Per la prima volta dalla caduta dello Scià e dalla nascita della Repubblica iraniana avvenuta più di trentacinque anni fa, gli Stati Uniti e l’Iran sono tornati a parlarsi con toni civili, lasciando da parte ogni retorica bellicosa. Il risultato è stato l’accordo del 2015 sul futuro dell’energia nucleare in Iran nato da un compromesso e dai tentativi di dissipare i sospetti sul fronte interno in entrambi i paesi.
Il contesto storico che ha portato alla sua sottoscrizione è di cruciale importanza. Il clima di forte sfiducia reciproca è legato al ruolo di primo piano svolto dagli Stati Uniti nel rovesciamento del regime democratico di Mohammed Mosaddegh nel 1953 (essenzialmente perché voleva nazionalizzare le loro aziende petrolifere) e nell’instaurazione del regime dello Scià Mohammed Reza Pahlavi, odiato dalla popolazione locale perché considerato una marionetta nelle mani degli americani, oltre che un despota decadente. I rapporti tra America e Iran hanno poi toccato il fondo quando nel 1979 il monarca è stato rovesciato dalla prima rivoluzione islamica condotta dall’Ayatollah Khomeini.
All’epoca lo Scià e la sua famiglia si rifugiarono negli Stati Uniti, più per ragioni simboliche che pratiche. Intanto l’Ambasciata americana era occupata tra chi cantava "Morte all’America” e da chi chiedeva l’annientamento di Israele. Furono presi ostaggi, ogni tentativo di liberarli fallì e gli Stati Uniti furono umiliati davanti al resto del mondo, mentre Ronald Reagan sostituiva Jimmy Carter come presidente.
Man mano che la nuova repubblica teocratica prendeva forma, i rapporti tra Iran e Stati Uniti si deterioravano ulteriormente. Il sostegno americano a favore dell’invasione dell’Iran da parte dell’Iraq di Saddam Hussein non fece che rafforzare i sentimenti di odio e sfiducia nazionali. Quest’incauto tentativo di geopolitica identificò gli Stati Uniti con un aggressore violento, in una guerra durata otto anni, dal 1980 al 1988, che costò la vita di quasi un milione di soldati e civili.
Peggio: i confini rimasero sostanzialmente invariati e ciò generò frustrazione e voci incessanti di una cospirazione occidentale.
Il sostegno all’Iraq, dove il governo sunnita di Saddam stava reprimendo la maggioranza sciita, l’ostilità nei confronti di Siria e Iran, e gli stretti rapporti con l’Arabia Saudita, fecero sembrare che gli Stati Uniti si fossero alleati geopoliticamente con i sunniti e contro gli sciiti in un conflitto con forti implicazioni regionali.
A conferma di questo sospetto, gli Stati Uniti e gli alleati europei introdussero delle sanzioni che isolarono l’Iran dall’Occidente, soffocando la borghesia locale e portandolo ad adottare una strategia basata sul nucleare. Ciò accrebbe il potere della Moschea e dei Guardiani della Rivoluzione (i pilastri della reazione). In tutto il paese ci furono manifestazioni contro l’America e contro Israele. La colpa delle miserie economiche in Iran ricadde su Stati Uniti e Israele, che a loro volta etichettarono l’Iran come "stato canaglia” e membro di quello che George W. Bush chiamava "l’asse del male”. La negazione dell’olocausto insieme alla retorica estremista da parte iraniana non fecero che rafforzare la sfiducia reciproca.
Ironia della sorte, le invasioni americane dell’Afghanistan e dell’Iraq non fecero che peggiorare la situazione. L’Iran ebbe ben poca compassione per la situazione del suo ex nemico, ma bombardare l’Iraq, lasciando l’Iran come potenza islamica dominante, aveva poco senso dal punto di vista strategico. L’Iran a quel punto sembrava l’unica nazione capace di opporsi agli Stati Uniti (e a Israele), e si sentiva circondata. Le truppe americane erano in Afghanistan e Iraq; la tecnologia nucleare statunitense era stata installata in India e Pakistan. Pacchetti militari americani erano stati dati non solo a Israele (il cui arsenale nucleare contiene tra 300 e 400 armi), ma anche ad Arabia Saudita, Egitto e Giordania.
L’Iran era isolato economicamente e circondato militarmente, frustrato nelle sue ambizioni imperialiste e ferocemente antisemita. L’unica nazione ad aver impiegato la bomba atomica, contro Hiroshima e Nagasaki, gli negava il diritto di sviluppare il proprio programma nucleare.
Dati questi precedenti e considerata la mancanza di appoggio da parte dei senatori repubblicani e il malcontento di molti democratici, è incredibile che Barack Obama sia stato in grado di fare dei passi avanti sull’ac ...[continua]

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