In che condizioni vive oggi la popolazione birmana?
Veramente insopportabili: non c’è lavoro, inoltre le misure di boicottaggio economico decretate dall’Unione Europea, come al solito, toccano soprattutto la popolazione. L’inflazione è galoppante, siamo ormai a livelli del 40%, anche se ufficialmente si parla dell’8% (che già è molto alta). Tra l’altro, in paesi di questo tipo, l’inflazione viene misurata in base al prezzo del denaro al mercato nero. Ora, al tasso ufficiale, il prezzo è lo stesso dell’88, cioè un dollaro equivale a un kyat e mezzo, ma al mercato nero, viene cambiato per 1.200 kyat. Quindi oggi, se un birmano vuole mettere da parte qualche soldo e comprare dollari, deve sperare in un miracolo perché il salario medio di un funzionario è di 3000 kyat al mese, cioè circa tre dollari al mercato nero.
Le rivolte infatti sono scoppiate proprio per l’esasperazione, per l’aumento del prezzo dei carburanti e quindi dei trasporti, e di conseguenza di tutto il resto.
Questo aumento non ha tuttavia toccato le regioni popolate dalle minoranze. La Birmania centrale infatti era alimentata dal petrolio che il governo birmano comprava in Malesia senza poi tassarlo. Viceversa nelle regioni di frontiera il petrolio era importato dalla Cina e dalla Thailandia, ad un prezzo superiore di quello proveniente dalla Malesia, e su questo erano applicate delle tasse. Per dire, gli abitanti dello stato Shan o Kachin da decenni pagano la loro benzina tre volte più cara di quanto la pagano gli abitanti di Rangoon. In questo senso, non sono stati toccati da queste misure, perché già pagavano il petrolio molto caro. Lo pagavano addirittura più caro del prezzo a cui si è arrivati coi rincari oggi.
Comunque il gas era aumentato del 500%, la benzina raddoppiata, il gasolio idem.
Il movimento è stato guidato dai vecchi studenti contestatari del 1988, la cosiddetta “generazione dell’88”, che hanno capito molto in fretta che di fronte al potere militare (l’esercito dell’88 contava 150.000 uomini, oggi ne conta 400.000) non si sarebbero potuti opporre con la forza e che l’unica via possibile era il pacifismo e il dialogo. La polizia ha subito identificato quelli che guidavano questo movimento, e ne hanno decapitato la leadership.
In seguito il movimento si è trasferito nei monasteri. All’inizio le proteste sono state contro le violenze subite da altri bonzi, poi hanno aggiunto alle loro rivendicazioni le proteste della gente, chiedendo però che la popolazione non partecipasse.
I primi giorni, certamente grazie alla pressione del “grande vicino cinese”, i dirigenti birmani hanno contenuto la repressione (nonostante dal 1988 i raggruppamenti di più di cinque persone siano vietati). Non ci sono state reazioni né da parte dell’esercito, né da parte della polizia di fronte a queste manifestazioni di strada dei monaci. C’era solo polizia in borghese venuta a individuare chi di fatto dirigeva e aveva fatto partire il movimento. Insomma, si sono presi il tempo di identificare i leader, sia nei monasteri dei bonzi, sia nelle manifestazioni. Dopo una decina di giorni, però, nelle grandi città, a Rangoon per esempio, è iniziato un appello anche alla popolazione e in breve più di 10.000 persone si sono unite al corteo dei bonzi, e il giorno dopo ce n’erano 20.000, il giorno dopo 40.000.
A quel punto anche la giunta si è mobilitata. Appena abbiamo avuto notizia che erano state richiamate tre divisioni sapevamo che questo significava una sola cosa (era già successo nell’88): repressione. La repressione è iniziata il mercoledì, quando sono stati sparati i primi colpi di arma da fuoco. Noi sapevamo bene qual era lo schema prevedibile, sapevamo che sarebbe durato otto giorni.
C’è stata anche l’apparizione di Aung San Suu Kyi …
In effetti ne siamo stati sorpresi anche noi. Era difficile capire quale fosse ancora il suo peso e il suo seguito, dal momento che da quattro anni vive segregata nella sua abitazione. Invece quando la manifestazione dei 200 bonzi (non 2000, pare che l’opposizione abbia un po’ manipolato le immagini) ha sfilato lungo la via dell’università, il responsabile militare della zona non è intervenuto. Non aveva ricevuto ordini precisi. Queste persone, se non ricevono ordini precisi, non sono in grado di prendere iniziative, non sanno cosa fare, e così i manifestanti, contro ogni previsione, hanno potuto passa ...[continua]
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