come essere vivente e non come un morente.
Giovanni Zito, nato il 02/12/1969 a Catania, è ergastolano ostativo ininterrottamente dal 1996.
Lettera ostativa. Di Giovanni Zito
lettere da...
Una Città n° 221 / 2015 aprile
Articolo di Giovanni Zito
Una pena senza misura
Lettera ostativa. Di Giovanni Zito
Archivio
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Una Città n° 225 / 2015 ottobre
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Realizzata da Stefano Ignone
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