Che cosa significa fare il sindaco in un paese di gelatieri?
Per quanto riguarda il fenomeno dell’emigrazione gelatiera, Zoppè è il comune che ha la percentuale più alta rispetto alla popolazione, parliamo di oltre il 60%; mentre in rapporto alla popolazione attiva possiamo parlare di oltre il 90%. Io stesso sono figlio di gelatieri. Un’altra particolarità di Zoppè è che il 98% dell’economia ruota attorno a questa emigrazione. Se consideriamo i paesi vicini, questi sono nell’ordine del 30-40% e hanno sviluppato altri settori, come il turismo invernale. Insomma, il nostro è un caso particolare anche rispetto al territorio circostante; se vogliamo proprio dirlo, dal punto di vista economico è stata una fortuna perché questo paese, fino alla seconda guerra mondiale, viveva con la piccola agricoltura che ci poteva essere a 1.500 metri. Abbiamo vissuto sempre di esportazione di prodotti locali: i nostri uomini andavano verso Milano a vendere le mele, i biscotti, dolci, caramelle. C’è sempre stata la necessità di andare a guadagnarsi da vivere al di fuori del paese. Per quanto riguarda Zoppè, però, devo dire con rammarico, dal mio punto di vista, che non c’è stato un grosso investimento dei gelatieri direttamente nel comune: negli anni Sessanta, quando il ritorno economico era maggiore, non si è saputo creare un’alternativa in loco. A differenza di altri paesi, qui si sono recuperati alcuni edifici, qualcuno si è fatto la casa nuova. Non essendoci il bisogno economico, si è riusciti a mantenere il territorio intatto da speculazioni, perché nessuno aveva la necessità di vendere la casa dei nonni o i terreni, com’è successo in altre zone.
L’impatto sul piano urbanistico è stato quindi positivo?
Sul piano del territorio più che su quello urbanistico, perché non abbiamo avuto speculazioni di sorta. D’altro lato, tutto ciò non ha creato alternative per i giovani, perché gran parte di essi continuano a seguire il lavoro dei genitori. Noi abbiamo una percentuale di ragazzi che studiano, che hanno il diploma universitario, però sono pochi quelli che mettono in pratica ciò per cui hanno studiato, perché vuol dire andare fuori del paese.
Questo ritorno di investimenti non ha provocato una distesa di villette o di seconde case?
Direi di no, a Zoldo alto c’è stato un investimento in stabilimenti turistici. La gente di Zoppè ha investito nel comprare appartamenti a Jesolo, Padova o Belluno, forse non credevano in un vero sviluppo del paese, forse dal punto di vista turistico si poteva fare di più. Lei mi dice delle seconde case; in verità sono state fatte delle case nuove, ma per le famiglie: se lo vediamo dal punto di vista del Ministero degli Interni, queste sarebbero seconde case dei gelatieri che vivono in Germania e che vengono qua a passare quattro-cinque mesi d’inverno; per loro, però, questa è la prima casa, anche se magari non è quella che utilizzano di più.
Perché l’Aire (Anagrafe Italiani Residenti Estero) costituisce un problema per voi sindaci?
Perché se dovessimo, come ufficiali di anagrafe, iscrivere tutti i gelatieri all’Aire, ci troveremmo ad amministrare paesi con zero abitanti. Noi abbiamo circa il 60% della popolazione che emigra all’estero per fare questo lavoro, se dovessimo iscriverli tutti all’Aire ci troveremmo un paese con poco più di centoventi abitanti. Finora sono stati iscritti all’Aire quelli che sono sempre all’estero: ci sono alcuni casi, per esempio noi ne abbiamo una decina, di persone che non si sentono più facenti parte della comunità, che hanno i figli a scuola all’estero. In generale, i gelatieri oltre a tornare per quattro mesi all’anno, hanno ancora dei legami con Zoppè, hanno i figli che vengono a scuola qua, qui vivono i loro genitori.
Per l’amministrazione comunale la massiccia iscrizione all’Aire significherebbe ricevere minori contributi statali?
Sì, c’è questo problema, anche se non è il più grande, perché sappiamo che i trasferimenti dallo stato centrale saranno sempre meno legati al numero dei residenti. Diciamo che, attualmente, se il mio comune dovesse iscrivere duecento abitanti all’Aire non avrebbe più un bilancio per rimanere in piedi.
Parte delle famiglie di gelatieri, che rimangono qui tutto l’anno e hanno bisogno di servizi, servono anche una serie di servizi sul territorio che sono comunque legati al numero di abitanti. Per esempio, quando l’Usl programma l’apertura di un ambulatorio, chiede quanti son ...[continua]
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