mentre vi scrivo arriva la notizia di una prossima vaccinazione di massa contro il Covid in Marocco. Lo ha annunciato lo stesso sovrano Mohamed VI. Si tratterebbe di un vaccino testato nell’ambito dell’accordo di cooperazione siglato dal governo con il laboratorio cinese Sinopharm Cnbg. è stata concordata la fornitura di dieci milioni di dosi entro il 2020: visto che si inoculerà in due volte, si prevede coprirà cinque milioni di persone, con l’indicazione di privilegiare personale sanitario, amministratori, insegnanti, forze dell’ordine e ovviamente persone fisicamente più fragili.
Non smette di sorprendere il pragmatismo e la capacità decisionale del potere, di fatto nelle mani del monarca, per cui passa in secondo piano la politica di partiti e governo, balbettanti anche in questo nuovo scenario.
Il re non si è invece espresso direttamente sulla questione che tiene banco da ottobre nel mondo musulmano e non solo: almeno a partire dal discorso di Les Mureaux del presidente francese, nel quale Macron tracciava le linee di una nuova legge per il rafforzamento della laicità dello stato prevista in dicembre e dava la sua lettura della crisi epocale dell’Islam. Il brutale omicidio del professor Samuel Paty ha poi fatto precipitare gli eventi. Sull’onda emotiva Macron ha usato parole ancor meno diplomatiche nel ribadire l’opportunità di difendere la libertà d’espressione e molti giornali hanno desiderato mostrare la loro solidarietà ripubblicando le vignette su Maometto. Una reazione impulsiva che ha permesso all’attore principale del campo islamista e comunitarista, Erdogan, di emergere ulteriormente.
Il Marocco si è trovato tra due fuochi nella necessità da un lato di solidarizzare con l’amica Francia per quelle che sono ben presto diventate le diverse ulteriori vittime di un presunto “scontro di civiltà” e dall’altro di contenere la protesta naturalmente sviluppatasi anche sul suolo nazionale da parte dei tanti musulmani indignati per l’offesa al profeta. I comunicati del Ministero degli esteri prima e del consiglio degli ulema subito dopo hanno stigmatizzato necessariamente la riproduzione seriale delle vignette considerate offensive, senza per altro nominare il “colpevole”, la Francia o il suo presidente. Ci hanno pensato i cittadini, in massa, con l’hashtag #BoycottFrance rapidamente diffuso via internet con una certa efficacia: i prodotti francesi rimangono negli scaffali dei grandi magazzini, quando non vengono tolti dagli stessi commercianti più zelanti. Non è una pratica nuova, la Danone aveva già assaggiato l’amaro sapore dell’invenduto nel precedente efficace boicottaggio delle aziende “monopoliste” (acqua, idrocarburi e latticini). è solo parzialmente nuova l’assenza di rilievo giornalistico del fenomeno: non se ne parla, ma il boicottaggio è un fatto. Così come l’affermarsi della leadership di Erdogan nel mondo sunnita, nel quale è infatti percepito come paladino della dignità dei musulmani bistrattati e ingiustamente accostati al terrorismo quando in effetti ne sono le prime e più numerose vittime.
Nel tentativo improvvido di far dimenticare Ataturk ai turchi, il presidente turco mostra pure un’ambizione internazionale neo ottomana e di leadership politica e religiosa al contempo.
Essa è evidentemente mal digerita dal re del Marocco, lui sì Amīr Al-Mu’minīn, comandante dei credenti e dunque capo politico e insieme religioso, impegnato a sua volta nell’ampliamento dell’area d’influenza in Africa e nel tentativo di diffondere il suo islam moderato e controllato (una politica che sta dando i suoi frutti anche sul fronte mai chiuso del Sahara Occidentale, con l’apertura di diversi consolati a Layoune).
I rapporti tra i due paesi non sembrano pertanto sereni, come dimostrò la mancata visita di Erdogan in Marocco ad inizio anno. Mentre si va comunque consolidando l’interventismo economico e culturale turco anche qui: il diffondersi della catena Bim con prodotti turchi a buon mercato ne è solo un esempio. Nonostante la chiusura delle scuole Mohamed Al Fatih dell’ex compagno di strada di Erdogan, Gülen (chiesta al Marocco dal governo turco), mostra di avere successo l’Istituto turco Yunis Emre, che vede già un migliaio di iscritti. Anche il turismo è un esempio dell’attrattiva turca: i turisti marocchini in Turchia sono aumentati del 30% in un solo anno prima della crisi sanitaria. è nota inoltre la passione marocchina per le produzioni televisive anatoliche.
Il paese dal no ...[continua]
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