Intervenendo nella polemica sulla riaccensione del faro di Mussolini a Rocca delle Caminate, di cui parliamo nelle ultime pagine, in un’intervista concessa al quotidiano locale "Corriere della Romagna” l’amico Marcello Flores, riguardo a Predappio, fa un’affermazione che ci sembra proprio sbagliata: "È vero che ci sono alcuni nostalgici che si palesano in alcune occasioni ma sono isolati e isolabili”.
Alcuni nostalgici?
Quest’estate siamo andati a fare un "pranzo sociale” in un ristorante sulle colline predappiesi, gestito da un signore simpatico e molto gentile. Eravamo in diciotto. A un capo della tavola due di noi si sono messi a discutere del pellegrinaggio nero e dei negozi fascisti, mentre il gestore serviva le portate. A un dato momento non è riuscito a trattenersi ed è intervenuto nella discussione: "Guardate che su un pullman che arriva quarantanove sono curiosi e uno è un nostalgico”. Al che dall’altra parte del tavolo s’è sentito qualcuno commentare: "Bah, più probabile l’esatto contrario”. È stato a quel punto che uno di noi, parlando molto piano, ha detto: "Avete visto cos’ha addosso? E guardate la scritta sulla maglietta”. È stato quasi uno shock: aveva una maglietta nera con la scritta dell’agriturismo dorata in caratteri runici. La costernazione per star toccando con mano il "degrado” di Predappio si è confusa con la condivisione dell’imbarazzo del gestore che, poveretto, di fronte alla prenotazione di una comitiva, evidentemente abituato a quelle "nere”, si era vestito per la migliore accoglienza. Qualcuno ha poi tirato fuori il depliant raccolto all’entrata, che nessuno aveva ancora letto: insieme al favoloso paesaggio di Predappio e al gran sangiovese, vantava i suoi "prodotti della storia”, con sul retro la mappa degli stessi.
D’altra parte quando abbiamo accompagnato a visitare la tomba di Mussolini Gabriele Martini, il giornalista de "La Stampa” che voleva fare un reportage sulla "guerra del faro”, in un quarto d’ora sono entrate dieci persone: un naziskin "in divisa”, un giovane adulto che è stato in raccoglimento per alcuni minuti e poi ha scritto un messaggio nel quadernone, e poi, in successione, due famiglie di quattro persone, dove almeno i giovani, dall’atteggiamento, non sembravano semplici curiosi. Questo in una mattina di un giorno feriale. Rimasti soli, il giornalista ha voltato all’indietro un blocco di pagine grosso quasi la metà del quadernone ed è rimasto attonito a guardare l’ultima data, che era del giorno prima. E del resto, quando tempo addietro ci era capitato di incontrarlo, il sindaco Frassineti ci aveva detto che la cifra dei pellegrini si aggirava sui 120.000 all’anno. Ci sembrò un’esagerazione e infatti, in un’altra occasione, il progettista predappiese del museo ridimensionò la cifra: da ricerche approssimative sul numero dei pullman e sui quadernoni della tomba, era verosimile il numero di 40.000. Comunque tutt’altro che pochi e comunque non "alcuni”, non in "alcune occasioni”, non "isolati”.
Isolabili? Come? Vorremmo saperlo prima di avventurarsi nei lavori del museo, non dopo. Perché il rischio più grave che corre un museo a Predappio, giusto o sbagliato che sia farlo lì, è che comunque venga "colonizzato” dai fascisti. Per non parlare del ristorante che pare si preveda annesso.
Noi abbiamo già espresso le nostre perplessità sul museo "scientifico”. La Fondazione Lewin ha proposto di fare insieme memoriale, museo e centro di documentazione sull’oggi, ma la proposta è caduta nel vuoto. Alla domanda: "Ma voi cosa intendete per memoriale? Fate un esempio concreto”, "Beh, per esempio, mettere una gigantografia di Matteotti sulla facciata con una lapide che reciti: questo luogo è dedicato a tutti i capi delle opposizioni che nella storia dell’umanità sono stati uccisi o imprigionati”.
Che poi, al convegno su "come narrare il fascismo” fatto proprio a Predappio, un esperto del Museo della "Topografia del terrore” di Berlino e del Centro di documentazione sulla soluzione finale di Wansee, abbia detto che scindere museo da memoriale, quando si parla di queste cose, è molto difficile, ci ha fatto piacere. Da profani quali siamo certamente, ci piacerebbe che lì, nell’ex-casa del Fascio ci fosse "l’altro famedio”, il "nostro famedio”, da contrapporre all’altro. Forse la proposta più bella, proprio per Predappio, è quella di Anna Foa: un grande monumento nazionale alla colpa del fascismo e degli italiani. Una proposta che, a nostro avviso, non sarebbe affatto in contraddizione con una narrazione "scientifica”.
Questo potrebbe scongiurare la colonizzazione fascista? Potrebbe dar vita un "altro” pellegrinaggio? Nessuno può garantirlo. Ma forse sarebbe comunque la cosa giusta da fare in queste condizioni. Sempre che si voglia far qualcosa.
C’è un’altra frase che colpisce nell’intervista di Marcello Flores: "Dare una cifra nuova al rapporto col proprio passato. Indagata e raccontata la storia per ciò che è stata, si potrà acquisire quello sguardo laico che ci permetterà di metter mano agli edifici del ventennio senza fare ogni volta una battaglia”. Forse non capiamo, forse equivochiamo. Cosa vuol dire? Che non conosciamo ancora la storia? Che siamo degli antifascisti ideologici?
Comunque sia faremmo bene a pensare ai tedeschi che, dopo aver visto cosa avevano nei loro profili social i due poliziotti italiani che avevano ucciso il terrorista di Berlino, malgrado il debito di riconoscenza nei loro confronti, gli hanno negato il premio già annunciato. Loro cosa sono? Altro che Anpi!
Gianni Saporetti
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