Gli omosessuali in Italia non sembrano particolarmente, e ufficialmente, discriminati. Il tuo libro però registra una realtà diversa, più complessa…
In effetti, ad un’analisi più approfondita si scopre che, di fatto, una discriminazione c’è, anche dal punto di vista giuridico.
L’occasione contingente per scrivere questo libro nasce dalla collaborazione con Babilonia, l’unica rivista culturale gay esistente in Italia, sulla quale ho tenuto per diversi anni una rubrica per rispondere a quesiti di carattere giuridico. Di qui venne l’idea di raccogliere i dubbi che mi venivano posti e di produrre un manuale vero e proprio, che desse indicazioni utili nelle situazioni che possono capitare nella vita di un omosessuale. La parte più consistente si occupa dei diritti civili, ossia del momento in cui l’omosessuale entra in relazione con qualcun altro, sia questi il partner, il datore di lavoro o qualcun altro. La seconda parte concerne la situazione dell’omosessuale di fronte alla legge penale, ossia i reati che può commettere; si toccano anche questioni amministrative, come il servizio militare, il cambiamento di sesso, la convivenza anagrafica, eccetera.
La società in cui viviamo non è più omofoba, alcuni riconoscimenti ci sono stati, anche se certamente continua a discriminare, di fatto, gli omosessuali a livello comportamentale, prima ancora che giuridico. Tuttavia, contrariamente a quanto credevamo fino a non molto tempo fa, ossia che non vi fosse nessuna norma nel nostro ordinamento italiano che discriminasse gli omosessuali, ci siamo resi conto che una grande discriminazione c’è: quella del mancato riconoscimento delle unioni fra persone dello stesso sesso.
Nella misura in cui le uniche unioni disciplinate e riconosciute dal diritto sono quelle che passano dal matrimonio, e il matrimonio è considerato appannaggio solo delle persone di sesso diverso, evidentemente viene a configurarsi una grave discriminazione, così grande che non ce n’eravamo accorti.
Come spieghi il fatto che la questione dell’unione sia emersa soltanto negli ultimi quattro o cinque anni, e che solo adesso ci si sia accorti di questa enorme discriminazione?
Il movimento omosessuale, o la comunità omosessuale che dir si voglia, in Italia sta attraversando una fase di passaggio e si trova come in bilico. Finché si chiede di vivere individualmente la propria sessualità, di non essere emarginati, di essere accettati come persone, l’omosessualità viene accettata senza grosse difficoltà, magari con risolini e riserve, ma senza discriminazioni verticali.
Il punto è che gli omosessuali pretendono di essere riconosciuti anche nella loro vita associata, volendo avere una presenza sociale. E il più elementare rapporto sociale è il rapporto di coppia. Ecco, non appena l’omosessuale pretende che venga riconosciuto questo suo momento di socialità, non appena si affaccia sulla scena sociale per rivendicare gli stessi diritti e la stessa dignità delle persone eterossessuali, scatta una discriminazione vera e propria. Questa è la novità, e devo dire che nemmeno io, che pure avevo fatto una ricognizione dei momenti in cui l’essere omosessuale poteva avere una sua rilevanza di fronte alla legge, ero arrivato a pensare che il mancato riconoscimento dell’unione fosse foriero di così tanti diritti negati.
A proprosito di diritti civili, nel tuo manuale ti occupi prevalentemente del vivere (o non poter vivere) in coppia, e quindi del mancato riconoscimento del fatto che si vive in coppia...
Questi sono i temi più sentiti e, allo stesso tempo, sono quelli meno compresi dai media, che confondono il riconoscimento dalla coppia omosessuale con il matrimonio gay, che invece è tutt’altra cosa e che, fra l’altro, non è nemmeno rivendicato da gran parte della comunità gay italiana.
A questo riconoscimento sono infatti legate questioni molto concrete, che vanno dalla reversibilità della pensione alla successione nell’affitto di casa, dal problema di come registrare la nuova coppia omosessuale (per esempio rispetto al precedente matrimonio o a una precedente filiazione nell’ambito eterosessuale) al testamento e all’eredità, fino all’assicurazione sulla vita del partner e agli acquisti in comune. La ditta familiare, per esempio, vede negata la propria sussistenza ove si tratti di famiglia di fatto e non di famiglia unita dal vincolo matrimoniale. Quel che m ...[continua]
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