In particolare, sul voto e la situazione sociale piemontese, da abitante della campagna del chierese con qualche amico a Torino, posso però aggiungere qualche particolare di cui si è parlato poco e raccontare alcuni episodi o situazioni di cui sono stato testimone che possono aiutare a spiegare o delineare prospettive.
Il voto in città e in regione
Il voto in città ha ripetuto, con qualche mutamento significativo, la distribuzione per quartieri del voto amministrativo, vinto dalla sindaca Appendino e dai Cinquestelle: maggioranza di centrosinistra solo in due circoscrizioni del centro (Giorgis, costituzionalista noto e schierato, senza clamore, per il no) ha superato il 40%. Il mutamento significativo è la crescita della Lega e il superamento dei Cinquestelle da parte del Centrodestra. In città e negli exurbia +Europa ha superato il 10%. Non credo sia solo l’effetto dell’origine torinese di Emma Bonino. Alcuni dei liberaldemocratici già sostenitori del Pd, delusi da Renzi, hanno pensato di mantenere l’appoggio al Centrosinistra senza votare Pd. Sono rimasti delusi, come tanti altri che hanno fatto scelte diverse, perché hanno finito per votare lo stesso il Pd. Ma si tratta di un comportamento diffuso anche in provincia. Se si guardano, sul Corriere di Chieri, i risultati dei paesi a est di Torino, le alte percentuali dei radicali sono quasi un ritratto sociale: nei paesi rimasti contadini i radicali hanno percentuali simili a quelle nazionali; nei paesi in cui si sono trasferiti i professionisti e i pensionati in fuga dalla città superano il 10%. In regione prevale la tendenza nazionale e cade anche la spiegazione fondata solo sulla povertà e il disagio. Nel cuneese, dove la disoccupazione è molto più bassa che a Torino e molti immigrati lavorano regolarmente, prevale lo stesso la destra; e chi protesta vota Cinquestelle.
C’è chi ha trovato una via d’uscita e chi no
Verso la fine di una riunione sull’immigrazione indetta dalla Cgil, aperta dalla relazione, equilibrata e informata, della Segretaria della Camera del Lavoro di Torino, con la partecipazione e gli interventi di molti immigrati, di varie provenienze e convinzioni, alla presenza del Prefetto e del Questore, è intervenuta una signora di una certa età, di aspetto dimesso che ha detto: "Sono una Oss di Pinerolo; ho 60 anni. Questo vuol dire che devo lavorare ancora sette anni. Ma io non ce la faccio più. Cosa volete da me? Che vada a lavorare col girello? I figli non trovano più lavoro. Io sono stanca. Perché tutti pensano ai problemi degli altri ma non ai miei? Ditemi cosa devo fare per mandare avanti me e la mia famiglia”. Non ha avuto risposte dirette, naturalmente. Ma l’intervento ha provocato un allungamento del dibattito, su problemi non emersi fino ad allora, e qualche imbarazzo, perché un intervento imprevisto ed emozionato ne provoca altri e le autorità si muovono con orari rigidi e non gradiscono gli slittamenti.
Ci si può chiedere: la Oss, iscritta alla Cgil, è venuta da Pinerolo, che non è in capo al mondo ma neppure dietro l’angolo, a una riunione che non la toccava direttamente, pensando di ascoltare in silenzio i problemi degli altri o pensava di trovare ascoltatori importanti per parlare dei problemi propri e prendere le distanze da ciò che il suo sindacato fa o non fa? E cosa fa davvero il suo sindacato oltre a tollera ...[continua]
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