Cari amici,
sono spuntati i gladioli. Le more, gonfie e mature, si ingrossano sotto il sole e la pioggia. Le rondini nutrono i loro piccoli. L’anno scolastico prosegue passo dopo passo verso le vacanze estive; sembra tutto perfettamente normale. Eppure, dietro la trama della luce estiva, di normale non c’è niente. Le elezioni sono passate da poco, e così l’ondata di speranza e vera gioia che, almeno per un po’, avevano portato con sé. L’onda più alta è arrivata al festival di Glastonbury, quando il leader laburista Jeremy Corbyn si è presentato davanti a 100.000 persone che cantavano l’inno "Oh Jeremy Corbyn”. Glastonbury, leggendaria città natale di re Artù e di quel sogno di un mondo di cavalleria e coraggio, ha trovato un nuovo campione: esile, canuto, più Merlino che cavaliere su un bianco destriero, ma incarnazione dello stesso desiderio di credere in qualcuno capace di donarci un mondo migliore.
Il festival di Glastonbury, luogo di speranza, è nato nel 1970, un giorno dopo la morte di Jimi Hendrix, quando vi si riunì una modesta folla di 1500 persone. La voce si sparse in poco tempo e il festival crebbe fino a ospitare i 12.000 giovani pieni di speranza che nel 1971 vennero ad ascoltare David Bowie e le canzoni di protesta di Joan Baez. Era ancora gratis, era il Woodstock inglese. Quello del 1981 fu il festival della Cnd, la campagna per il disarmo nucleare. C’erano 18.000 persone. Michael Eavis, proprietario dei terreni della Worthy Farm e fondatore del festival, donò alla Cnd 8.000 sterline. I tentativi di negargli i permessi fallirono; così, nel 1987, Eavis ospitò nella sua stalla, che era stata trasformata nel Pyramid Stage, Elvis Costello. I numeri crescevano. Nel 1998 arrivarono i Blur, e la determinazione della gente riunita a ballare nei fiumi di fango diede vita a una nuova leggenda, fatta di stivali di gomma e del buon vecchio spirito di Dunkerque. Il punto è che in tutti questi anni Glastonbury è sempre stato un luogo di speranza. E lo è ancora 45 anni dopo: con il glamping (il campeggio elegante) che va per la maggiore, con Kanye West e i Foo Fighters, con folle oceaniche e con il tutto esaurito in una manciata di ore. E viene ancora invitata gente come il Dalai Lama.
Fuori e dentro le canzoni è diffuso il messaggio che bisogna celebrare la voglia e il bisogno di un mondo migliore, come anche gli sforzi per ottenerlo, e che la speranza è dalla nostra parte e dentro di noi.
Ecco come ci si sentiva dopo le elezioni. La gente era onestamente risollevata. I toni del paese erano cambiati per il meglio: era giusto credere nel progresso... ma dopo appena un mese ci ritroviamo come ballerini di line dance che battono meccanicamente i tacchi e le punte. Abbiamo ancora quella sgradevole Brexit priva di senso. Corbyn -avete capito bene- sta appoggiando la Brexit "dura”. Speravamo davvero che andasse diversamente, ma chi sta al governo sembra non avere alcuna idea del valore della democrazia e della libera stampa.
L’orrore della Grenfell Tower denuncia la mancanza di qualcuno che controlli il potere: la stampa e i media regionali dovrebbero giudicare le amministrazioni locali, così come dovrebbero fare tutti i media. Un tempo i giornali locali conoscevano le loro comunità, erano un canale attraverso cui i giornalisti potevano portare una prospettiva diversa all’attenzione dei media di più ampio respiro. Non soltanto: i giornali locali si facevano paladini delle cause locali. Tutto sparito. I piccoli giornali hanno perso contro Internet, hanno perso perché le pubblicità si sono spostate altrove, verso le riviste sugli stili di vita, che pesano quintali e hanno contenuti spessi come fogli di carta; riviste che non si presenterebbero in una camera di consiglio per nessun motivo al mondo. È anche colpa di una mentalità diffusa secondo cui le cose locali sono poco interessanti, e il numero dei lettori è comunque basso. Non sono affari nostri. E a chi importa se il giornalismo scrive "la prima bozza della storia”? A chi importa se i numeri non contano ma la verità sì.
Io e Andrea Leadsom, deputata Tory,  Lord President del Consiglio e leader della Camera dei comuni, abbiamo frequentato la stessa Grammar school nel Kent, nonostante lei fosse un paio d’anni più giovane e io una socialista scapestrata con la passione per le motociclette. A parte marinare la scuola per correre nei campi di grano e ascoltare Bob Dylan al jukebox, appresi cos’è la democrazia e sviluppai una forte senso di giustizia sociale. Non ho idea di cosa stesse a cuore a quella giovane di belle speranze, ma certamente non l’importanza della stampa libera per una nazione democratica. La donna a capo della "madre di tutti i parlamenti”, intervistata dall’emittente Bbc nel corso della trasmissione Newsnight, ha invitato i giornalisti a essere "patriottici” invece di criticare i negoziati della Brexit.
Per un paio di fragili settimane siamo rimasti speranzosi, ma anche questa è passata come passano tutti i periodi fugaci. Ci è rimasta la realtà, con i Tory al governo al posto di Corbyn, il quale ha comunque deluso molti fra noi rimanendo sul bordo del precipizio verso una Brexit dura e autodistruttiva. Abbiamo votato la speranza ma ancora non l’abbiamo ottenuta.
Invece abbiamo un rapporto della fondazione filantropica Joseph Rowntree Trust: "Povertà nel Regno Unito: Cause, Costi e Soluzioni”. Non fa sconti a nessuno. "Il livello di povertà nel Regno Unito è vergognoso. Questo dovrebbe essere un posto in cui chiunque può godere di un tenore di vita saldo e decente. Al contrario, milioni di persone -molte provenienti da famiglie di lavoratori- riescono a stento a far fronte alle loro esigenze.” Il rapporto continua con un attacco al vecchio adagio (punitivo) secondo cui la ricchezza è virtù, mentre la povertà è la conseguenza di una disonorevole mancanza di fibra morale; è uno spreco di vita e di aspirazioni e fa male all’economia.
Ma non mi dire. Una mia amica con un contratto a zero ore è stata assunta per una paga da fame da un’agenzia il cui maggior cliente è un giornale regionale. Aveva lavorato per 15 ore consecutive facendo promozione a una fiera di campagna, quando uno dei suoi supervisori si è avvicinato a lei e, chinandosi, le ha detto: "Sei mia”. Che dolce.
Non posso fare a meno di canticchiare Bob Dylan, che a Glastonbury ha suonato nel 1998.
Now you don’t seem so proud/About having to be scrounging your next meal… / How does it feel, how does it feel?/ To be without a home
Like a complete unknown, like a rolling stone.
[Non sei più così altezzosa/ Ora che il prossimo pasto devi scroccarlo.../ Come ci si sente, come ci si sente? / A non avere una casa/ Come una sconosciuta qualsiasi, come una vagabonda.]
(traduzione a cura di Antonio Fedele)