Danilo Dolci, sociologo, attivista, educatore, nasce a Sesana, allora in provincia di Trieste, nel 1924. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni a Nomadelfia, si trasferisce a Trappeto, tra Palermo e Trapani, una terra segnata dall’estrema povertà, dove promuove lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti e il lavoro.
Il primo dei suoi numerosi digiuni, il 14 ottobre di quell’anno, è sul letto di un bambino morto per la denutrizione, e viene interrotto solo quando le autorità si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, fra cui la costruzione di una fogna.
Nel 1953-54 volontari costruiscono prima una casa, poi un asilo per i bambini più bisognosi. È l’inizio del centro di formazione "Borgo di Dio”.
Il 2 febbraio 1956 ha luogo, a Partinico, lo "sciopero alla rovescia”, con centinaia di disoccupati -subito fermati dalla polizia- impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata.
Dolci, con alcuni collaboratori, viene arrestato. Verrà scagionato solo dopo un processo in cui a difenderlo è Piero Calamandrei.
Con i soldi del Premio Lenin per la Pace, accettato pur dichiarando di «non essere comunista», costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione” (1958), che richiama in Sicilia centinaia di volontari.
Le sue denunce, gravi e circostanziate, del fenomeno mafioso e dei rapporti tra quello e il sistema politico siciliano e nazionale, gli costano un lungo processo, ma assieme agli ostacoli e le denigrazioni crescono anche gli attestati di stima e di solidarietà.
Convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dalla partecipazione diretta degli interessati e non pretendendo di insegnare verità o metodi preconfezionati, Dolci vuole valorizzare la cultura e le competenze locali di ciascuna collettività e persona. Per questo collega la sua modalità di lavoro alla maieutica socratica: nelle riunioni di quegli anni, ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ad ascoltarsi, a scegliere e a pianificare. È così, assieme a contadini e pescatori, che nel 1962 prende corpo l’idea di costruire la diga sul fiume Jato, che realizzata costituirà un importante volano per lo sviluppo economico e sociale di quella zona della Sicilia occidentale, togliendo alla mafia l’arma del controllo delle modeste risorse idriche disponibili.
Negli anni Settanta, l’impegno educativo assume un ruolo centrale, di pari passo con l’approfondimento e la sperimentazione della struttura maieutica reciproca. Con la collaborazione di educatori, scienziati e artisti internazionali si avvia l’esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini e negli anni 80 il Centro per la piena occupazione diventa "Centro per lo sviluppo creativo” concentrandosi sulla sperimentazione educativa e comunicativa. Negli anni Dolci continua a girare l’Italia per animare laboratori maieutici basati sulla nonviolenza e sul "reciproco adattamento creativo”, in scuole, associazioni, centri culturali, rivolgendosi "all’educatore che è in ognuno al mondo”. Danilo Dolci si spegne a Trappeto il 30 dicembre del 1997.
Ricordiamo Danilo Dolci, sociologo, educatore, attivista.
in memoria
Una Città n° 214 / 2014 giugno-luglio-agosto
Articolo di Giovanni Pasini
Danilo Dolci
Ricordiamo Danilo Dolci, sociologo, educatore, attivista.
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