in questo caldo finale d’estate, con la tempesta di notizie sui profughi che "invadono” l’Europa, è passata abbastanza inosservata quella dell’arresto in Francia di due famosi giornalisti francesi. La notizia invece ha ovviamente avuto grande evidenza in Marocco. Infatti l’accusa è forte: avrebbero ricattato il re del Marocco, tentando di estorcergli tre milioni di euro.
Lasciamo ovviamente ai giudici la questione; ma va rilevato come Catherine Graciet e Eric Laurent siano gli autori di diversi libri inchiesta e denuncia, tra i quali spicca, scritto a quattro mani, "Le roi predateur”, un successo editoriale del 2012 che accusava Mohammed VI, il "re democratico”, di rivalersi sulle concessioni politiche nel campo economico, campo nel quale sarebbe un sovrano veramente assoluto, tra i più ricchi al mondo, con un potere economico in crescita ogni giorno di più. Ho già sottolineato altre volte come il Marocco sia un Paese in crescita e veda una grande circolazione di ricchezza, sorprendente dato il livello medio di povertà dei marocchini, i più costretti a vivere ancora oggi con soltanto qualche euro al giorno.
I due giornalisti sono stati arrestati con le mani nel sacco, avendo sembra già incassato un anticipo dei soldi pattuiti in cambio della mancata pubblicazione di un nuovo libro inchiesta contro il re, e sarebbero ora in libertà vigilata in attesa dei risultati dell’indagine nei loro confronti.
È una coincidenza, ma questa lettera desideravo dedicarla interamente a un personaggio, fondamentale nella recente storia marocchina, a me molto caro, che, proprio cinquant’anni fa, fu "misteriosamente” sequestrato e poi immediatamente torturato e ucciso a Parigi. Si tratta del matematico e fine politico Mehdi Ben Barka. Era il 29 ottobre del 1965 quando fu prelevato a Parigi e sparì nel nulla (un testimone recentemente ha raccontato che il suo corpo sarebbe stato portato in Marocco e sciolto nell’acido). È di pochi mesi fa il ritorno in patria (si può veramente chiamare così per loro il Marocco?) dei parenti di Ben Barka, per vendere la casa di Rabat e liberarsi una volta per tutte di ogni legame col Paese che lui aveva così tanto amato. Mi piace ricordarlo quando ragazzino accompagnava a scuola il fratello maggiore, l’unico cui la famiglia potesse permettersi di pagare gli studi: il professore francese notò il fanciullo che tutti i giorni restava al cancello in attesa del più fortunato fratello e incuriosito invitò Mehdi in classe. Egli si rivelò particolarmente dotato e poté quindi continuare miracolosamente gli studi, diventando, tra l’altro, insegnante di matematica dello stesso futuro sovrano, Hassan II, padre dell’attuale re, che sarebbe diventato poi suo acerrimo nemico.
Quando il movimento nazionalista, che aveva accompagnato all’indipendenza il Paese, si divise, Mehdi Ben Barka, che come membro dell’Istiqlal aveva presieduto il primo Parlamento marocchino (nominatovi da Mohammed V), guidò la fazione di sinistra, fondando l’Unione Nazionale delle Forze Popolari, partito di ispirazione socialista. La vita politica fu particolarmente difficile per Ben Barka nel suo Paese, e dovette più volte fuggire in esilio, diventando quindi quasi giocoforza un esponente di rilievo del movimento terzomondista e dei Paesi non-allineati. Nell’anno della morte era vissuto tra Francia, Algeria, Egitto e Cuba, perché tra l’altro era stato nominato presidente della Commissione che avrebbe organizzato la Conferenza Tricontinentale del 1966 a L’Avana.
Non ebbe tempo di lavorare alla Conferenza e tanto meno a un futuro democratico e di sviluppo socio-economico per il suo Marocco.
Mi piace pensarlo oggi in una delle aree del Marocco che più tardivamente sono state "integrate” dal Makhzen, quel Rif delle coltivazioni proibite di Kif (marijuana) che nell’epoca del colonialismo era stato dominato dalla Spagna e forse anche per questo ebbe uno sviluppo rallentato dopo l’indipendenza, restando per decenni, quelli del regno di Hassan II, una regione emarginata e dimenticata dal governo e dalla storia. La stessa che aveva dato vita a una Repubblica tra il 1920 e il 1926 per la forza e abilità delle tribù berbere locali guidate da un altro personaggio d’eccezione che il Marocco del Novecento ha offerto alla storia mondiale: Abdel Krim el-Khattabi. La stessa ragione di cui ingiustamente non viene riconosciuta l’importanza avuta per l’indipendenza e il movimento nazionalista, come ricorda in un approfondi ...[continua]
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