3 febbraio
Quando si antepone il bene della nazione all’“esercizio della democrazia” le lampadine rosse si accendono.

4 febbraio
Che errore quello di Mattarella di non “ricattare” il manipolo di guastatori con la minaccia delle elezioni per poi dover “ricattare” tutto il parlamento con la minaccia di immani catastrofi in caso di elezioni. E lo chiediamo ai costituzionalisti: è regolare l’“attivismo” del presidente inaugurato da Napolitano? Così non si dà ragione a chi lo vorrebbe eletto dal popolo? Attenzione poi, perché lo sfacelo dei Cinquestelle, tanto desiderato dai veri irresponsabili, e l’umiliazione di un Pd costretto a tutto in nome della responsabilità, può gettare le basi per un futuro ungherese-polacco targato Meloni.

5 febbraio
Beh, bisogna cominciare a pensare in positivo, dopo l’arrabbiatura. E forse bisogna ormai convincersi che è proprio la formula “centrosinistra” a essere cancerogena e che il quadro politico italiano dovrebbe diventare tedesco: non centrosinistra contro centrodestra, ma sinistra e verdi (questi comunque un poco trasversali) contro centro, con la destra isolata (sono i due paesi che hanno conosciuto il fascismo); all’occorrenza nazionale: “grande coalizione”. Allora, tenendo conto che in Italia tutto, rispetto alla Germania, è un po’ sgangherato: i Cinquestelle sono i verdi, il Pd, con il rientro di Leu, è l’Spd, la Lega, diventata di Giorgetti e rafforzata dall’entrata degli orfani di FI, è la Csu-Cdu, la Meloni è Alternative für Deutschland ed è fuori, Renzi è nessuno. Quindi: bravo Conte con il suo tavolinetto; bravo, speriamo, Zingaretti; bravo Giorgetti. Chissà che Draghi non possa servire anche a questo. Ovviamente: proporzionale, sbarramento al 5%, sfiducia costruttiva, rafforzamento del federalismo.

