Prima di entrare nel dibattito, vorrei rivolgermi direttamente al Primo ministro, David Cameron: anche se io e il mio amico, nonché leader dell’opposizione, l’onorevole Jeremy Corbyn, prenderemo due strade diverse stasera, sono orgoglioso di parlare dalla sua stessa postazione. Corbyn non è un simpatizzante dei terroristi. È un uomo onesto, perbene, rispettabile e di sani princìpi, perciò penso che il Primo ministro debba pentirsi di quanto ha detto ieri e di quanto non ha fatto oggi, ovvero dire semplicemente: "Chiedo scusa”.
Abbiamo avuto una discussione accesa e appassionata, come doveva essere, se si considerano la concreta e incombente minaccia perpetrata da Daesh (Isis), l’importanza della decisione che grava sulle spalle e sulla coscienza di ognuno di noi, e le vite che stasera abbiamo nelle nostre mani. Qualsiasi decisione prenderemo, mi auguro che tra noi prevalga sempre un reciproco rispetto. [...]
 
La domanda che ci dobbiamo porre riguardo a questo conflitto così complesso è in realtà molto semplice: cosa dovremmo fare insieme agli altri per affrontare questa minaccia nei confronti dei nostri cittadini, della nostra nazione, delle altri nazioni e di tutte le persone che soffrono sotto il giogo crudele di Daesh? La carneficina di Parigi ha portato alla luce il concreto pericolo che corriamo a causa di Daesh. Sarebbe potuta facilmente accadere a Londra, Glasgow, Leeds o Birmingham e può tuttora accadere. Perciò, ritengo che abbiamo il dovere morale e politico di estendere alla Siria le azioni che stiamo già intraprendendo in Iraq. Mi pare altrettanto evidente, e qui mi rivolgo ai miei colleghi, che le condizioni specificate nella risoluzione d’emergenza avallata nella conferenza del partito laburista a settembre si siano verificate. Adesso abbiamo una chiara e inequivocabile risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (la numero 2249) che nel paragrafo 5 invita specificatamente ­gli Stati membri ad adottare ogni misura necessaria per raddoppiare e coordinare ­­le azioni per prevenire e sopprimere gli atti terroristici commessi specificatamente dall’Isil (altra sigla per Isis) e per sradicare le roccaforti stabilite in gran parte della Siria e dell’Iraq.
Le Nazioni Unite ci chiedono di fare qualcosa; ci chiedono di fare qualcosa adesso; ci chiedono di agire in Siria e in Iraq.
 
[...] Vorrei aggiungere che è stato un governo laburista a contribuire alla fondazione delle Nazioni Unite al termine della Seconda guerra mondiale. Perché lo abbiamo fatto? Lo abbiamo fatto perché volevamo che gli Stati del mondo lavorassero insieme per affrontare qualsiasi minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, ovvero proprio quello che Daesh rappresenta. Dato che le Nazioni Unite hanno avallato tale risoluzione e che questa azione sarebbe a norma di legge per l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite (secondo cui ogni stato ha diritto a difendersi), perché non dovremmo sostenere la volontà stabilita dall’Onu, specialmente quando c’è un tale sostegno all’interno della regione, Iraq compreso? Facciamo parte di una coalizione di più di sessanta paesi che, fianco a fianco, si oppongono all’ideologia e alla brutalità di Daesh.
 
Tutti comprendiamo l’importanza di porre fine alla guerra civile siriana e attualmente riscontriamo dei progressi sul piano di pace grazie ai negoziati di Vienna. Questi negoziati sono la nostra speranza più concreta per raggiungere il "cessate il fuoco” che comporterebbe la fine dei bombardamenti da parte di Assad che, a sua volta, porterebbe a un governo di transizione e alle elezioni. Questo è di vitale importanza, sia perché aiuterebbe a sconfiggere Daesh, sia perché permetterebbe a milioni di siriani che sono stati costretti a fuggire di fare quello che qualsiasi rifugiato sogna: poter tornare a casa.
 
Nessuno, in questo dibattito, mette in dubbio la terribile minaccia di Daesh, anche se a volte ci resta difficile guardare in faccia la realtà. A giugno, quattro omosessuali sono stati buttati giù dal quinto piano di un palazzo nella città siriana di Deir el-Zor. Ad agosto, il direttore del sito archeologico di Palmira, l'ottantaduenne professor Khaled al-Assad, è stato decapitato e il suo corpo è stato successivamente appeso a un semaforo. Nelle scorse settimane, è stata scoperta una fossa comune a Sinjar dove sarebbero stati seppelliti i corpi di donne yazide uccise da Daesh perché considerate troppo anziane per essere vendute come schiave del ...[continua]

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