La responsabilità cerca di porsi come il filo sottilissimo del discorso, nell’incontro con realtà associative e cooperative, ma di anno in anno molti progetti restano fermi o falliscono, nell’incapacità organizzativa di chi vive in estrema povertà, in un sistema lento a trasformarsi nella direzione di una maggiore partecipazione reale della popolazione ai benefici del "progresso”. Non manca mai il sorriso nella semplicità delle relazioni interpersonali, nell’ospitalità naturalmente generosa, e forse proprio quel sorriso nasconde la realtà, permettendoci il lusso di pensare che in fondo la povertà rende felici.
In questi giorni giunge una notizia sconvolgente: nell’entroterra di Essaouira, a Sidi Boulaalem, oltre la grande foresta di tuia, nelle campagne delle arganie e degli ulivi, durante la distribuzione di beni alimentari organizzata al mercato da un’associazione, la folla ha schiacciato e ucciso nella calca almeno quindici donne. Nelle zone rurali del Paese gli effetti della siccità si sono sentiti maggiormente e sono andati a sommarsi alla tradizionale miseria della vita contadina. Qui, almeno un quinto della popolazione vive con pochi euro al giorno e capita dunque di patire persino la fame. Viaggiando lungo le strade del Marocco tutto sembra in grande fermento, quasi ovunque stanno aggiustando e allargando le carreggiate, asfaltando, aggiungendo infrastrutture, nel tentativo di rispondere alle esigenze di tante regioni marginali del Paese, quelle che ormai le statistiche ufficiali portano alla ribalta nel confronto impietoso di uno sviluppo squilibrato, che vede quasi l’intero sud e gran parte del nord, quello affacciato al Mediterraneo, la zona centrale rurale dal Medio Atlante fino alle porte di Marrakech, abbandonati a un livello di povertà e iniquità allarmanti. Lo stesso ministro dell’economia Mohamed Boussaid ha recentemente stigmatizzato il problema della debolezza del modello di sviluppo economico, individuandolo principalmente nella crescita senza aumento significativo di posti di lavoro, nella diseguaglianza di genere, laddove le donne sono impiegate in misura immensamente inferiore con redditi più bassi, nel deficit delle esportazioni rispetto alla dipendenza dall’estero, soprattutto con Unione Europea e Turchia, nello scarso livello di istruzione del capitale umano e nella diffusa corruzione insita nel sistema. Tutto ciò si dovrebbe combattere con il rafforzamento del sistema statale, nel quadro di una maggiore affermazione dello stato di diritto, nella maggiore qualificazione dell’istruzione e formazione, nella maggiore equità sia di genere che di classe affinché sia l’intera popolazione a beneficiare dello sviluppo.
L’ultimo mese è stato significativo a tal proposito, con il licenziamento da parte del re di una serie di ministri, forse neppure i peggiori né i più corrotti, ma giudicati inefficienti nella relazione puntuale del presidente della Corte dei conti. Non avrebbero facilitato a sufficienza, o addirittura avrebbero rallentato il finanziamento e l’effettiva messa in marcia del processo di sviluppo della regione di Al Hoceima, la stessa che ha visto nascere le proteste popolari dell’ultimo anno. L’ira regale ha colpito politici e tecnici, facendo dimettere dai loro impieghi non solo ministri, ma tutta una serie di funzionari e amministratori. Non ha fermato per il momento il processo giudiziario che vede accusare di attentato alla sicurezza nazionale il leader delle proteste Zefzafi e tanti altri. Alcune pesanti condanne sono già state emesse, tra le quali la pena ad addirittura vent’anni di carcere per due manifestanti. Una politica, quella del monarca, abbastanza efficace nel mantenimento del favore dell’opinione pubblica, ma che lascia ancora in gran parte in sospeso la situazione, nell’incertezza del futuro.
Nei miei viaggi abbiamo visitato mercati: di montagna, del deserto e di campagna. Ed è proprio in un mercato di campa ...[continua]
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