7 febbraio
Con questa storia del saper fare la stanno facendo veramente lunga. Da più di due secoli ci sono una destra e una sinistra e ci sono almeno due “saper fare”. Basta pensare al fisco. La sinistra, per motivi di giustizia prima di tutto, non può evitare di voler colpire i patrimoni, anche nella loro ereditarietà (Caffi diceva che non ti puoi dichiarare socialista se non neghi il diritto ereditario). Ma in concreto: adesso si parla di welfare universale, di welfare danese, ma chi lo pagherebbe? Non penseremo, vero, di poterlo finanziare con debiti garantiti dai lavoratori tedeschi? Allora? Ma pensiamo al problema del potere: “saper fare” in questo caso per la sinistra significa più poteri, al plurale, più decentramento, più partecipazione, andare, cioè, il più possibile verso il basso. Il contrario per le destre. Quindi la politica vagola nel due e l’idea del “tecnico” è vagamente totalitaria.
Diverso per la categoria dei giornalisti, dei commentatori, degli opinionisti, che hanno dimostrato, loro sì, la propria incompetenza, quando, accecati da pregiudizi e preferenze, hanno messo in mostra una partigianeria senza precedenti, parlando di catastrofe della politica, di incompetenza totale, eccetera, eccetera. Boh, Gualtieri e Conte hanno ottenuto il rispetto dell’Europa, oltre che i 200 miliardi, in fatto di Covid abbiamo operato meglio di tanti altri… Un giornalista della “Stampa”, nel voler distribuire pari responsabilità nello scontro fra Renzi e Conte, ha detto testualmente: “Capirete, se un Casalino ha detto che ‘avrebbero asfaltato Renzi’... poi io non so se la notizia sia vera o falsa, però è circolata”. Non sai se sia vera o falsa ma è circolata? (Viene in mente qualcuno: circola, circola e diventa vera…). Ma poi, anche fosse (del resto è verosimile, ma il verosimile che regna in politica dovrebbe essere invece bandito dal giornalismo) basta una frase per decidere che le responsabilità fra Conte e Renzi sono uguali? Ma non abbiamo visto cos’è successo? Conte all’improvviso è diventato un incompetente, un antidemocratico, uno che intrigava coi servizi, un amico di Trump, uno responsabile dei morti di Covid. Quasi nessuno dei commentatori si è azzardato a dire quel che milioni di “ignoranti” hanno pensato: che è stata una manovra per farlo fuori, premeditata ed eseguita a freddo, se non un vero e proprio complotto in combutta con altri. Ma certo non si può pretendere che questa ipotesi la faccia, e tenti di verificarla, un giornalista della “Stampa”.
Abbiamo sentito un eminente professore scagliarsi contro i politici con tale disprezzo e astio da farlo assomigliare all’avvinazzato di un quartiere di periferia (con tutto il rispetto per chi nelle periferie si spezza la schiena per tirare avanti e alla sera al bar se la prende coi politici). Poco tempo fa ebbe a dire in tv che è meglio un corrotto competente di un incompetente onesto. Beh, lui fa parte sicuramente di questi ultimi se non sa che la corruzione delle classi dirigenti può far cadere le democrazie e finanche le dittature. Da dove pensa che siano venuti i Cinquestelle? Ha visto cos’ha combinato Navalny con la foto di un maniero? Questi pensano che la gente stia lì immobile, ad aspettare, non le brioches, ma la soluzione di problemi. Per loro è tutta qui la politica, è tutta lì la vita, e le aspirazioni, della gente comune (ma non della loro, ovviamente). Pensare che nella vita ci sia il bisogno di “giusto” e di sentirsi attori, soggetti, protagonisti, per loro sono sciocchezze sentimentali.
Ma poi chi sarebbero i competenti? Quelli che hanno assistito Renzi nel suo tentativo di statuire la possibilità di fare un governo di legislatura con il 23% dei voti? Dopodiché, dopo il no, giù il diluvio di insulti verso un popolo ignorante, vittima della demagogia populista, eccetera, eccetera. Ma possibile che gli ingegneri della politica non si siano accorti della devastazione che il maggioritario, con il suo premio abnorme, ha provocato nel parlamento e nel paese? Ma ci vuole molto a capire che la legge elettorale ha a che fare con la storia di un paese, non con qualcosa di simile ai calcoli del cemento armato, quelli sì, uguali per tutto il mondo. Anche adesso, non l’abbiamo sotto gli occhi un parlamento completamente fuori fuoco rispetto al paese? Niente, alla parola “proporzionale”, continuano a strabuzzare gli occhi, scandalizzati. Verrebbe da chiedere: ma chi vi ha dato la laurea in politica?

9 febbraio
Il Pd dovrebbe scostarsi un poco più in là, a sinistra, per far posto, al centro, alla Lega. Pro bono della nazione (e, anche, pro domo nostra).

10 febbraio
Cosicché ora per Renzi i programmi non hanno più la precedenza, anzi, non contano proprio più nulla, quel che conta è l’uomo. Ormai Renzi è un libro aperto. Quando diceva che prima degli uomini venivano i programmi si poteva star certi che il suo unico obiettivo era far fuori l’uomo; quando ha detto che Conte non capisce la politica si può star certi che ai suoi occhi era diventato un buon politico; se diceva che “la bozza” faceva schifo si può star certi che temeva che fosse una buona premessa (come del resto l’aveva giudicata l’Europa); se continua a dire che i Cinquestelle non sono affidabili è perché teme che lo siano diventati fin troppo e che possano fargli concorrenza in quel centro tanto agognato. Del resto la frase “stai sereno” è ormai gergale e se non ci è già finita, nel dizionario Treccani, ci finirà. Quello che resta un mistero è il trattamento di favore di cui continua a godere da parte della maggioranza dei commentatori, prodighi invece del peggior sarcasmo per Casalino, vittima di un vero e proprio linciaggio mediatico, per i parlamentari dediti al mercato di se stessi, per un premier trattato come un “imbucato”, per la “farsa” del Rousseau. Nulla, o quasi, per il Nostro, che, uscendo dal colloquio col Presidente, quindi dal Quirinale, inscena un comizio distribuendo insulti a questi e a quelli (la qual cosa, dal punto di vista del galateo istituzionale è ben più grave dell’inno nazionale suonato e accompagnato da balli sguaiati al Papeete), o per essere andato, a pagamento, lui senatore della Repubblica, a rendere onore al dittatore di uno dei paesi più oscurantisti del mondo, mandante dell’assassinio del dissidente democratico, un crimine la cui efferatezza resterà nella storia. E questo nel pieno, in Italia, di una crisi politica drammatica provocata da lui stesso e di una crisi sanitaria tragica. (Detto fra parentesi, a proposito di “capire la politica”: questo è stato uno straordinario capolavoro di stupidità politica).

