Avete da poco promosso un referendum sulle biotecnologie. Di cosa si trattava?
L’obiettivo dell’iniziativa era di porre dei divieti alla brevettazione di animali e piante geneticamente modificati, all’immissione di questi nell’ambiente e alla manipolazione degli animali. E’ una questione piuttosto complicata per la popolazione e infatti credo che ci sia stato anche un grave problema di incomprensione di quello che si voleva fare. Del resto la gente reagisce se si sente toccata personalmente.
E’ per questo che il tema biotecnologie, Wwf, bioetica, referendum, ambiente, alimentazione influenza, invece quello etico, sui limiti da porre alla ricerca risulta meno pressante, sembra lontano.
Probabilmente, se noi avessimo puntato soltanto sulla manipolazione legata agli alimenti la vittoria sarebbe stata sicura. Noi per esempio prima di quest’iniziativa avevamo lanciato una petizione in cui chiedevamo al nostro consiglio di stato di vietare l’immissione sul mercato di cibi manipolati geneticamente e abbiamo avuto successo nella raccolta di firme. L’esito di questa consultazione invece è stato deludente: più o meno 40 e 60. Noi ci aspettavamo senz’altro qualcosa di meglio, anche perché durante la campagna la popolazione rispondeva bene, alla fine invece...
Cos’è stato a tuo avviso a provocare un tale risultato?
Credo che gran parte della responsabilità vada addossata al potere dell’informazione e a chi la gestisce. E’ molto difficile far passare un’informazione obiettiva. Abbiamo visto che i giornali spesso dedicano spazio -e parlo di interi paginoni- alla propaganda delle biotecnologie, enfatizzandone gli aspetti positivi e tralasciando invece i gravi rischi legati a questa tecnologia.
In questo caso particolare è poi risultata determinante la messa in gioco della ricerca medica, cioè della speranza che con la genetica o l’ingegneria genetica si possano, in futuro, guarire malattie ereditarie e anche il cancro. Del resto i nostri ricercatori sono scesi in piazza a dire proprio questo ed è evidente che quando si tocca questo tasto la popolazione si mette subito in allarme e si oppone a tutto quello che appare come un precludersi delle opportunità riguardanti la propria salute. Ha proprio paura, anche perché per la prima volta in Svizzera anche le università hanno assunto una posizione e sono letteralmente scese in piazza, hanno fatto una manifestazione con cartelli dicendo che avrebbero perso il proprio lavoro. Sono scesi in piazza anche gli scienziati, perché si sentivano toccati direttamente da questa proibizione di manipolare gli animali, infatti se fosse passata l’iniziativa, a lungo andare ci sarebbe stato un riorientamento della ricerca.
Qual è stato il ruolo delle multinazionali in questa vicenda?
E’ evidente che qui si parla di interessi enormi.Può risultare forse incredibile o scandaloso che gli scienziati delle università, che dovrebbero essere neutri, obiettivi, si siano schierati in modo così netto e violento, ma se andiamo a vedere da dove arrivano i soldi per la scienza, verifichiamo subito che non arrivano soltanto dallo stato. Purtroppo programmi di dottorato e di ricerca ormai esistono soltanto grazie al sostegno di grandi multinazionali, così si innesca un circolo vizioso in cui sempre più ricerche vengano finanziate per produrre dei risultati utilizzabili innanzitutto dalle multinazionali stesse, quindi riguardanti perlopiù le biotecnologie.
La Novartis in questa vicenda, in realtà non si è esposta più di tanto, ha avuto essenzialmente un ruolo finanziario, nel senso che ha sostenuto la campagna contraria ed è inutile dire che è stato molto rilevante. Del resto la Novartis ha tutti gli interessi a boicottare le iniziative di questo tipo, perché ora per esempio ha fatto richiesta per poter seminare un campo con mais transgenico. E su questo punto i nostri giornali sono stati zitti, oltretutto nel nostro cantone, dove parliamo italiano, c’è stato un grande sostegno anche della televisione agli oppositori dell’iniziativa, riservando pochissimo spazio a chi invece era a favore.
Spero che questa iniziativa sia servita almeno ad accendere una discussione. Ma anche ad aprire un po’ i laboratori scientifici, ossia a far vedere alle persone cosa sta succedendo, mostrando che la Novartis, per esempio, non è soltanto medicinali, farmacia, ma è legata e sarà sempre p ...[continua]
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