Dedichiamo la copertina agli ostaggi israeliani finalmente liberi dopo l’orrenda prigionia a cui sono stati costretti dagli islamisti di Hamas per l’unica colpa di essere ebrei israeliani. Qui a fianco dedichiamo la pagina al ritorno a casa, sia pure in macerie, dei palestinesi che hanno subìto una delle più spietate “guerre contro i civili” cui il mondo ha assistito dopo la Seconda guerra mondiale. Malgrado ciò ritornano, dimostrando di essere un popolo legato alla terra in cui vive da sempre e in cui vuol restare a ogni costo. In questo si può dire che loro, e non certo Hamas, hanno vinto una battaglia. La “questione palestinese” è di nuovo all’ordine del giorno del mondo. Ora però devono liberarsi di Hamas che con l’eccidio del 7 ottobre, eseguito per di più con un’estrema ferocia, forse premeditata, non solo ha macchiato di vergogna la storia dei palestinesi, ma ha ottenuto che la risposta israeliana fosse tremenda. Era questo che si riprometteva Hamas? “Dovrà scorrere molto sangue palestinese”, ha detto un suo dirigente; lo scopo, probabilmente, far saltare il cosiddetto patto di Abramo. Speriamo che il loro cinico calcolo si riveli sbagliato, che i palestinesi li riconoscano finalmente come nemici della loro causa e che, per questa, scelgano finalmente un’altra strada, quella nonviolenta, l’unica con possibilità di essere vincente. 
Riguardo agli obiettivi del governo di Israele: possiamo pensare che quello che è stato fatto servisse ad annientare Hamas, a liberare gli ostaggi e vendicare, così, il 7 ottobre? Ma se il nemico era Hamas, perché affidargli, in tutti questi anni, la gestione della sopravvivenza dei palestinesi di Gaza? L’unica risposta ragionevole è che l’esistenza di Hamas, un’organizzazione che sancisce, nel suo statuto, il dovere di distruggere Israele, giustificava il rifiuto di ogni ipotesi di uno stato palestinese. Ma anche venendo a quello che è successo ora: perché sguarnire il confine con Gaza? E veramente si può pensare che sotto ogni ospedale i combattenti di Hamas stessero lì ad aspettare il bombardamento? Che i duecento e più giornalisti uccisi fossero tutti simpatizzanti di Hamas? E perché allora non far entrare quelli internazionali a comprovarlo? E perché bombardare i negoziatori dopo aver accettato il negoziato? E più in generale: cosa c’entra con Hamas la colonizzazione forzata e inesorabile della Cisgiordania da parte di coloni che in fatto di fanatismo non hanno nulla da invidiare agli islamisti di Hamas? 
Nell’ultimo numero abbiamo pubblicato la foto di un anziano palestinese accanto alla sua capra uccisa. Ecco, questo è un crimine contro l’umanità, quindi della categoria dei più gravi. Più grave della distruzione di un edificio con dentro soldati di Hamas, ma anche civili innocenti, che può essere solo un crimine di guerra. Più grave perché tradisce la volontà di rendere, a quel vecchio, impossibile la vita; poi gli verranno sradicati gli ulivi, gli verranno bastonati i nipoti quando vanno a scuola e infine verrà pure ucciso se solo oserà protestare e opporsi (i coloni quando attaccano hanno sempre appresso i soldati). Insomma, c’è una sola spiegazione a quello che il governo israeliano ha fatto in questi due anni dopo il 7 ottobre: sfruttare l’occasione per iniziare a cacciare i palestinesi, per costringerli ad andare via, per realizzare un giorno il sogno della “grande Israele”, dal fiume al mare. L’uso del terrore, con l’uccisione di donne, bambini e anziani, la demolizione delle case, la privazione di cibo e acqua, le deportazioni e l’apertura di vie d’uscita che portino lontano, da sempre è la modalità di ogni pulizia etnica o genocidio che dir si voglia.
In questi giorni abbiamo visto, e ascoltato, i sostenitori “senza se e senza ma” di Israele arrampicarsi sugli specchi, pur di non ammettere che Israele si era dovuto fermare. Beh, sembrava di sentire i giornalisti e i portavoce russi quando parlano dell’Ucraina e dell’“operazione speciale”. Ma perché non ammettono di pensare che ormai l’unica soluzione del problema, a loro avviso, è l’esodo e la deportazione dei palestinesi, casomai in luoghi lontani ricchi di spazio? 
