mentre vi scrivo, sono i giorni lentissimi -e freddi!- del Capodanno cinese. Ve ne parlo ormai da anni: tutti tornano a casa, da dovunque si trovino, i treni sono pieni da scoppiare, gli aerei pure; da quando molte persone si sono concesse il lusso di un’auto, le strade s’intasano in modo epico. Lo scorso anno gli ingorghi per rientrare a Pechino, Shanghai, Canton, sono stati talmente enormi che lungo la strada si sono create delle micro-economie, con persone dei villaggi circostanti che avevano messo su baracchini di frittelle, spaghettini in brodo, o che passavano vendendo fazzoletti, giornali, bibite… Riuscendo a commerciare in modo proficuo con chi non poteva andare né avanti né indietro.
Ma a parte questi elementi, che sono ormai i cliché del Capodanno lunare, vi sono stati cambiamenti che mi hanno molto colpito. Il principale è che fra i miei amici, in particolare fra quelli che hanno meno di quarant’anni, l’intera faccenda del Capodanno lunare comincia ad essere vista con insofferenza, se non con astio. L’obbligo di ritrovarsi in famiglia, di stare per giorni interi gli uni vicini agli altri con la pressione ai massimi livelli, per raccontarsi quello che è successo dall’ultima volta che ci si è visti, si va a scontrare con i cambiamenti generazionali profondissimi che la Cina sta attraversando. Il risultato è che i giovani cinesi non tollerano più le domande che vengono loro rivolte -che poi sono le stesse che hanno esasperato i loro genitori, ma che un tempo venivano sopportate, dato che l’idea che potesse essere altrimenti era ancora lontana.
Un particolare che è difficile da apprezzare nella sua interezza se non lo si è sperimentato è fino a che punto in Cina si venga apostrofati senza filtri: "Sei ingrassata!”, ti dice uno che non vedi da un po’, e che magari non ti stava tanto simpatico neanche prima. Oppure: "Come mai non hai ancora figli?” o anche: "Come mai non sei ancora sposato?”. Possono essere anche cose molto più banali, come: "Oh, guarda, ti è venuto un grosso brufolo sul naso”, o, ad un uomo, "ecco, stai cominciando a diventare calvo”. Fra amici se ne scherza, "Ah-ah, ci crederesti, mia zia mi ha detto: ormai hai 34 anni, non hai più speranze di sposarti e avere figli, che cos’è successo, odi i bambini?”.
In genere si risponde "Ah-ah”, e si cerca di coprire con una risata il dolore che causano queste osservazioni sgraziate, inopportune ed insensibili, ma il problema non viene affatto risolto. Per la vecchia zia (facciamo per dire, naturalmente: lo zio o il nonno non sono da meglio delle comari) rimasta al villaggio non è stato detto nulla di strano: chissà quante volte le hanno fatte a lei, queste domande sgradevoli -se non si è mai sposata, le ha sentite fino all’altro ieri. Invece, per una persona che lavora in una metropoli, con tutto quello che questo comporta -la competitività sul lavoro, il tempo per le relazioni personali che scarseggia, l’evolversi delle aspettative rispetto ai rapporti di coppia- l’idea di dover tornare "a casa” ed essere sottoposti a giornate intere di pasti in famiglia nei quali l’idea di spazio personale è completamente bandita, è un vero tormento.
Così, anno dopo anno, ho visto i miei amici diventare sempre meno reticenti nel dirmi quanto detestano questi momenti in cui l’intera famiglia è intorno al tavolo per pasti interminabili -gli stessi familiari che visti in gruppi più piccoli sarebbero del tutto sopportabili, anche piacevoli; li ascolto mentre si scambiano gli uni con gli altri consigli su come sopportare l’insopportabile. "Non discutere: se la nonna ti chiede perché non sei sposata, dille che è perché sei troppo brutta. Se ti chiede perché lavori tanto e ti stai facendo scappare un marito mentre ti rovini gli occhi al computer, dille che è un’occasione unica che hai con una grossa azienda e non puoi farne a meno”. Altri, invece, si presentano a casa con un finto fidanzato o fidanzata -si possono "affittare” tramite alcune app che sono state pensate per l’occasione. Oppure, come succede in queste occasioni, si mente in modo spudorato, mostrando sul telefonino foto di persone a caso che vengono descritte come partner che sono dovuti tornare a casa dei loro, di genitori, ma che l’anno dopo verranno, magari con in braccio un figlioletto... Rimandando all’anno dopo ogni spiegazione. Nel frattempo, visto che si sa che oltre all’ossessionarsi a vicenda queste grosse riunioni familiari non producono granché, la televisione di S ...[continua]
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