Il dibattito sulla mancata Riforma in Italia, causa per alcuni di tanti nostri mali, ci accompagna da sempre. Sicuramente, la lotta contro la sua diffusione, che ha avuto un grande punto di forza nel circuito confessione-inquisizione, ha segnato la storia degli italiani, e anche il loro carattere, se così si può dire. Senza la pretesa di seguire lo svolgimento di un libro tanto avvincente quanto vasto, ci vorremmo limitare a girare un po’ attorno ad alcuni dei punti che concernono il carattere più profondo degli italiani. Potremmo cominciare da un elemento positivo: quel "sistema di carità" a cui lei dedica il primo capitolo del libro…
"Sistema di carità" era un titolo che un numero dei Quaderni storici aveva adottato e che mi sembrava perfettamente centrato. Mi aveva colpito questo vastissimo panorama di istituzioni assistenziali, che andavano a costituire un sistema in cui tutto si teneva e in cui niente si perdeva, un sistema esteso non soltanto a tutte le stagioni della vita e a tutte le condizioni sociali, graduate in modo da mantenerle esattamente così com’erano, ma anche ben oltre i termini della vita stessa, esercitandosi nei confronti dei morti attraverso il purgatorio. La fede nel purgatorio, che diventerà la cartina di tornasole della scelta fra Riforma protestante e cattolicesimo, in realtà è radicata profondamente in un contesto sociale e culturale in cui, aiutando gli altri, si mette in circolo un flusso di aiuti che poi tornerà su se stessi. Il purgatorio è il luogo simbolico fondamentale, il coronamento, di quel "sistema di carità".
Naturalmente, questo sistema sociale di assicurazioni e contro-assicurazioni, anche se è capace di attivare energie ai livelli più vari della popolazione, è gestito soprattutto dal patriziato urbano, preoccupato di mantenere un ordine economico e sociale retto appunto da élites urbane. Qualcuno ha parlato della storia d’Italia come di una storia di ricchezza accumulata presto, di una specie di rivoluzione urbana che avviene precocemente e che costringe la penisola a subire i contraccolpi delle crisi economiche e sociali europee, rendendola però più attaccata alla sua eredità e quindi più restìa, nei fatti, ad accogliere le svolte modernizzanti che caratterizzano il resto d’Europa. Mi pare che questa idea sia fondata perché è proprio un sistema così ricco e coeso a far sì che la durezza del messaggio della Riforma -l’idea della fede giustificante col rifiuto complessivo di tutto il panorama di opere solidaristiche- venga ricevuto in Italia in maniera molto attutita. Questo, peraltro, non rende conto del fatto che anche in Italia ci fu una fortissima tendenza favorevole alle idee riformate, con un forte rifiuto del purgatorio. Dove queste idee presero terreno, non soltanto a livello di circoli dotti, ma anche nei casali capuani studiati da Scaranella, ci fu un rifiuto radicale del sistema delle intercessioni, inclusa la sepoltura nel luogo santo.
Questo "sistema di carità" è sicuramente un aspetto molto positivo, una ricchezza. Nel capitolo dedicato al libro ci si imbatte, invece, nell’inquietante descrizione di una guerra acerrima contro il libro. E’ quello il prezzo tremendo che abbiamo pagato?
La questione del libro è molto importante, rappresentando una svolta fondamentale nella storia d’Italia: un paese che produce moltissimi libri e nel quale si legge molto si trasforma in un paese dove il controllo sul libro diventa particolarmente tenace e insistito e nel quale si varano tutta una serie di provvedimenti molto duri. L’"attacco" a Venezia, che della produzione di libri era la capitale, non è che l’episodio più evidente di tale svolta, la cui portata, del resto, è ancora da studiare. Noi, infatti, abbiamo una storia dell’Indice dei libri proibiti; abbiamo una storia delle norme di tipo giuridico e dei sistemi polizieschi di controllo; non abbiamo, però, una storia dei libri che non sono stati pubblicati perché incappati nelle maglie della censura né una storia delle letture che non hanno dato alcun frutto proprio perché gelate da un sistema di sospetti.
Rispetto a tutto ciò, è giusto ricordare l’osservazione di padre Giovanni Pozzi nel suo saggio sul Porta, Alternatim. Padre Pozzi, in polemica con la tradizione liberale, anticlericale e filoprotestante, secondo la quale il sistema di censura, ...[continua]
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