Comunque è certo che quella fila infinita di palestinesi che ritornano a casa, se non una sconfitta, è certamente una battuta d’arresto per la destra israeliana. E non è stato certo Trump a volerla, visto che era stato lui, senza scherzare affatto, a vagheggiare la deportazione da Gaza: piuttosto è stata la reazione dell’opinione pubblica mondiale. è la prima volta che vediamo un tentativo di genocidio in tv ed è insopportabile per i più. E ricordiamoci sempre che l’opinione pubblica è molto importante, soprattutto per i dittatori e ancor più per quelli “democratici”.
Detto questo resta una domanda: cosa potevano fare gli israeliani di diverso dopo il 7 ottobre? Intanto bisogna sapere qual era l’obiettivo: Hamas e tutti i nemici giurati o il popolo palestinese? Se era il primo si poteva continuare in quello che hanno fatto all’inizio: colpire sistematicamente tutti i capi di Hamas e sbaragliare gli Hezbollah dopo avergli messo contro il loro paese; poi fare lo stesso con gli altri sostenitori, come l’Iran e come, soprattutto, il Qatar. Andavano costretti loro, innanzitutto, a fare terra bruciata attorno a Hamas. Quindi, certo, attaccare Gaza, ma nel modo più chirurgico, cercando di salvaguardare il più possibile i civili palestinesi, al punto di garantire loro tutti gli aiuti umanitari necessari. Un domani, e qui sta il punto fondamentale, potranno essere loro la migliore garanzia della sicurezza di Israele. 

“Veniamo a noi”: a Firenze abbiamo visto che nello striscione che apriva il corteo per Gaza era dipinto il viso coperto di un combattente di Hamas. è probabile che la maggior parte dei manifestanti non se ne sia neppure accorta e vogliamo credere che avrebbe reagito malamente ricordando il 7 ottobre, ma il pericolo resta, soprattutto fra i giovani di estrema sinistra: Israele è il male, è puro colonialismo, gli ebrei sono la lunga mano dell’imperialismo americano. Certo: si va nell’antisemitismo, ma che ha radice nella tradizione di un antiamericanismo viscerale, per cui ogni dittatura, ogni fascismo, verde, rosso o nero che sia, va bene purché sia antiamericano. L’indifferenza di questi giovani di sinistra verso la sorte dell’Ucraina ne è la prova. Ma c’è di più: si sta diffondendo un’ideologia per cui atti gravissimi, peccati mortali, se commessi da poveri, da oppressi, diventano veniali. Al nostro 900fest scorso, dove si parlava di genere, una giovane sindacalista si è alzata e ha sentenziato: “Chiariamo: se uno schiavo violenta la padrona non è come se il padrone violenta una schiava”. Sgomento in una sala di gente per lo più attempata. 
In questo modo di pensare c’è pure un fondo di razzismo e classismo. Così abituati al nostro agio e ai nostri diritti, non possiamo pensare che i disagiati possano permettersi un codice morale con doveri da rispettare. Beh, vadano a studiare la storia del movimento operaio, si vadano a leggere gli statuti delle cooperative di chi aveva passato metà della vita a fare il bracciante sotto padrone. Resteranno colpiti.

Da ultimo: abbiamo accompagnato uno storico, ovviamente antifascista, a visitare la tomba di Mussolini a Predappio. Un posto, ora che è ristrutturato, ancora più sinistro di prima, una specie di sacrario. Ti accolgono dei volontari molto cortesi, ma chiaramente orgogliosi di essere lì. Il nostro ospite s’è messo a parlare con una volontaria che, alla domanda su cosa pensasse della Meloni, ha risposto con un tono quasi di disprezzo: “Ma col fascismo non ha più niente a che fare”. Bene: lo pensiamo anche noi. In ultima ricordiamo che, come biblioteca Gino Bianco, abbiamo messo in rete l’intera collezione della “Difesa della razza”. Eravamo incerti, ma autorevoli amici ebrei ci hanno incoraggiato e studenti venuti ad aiutarci, in alternanza scuola-lavoro, pure. Pubblichiamo la foto del frontespizio di uno dei primi numeri. 
Ci rivolgiamo alla presidente Meloni: ora che si riparla di antisemitismo e che lei, e non a torto a volte, lo rileva e lo denuncia, vada a vedere chi era il segretario di redazione dell’ignobile “Difesa”. Ci dia retta: tolga la fiamma dal simbolo dei Fratelli d’Italia.