13 febbraio
Non solo siamo molto ignoranti in fatto di Costituzione ma non siamo neanche sicuri di aver capito bene cosa ci ha spiegato il costituzionalista: veramente il presidente può incaricare di fare il governo chi vuole, senza consultazioni (una consuetudine non prevista dalla carta) e quindi può decidere di sciogliere le Camere in presenza di una crisi di governo senza verificare la presenza o meno di una maggioranza? (Del resto come potrebbe farlo se non consulta nessuno). Quindi il presidente non sarebbe vincolato al parlamento? Oppure se in parlamento non ci fosse una maggioranza ma lui non volesse far votare i cittadini, potrebbe rifiutarsi di sciogliere le camere e  rivolgersi direttamente al paese (casomai prefigurando ogni tipo di calamità in caso di elezioni) e quindi incaricare un Pinco Pallino di sua fiducia? (A proposito: non s’è sentito alcun giudice dell’Inquisizione antipopulista esprimere qualche dubbio?). Che dire: mai avremmo immaginato che il nostro presidente avesse un tale potere, essendo per di più eletto per sette anni, essendo rieleggibile ed essendo eletto, dopo la terza votazione, solo a maggioranza assoluta da un parlamento casomai eletto con sistema maggioritario spinto. Immaginiamoci cosa potrebbe fare un Trump nostrano. Ma siamo ignoranti e speriamo di aver capito male.

15 febbraio
Ci risiamo coi maggioritaristi e noi ci ripetiamo: se sei a un tavolo di poker, un gioco duro in cui puoi perdere anche la casa, i giocatori li puoi anche odiare, ma ti devi assolutamente fidare che non bareranno, così come ti devi fidare della neutralità dei gestori della bisca; altrimenti il tavolo rischia di saltare e, addirittura, di lasciar posto alla violenza. Se non ti fidi, se non ci si fida di nessuno (perché c’è stato il fascismo, perché ci sono stati i comunisti che ubbidivano a Mosca, perché ci sono stati i democristiani che ubbidivano al Vaticano e all’America, perché Berlusconi è Berlusconi, perché Salvini è uno xenofobo e un razzista, perché i democratici sono sempre dei comunisti, perché Renzi è un avventuriero, perché la Meloni viene da dove viene, eccetera, eccetera) giochiamo a scala quaranta che è meglio. Lì, nel proporzionale, dove non rischi la casa, la diffidenza si stempera e il tavolo è salvo.

25 febbraio
Sentire Veltroni l’altra sera difendere tutte le scelte fatte nel rifondare il partito, il famoso partito “a vocazione maggioritaria”, un partito che ha subìto due scissioni, che è ridotto ad aver meno voti della Lega e fra un po’ ad averne meno anche del nuovo Movimento sociale, fa pensare che l’autobiografia sia una vera maledizione che ci colpisce con l’età. Fare il partito democratico invece del partito socialdemocratico, buttar via tutto (non solo, di dovere, il comunismo, ma anche la gloriosa tradizione socialista democratica) pur di non dover rinnegare la storia del Partito comunista italiano e riconoscere che “Saragat aveva ragione”, il tutto, poi, per continuare a cercare l’unione fra post-comunisti e post-democristiani in odio ai socialisti, è stata una scelta altrettanto disastrosa di quella, precedente, di aver voluto piegare una grande questione nazionale come la corruzione a battaglia di parte, con un calcolo cinico e, per di più, e giustamente, del tutto sbagliato. Berlusconi, i dirigenti del partito dei lavoratori dalle scarpe fatte a mano, i lavoratori della Cgil che vanno a votare Lega, Renzi e il suo riformismo da irrevocabilità del disciplinare, il radicamento del partito ai Parioli e della Meloni in periferia, eccetera, eccetera, tutto viene da lì. A riprova, anche, che senza una tradizione si vive male e si va a finir male.