Potremmo cominciare dall’esito della lotta contro il Cpe…
E’ stata una battaglia che è durata poco, due mesi e mezzo, e tuttavia ha guadagnato una vittoria eccezionale. Sono decenni che non si registrava un successo di questo tipo. Anche nel 1995, quando Juppé presentò all’Assemblea Nazionale il suo piano di riforma (“Piano Juppé”) della Sécurité Sociale, la lotta non portò a un esito di questa portata.
Parlo di una vittoria eccezionale per varie ragioni. La prima è che si è guadagnata nell’unità di tutte le organizzazioni sindacali; un’unità che ha tenuto dal 16 gennaio fino ad aprile.
La seconda è che c’è stata un’inattesa convergenza tra i giovani e le organizzazioni sindacali. Il governo avrà senz’altro pensato che si sarebbe trovato ad affrontare soltanto i giovani, invece i lavoratori hanno capito che era l’inizio di una nuova fase, che si stavano mettendo in discussione le garanzie dei contratti di lavoro nel loro complesso. Abbiamo quindi avuto un movimento rivendicativo comune alle organizzazioni sindacali e a quelle degli studenti.
Il terzo aspetto è quello europeo: per la prima volta c’è stato non solo sostegno, ma iniziative prese in diversi paesi; dei sindacalisti stranieri sono venuti a manifestare in Francia. Credo dunque che la vittoria in questo caso trascenda il caso francese e sia una vittoria dell’insieme dei lavoratori europei.
Oggi in Italia pochissimi giovani hanno una tessera sindacale. Il sindacato mantiene l’immagine di un organismo che garantisce perlopiù i già garantiti (dipendenti a tempo indeterminato, pensionati, ecc.) e che ancora non è stato in grado di formulare strumenti adeguati per i “nuovi” lavori e lavoratori. In Francia qual è la situazione?
Per quanto riguarda gli studenti, la convergenza non è stata un’improvvisata; sono anni che lavoriamo assieme all’Unef (Unione Nazionale degli Studenti di Francia), l’Unl (Unione Nazionale dei licei) e la Fidl (Federazione Indipendente e Democratica dei Licei).
La Cgt era ai loro congressi. D’altro canto, l’unione degli studenti ha sicuramente favorito l’unione delle organizzazioni dei lavoratori. Dunque c’è stato proprio un lavoro per la creazione di una reciproca fiducia su un obiettivo di rivendicazione chiaramente identificato.
Effettivamente, ci sono degli elementi di divisione tra i giovani e i lavoratori più adulti. Certi sociologi parlano di una nuova “lotta di classe”. Non è evidentemente la nostra analisi. Credo sia stato provato che questa frattura, che esiste, non è stata determinante.
Comunque all’interno del sindacato si è aperto un dibattito rispetto a una sua possibile riforma. Il rischio di assestarsi su garanzie “neocorporative” a scapito di garanzie più diffuse e articolate è reale. La tentazione di arroccarsi nella difesa di chi ha un buon lavoro, qualificato, con un contratto a tempo indeterminato, considerandolo l’unico punto d’arrivo a cui anche gli altri devono adeguarsi è sempre presente. Il sindacalismo dei lavoratori ha senz’altro un problema di concezione della natura delle garanzie.
Ad oggi però, direi che non è più quella la nostra concezione, né praticamente, né teoricamente. Non vogliamo un sistema di garanzie, tra virgolette, corporative, bensì un sistema di garanzie che copra tutti i lavoratori. Se possibile anche quando perdono un lavoro o ancora non ce l’hanno. La nostra idea è che un certo numero di diritti, casomai ripensati, debba essere garantito a tutti, per questo oggi più che mai è importante integrare nell’organizzazione anche i giovani.
Prendiamo il Cpe: qui la nostra diagnosi è opposta a quella proposta dal governo. Il governo considera che se non ci sono assunzioni è perché ci sono troppe garanzie. In realtà, intanto non c’è abbastanza lavoro. E poi c’è un problema di qualificazione per i giovani che escono da un certo sistema educativo. E’ questo il punto di contatto con gli studenti.
Ogni anno su 500 mila giovani che escono dal sistema educativo, 100 mila non hanno una qualificazione riconosciuta nel mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione in questa categoria è del 40%, più basso della media dei giovani che escono con un diploma riconosciuto. Quindi non si tratta di ridurre le garanzie, ma di avere un sistema di formazione più efficace nell’inserimento lavorativo. Sicuramente è importante cominciare a riflettere a partire da forme di protezione di percorsi professionali. Bisogna però che ci ...[continua]
Esegui il login per visualizzare il testo completo.
Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!