desidero parlarvi innanzitutto di un bel film, "My name is Adil”. Dopo anni di ricerca e approfondimento sul tema della migrazione marocchina, da quando m’ero imbattuto nell’impietosa statistica dei morti, nello Stretto di Gibilterra allora, e avevo scoperto che proprio dalle pianure rurali del Marocco centrale partivano moltissimi alla ricerca di futuro in Italia ed Europa, è stato emozionante trovare in un film la sintesi di questa narrazione: Adil Azzab, giovane regista, ben coadiuvato dalla brillante équipe con cui ha fondato Imagine Factory, è partito da quelle campagne, da Fkih Ben Salah, che con Khouribga, Oued Zem, Beni Mellal è la terra di provenienza maggioritaria dei marocchini italiani. Faceva il pastore bambino, viveva nel sogno dell’Europa che gli aveva rapito il padre e lo lasciava dunque in balia dello zio ostile, appena protetto dal nonno e dall’affettuosa madre, pure lei vincolata allo spazio ristretto della famiglia del marito. Negli spazi aperti, dall’orizzonte di sole assoluto, apparentemente vasto eppure ristretto, e pascoli semiaridi senza grandi possibilità di realizzazione, la narrazione parte e ritorna, più volte e fino al commovente finale, quando il film è proiettato davanti a tanti bambini e adulti, che pure vi hanno recitato, quasi per restituire elegantemente il dono da essi ricevuto. Una storia viva e coinvolgente, ideata, scritta e fotografata dagli stessi autori e per questo ancor più convincente. È stato emozionante trovarvi i temi che ricorrono nella trattazione della migrazione, in particolare quella marocchina. La dipendenza dalle rimesse, la partenza delle energie più vivaci e l’abbandono conseguente delle terre, la solitudine di famiglie spezzate, la difficoltà atroce di chi ce la fa, la sconfitta e la morte di chi s’è invece perso per strada. La riuscita del progetto di Adil, che sogna di raggiungere il padre e diventa educatore, fotografo e regista in Italia, rafforza davvero la speranza. Si dice sempre che qui la migrazione marocchina è indebolita dalla poca istruzione, da una composizione sociale minimamente poco dall’interesse culturale e schiacciata dai pressanti bisogni quotidiani. Adil spezza con convinzione questa visione e ci regala il suo successo, che è quello di un intero popolo prestato ad altre nazioni, ma pur sempre molto fiero della sua madre terra. Nello spaesamento, nello smarrimento il migrante si costruisce un’identità nuova, apparentemente fragile, ma pronta, forse già oggi, a dimostrarci possibilità positive di società futura. Qui in Italia, come là in Marocco.
Là, ancora leggo di statistiche disarmanti sulla condizione femminile: uno studio recente, della Fondazione Ytto contro la violenza sulle donne, nelle terre ben più marginali dell’Alto Atlante, mette in luce la realtà che qui vivono le donne. Pur nei limiti numerici dell’inchiesta, emerge che l’83% delle ragazze si sono sposate prima dei diciotto anni e che le condizioni di salute in cui versano gran parte di esse sono gravi proprio a causa del matrimonio in giovane età: aborti per due donne su tre, con conseguenti gravi malattie ginecologiche. E non a caso il grado d’istruzione delle donne resta bassissimo, con il 43% di ragazze che non va a scuola e il 20% che deve lasciare gli studi per decisione del marito… Tutto ciò in una prevalenza di matrimoni non legalizzati, in cui gli abusi sono all’ordine del giorno, come i ripudi e la perdita di qualunque basilare diritto. La ricerca, che riporta alla memoria un altro film importante, "La source des femmes” di Radu Mihaileanu, è sostenuta da Unicef e Onu Women. Essa sprona la politica ad agire per organizzare servizi sociali a protezione dell’infanzia in queste aree dimenticate del paese.
La politica pare invece in tutt’altro concentrata: nel balletto sterile per la formazione di un governo. Sono passati più di tre mesi dall’incarico del re a Benkirane e ancora manca una prospettiva. Era stato prima l’Istliqal di Chabat, pomo della discordia (alleato desiderato da Benkirane, osteggiato dai precedenti alleati di governo dei partiti cosiddetti amministrativi), ad auto-eliminarsi con una sorprendente dichiarazione che minava la sovranità della Mauritania e dunque i rapporti tra le due nazioni. Poi un gioco tattico del Rni (il raggruppamento degli indipendenti, liberali, che avrebbe dovuto essere l’alleato designato nella formazione di un governo simile al precedente) ha fatto infuriare il leader incaricato del Partito ...[continua]
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