Gaetano Pecorella, avvocato, è difensore di Ovidio Bompressi.

Una prima domanda d’ordine generale: nello stesso caso, senza che cambino minimamente le risultanze processuali, una corte decide di assolvere, un’altra di condannare. Basta una diversa interpretazione dei criteri che regolano la valutazione della chiamata in correità da parte di un giudice e l’imputato è condannata all’ergastolo o è libero. E’ giusto questo?
Una premessa, sul piano delle regole formali, non c’è dubbio che i giudici sono autonomi nelle loro decisioni e non sono vincolati l’uno all’altro, salvo il giudice di merito a cui torna il processo dalla Cassazione. Questo perché, il nostro ordinamento, a differenza di quello anglosassone, basato sul "precedente", che, non avendo regole generali, è meno garantista e tende all’uniformità nei giudizi, vede come unico obbligo per i giudici quello di interpretare la norma. E, com’è noto, ogni interpretazione può essere diversa dall’altra.
Questo sul piano della tecnica. C’è però da dire che uno dei valori fondamentali della Costituzione è la certezza del diritto. La Costituzione, nel momento in cui ha introdotto tra i princìpi fondamentali dell’ordinamento italiano il principio di legalità formale, secondo cui "nessuno può essere punito se non in base a una legge", ha introdotto un criterio che tende, nei limiti dell’umanamente possibile, alla certezza del diritto. I cittadini devono sapere con certezza qual è il loro destino. E per garantire questo, non basta che il principio di legalità abbia come fonte esclusiva il Parlamento, si deve tendere all’uniformità delle decisioni e dei giudizi, all’omogeneità nell’interpretazione della norma, altrimenti la fonte non è più il Parlamento, ma i giudici. Da questo punto di vista, credo che il giudice non faccia buon uso della sua funzione se non tiene conto del fatto che, attraverso una sua decisione, può alterare inaspettatamente un criterio seguito fino a quel momento. A meno che la modifica non rappresenti una svolta nella giurisprudenza, il che deve pur essere possibile, pena l’immobilità e l’impossibilità di migliorare. Quindi, eccettuato il caso in cui si voglia dare una svolta con una sentenza pilota, il giudice dovrebbe attenersi ai princìpi consolidati.
Si è sempre detto, probabilmente in modo improprio, che le Sezioni unite della Cassazione fanno giurisprudenza... A cosa servono le Sezioni Unite?
Se si va alle Sezioni unite, vuol dire che una questione è particolarmente complessa perchè c’è contrasto di diritto. Quando le Sezioni unite intervengono, lo fanno per dare certezza a situazioni incerte.
Le Sezioni unite servono proprio a risolvere i conflitti giurisprudenziali e fanno giurisprudenza perché definiscono il principio che sino a quel momento è controverso. Ripeto, non c’è l’obbligo per il giudice di uniformarsi, perché il giudice dipende solo dalla legge; tuttavia, che si uniformi, dovrebbe costituire un principio non scritto.
E infatti normalmente i giudici vi si uniformano, perché non avrebbe senso andare alle Sezioni unite per un singolo processo. Se si va alle Sezioni unite per un singolo processo, lo si fa per risolverlo in astratto, perché valga anche per altri processi. Se ci sono due orientamenti giurisprudenziali, intervengono le Sezioni unite e individuano una di queste due posizioni come la più corretta o addirittura una terza, disattendendo queste due. Le Sezioni unite dicono la parola finale su una certa controversia. Poi, è possibile andare avanti, ma superando la Cassazione, non tornando sulle questioni da risolvere.
Ora, non c’è dubbio che nel caso Sofri si è in qualche modo colpita la sacralità delle Sezioni unite, di quell’organo giudiziario, cioè, che da sempre diceva l’ultima parola in materia di diritto.
Infatti, in questo caso, dopo la sentenza delle Sezioni unite c’è stato un ritorno alle posizioni precedenti…
Nel caso specifico, le Sezioni unite hanno individuato dei criteri di diritto per valutare e interpretare la chiamata in correità, aggiungendo che, proprio sulla base di tali criteri, la chiamata di Marino appariva non utilizzabile ai fini di un’affermazione di responsabilità.
Marino, su una serie di circostanze, anzi, direi su tutto quanto racconta dell’omicidio, viene smentito: smentito sulle modalità dell’incidente, smentito sulla manovra dell’auto e sul resto. Tutti gli elementi fattuali sono stati smentiti dalle testimonianze rese allora, a poche ore dagli eventi. Ora, è molto grave non solo che in un c ...[continua]

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