il sacrificio del digiuno del Ramadan, volto tra l’altro alla condivisione con chi soffre, potrebbe aumentare la sensibilità della popolazione del Marocco verso la disperata situazione in cui versano alcuni detenuti in sciopero della fame nelle carceri del paese. Il caso più grave pare quello di Mohamed Lamin Haddi, militante saharawi arrestato ancora nel 2010 in relazione allo sgombero di Gdeim Izik, la protesta che ha probabilmente segnato l’inizio delle primavere arabe e ha significato il carcere duro per molti militanti della causa del Sahara Occidentale. Il suo sciopero della fame è cominciato a metà gennaio e desta particolare preoccupazione. Più conosciuti sono i casi dei giornalisti indipendenti “incastrati” in inchieste che potrebbero essere generate ad hoc, Omar Radi e Soulaiman Raissouni, essi stessi in sciopero della fame dall’inizio di aprile per protestare contro una lunga carcerazione preventiva e chiedere un processo equo. Non vanno dimenticati blogger e militanti di Hirak, il movimento di protesta del Rif, che stanno scontando pene pesantissime. Sono infatti molti i casi segnalati dalle organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani, che paiono però avere eco più all’estero che nella stampa nazionale, causando invece sempre più difficoltà nelle relazioni delle organizzazioni stesse con le autorità marocchine. Nella rassegnazione in cui sembra situarsi il popolo marocchino, l’indignazione prevale per i fenomeni di corruzione sistemica con cui chiunque deve fare i conti direttamente, in una società in cui ogni potere può pretendere un riconoscimento, bakshish, piccola o lauta mancia, per chiudere un occhio o semplicemente anche solo fare il proprio dovere amministrativo. Anche per questo penso resista l’attrattiva dell’emigrazione verso paesi più democratici, dove tutto funziona meglio e vi è un maggiore rispetto dei cittadini nei loro diritti e nella loro dignità. Così il mito dell’Europa, nonostante la crisi economica e il conseguente minore appeal, non si riduce proprio a fronte del peggioramento delle condizioni delle fragili o inesistenti democrazie ai suoi confini, dalla Turchia al Marocco passando per situazioni ben peggiori come quelle che si vivono in Egitto, Libia… La Francia, meta e riferimento privilegiato dei marocchini, offre contestualmente una lettura critica e diversa, affrontando come sta facendo una vistosa crisi del suo universalismo repubblicano. Le contraddizioni della legge sul separatismo religioso fortemente voluta da Macron, insieme all’insorgere di un attacco ideologico contro quello che in maniera direi grottesca viene definito l’islamogauscisme, mostrano un paese, e forse con esso un continente in crisi di identità, incapace di assumersi la responsabilità del passato e la presenza nel suo territorio di una grossa fetta di popolazione di religione islamica. Le correnti critiche, che vanno guadagnando spazio a partire dagli Stati Uniti, spingono gli studi scientifici ad assumere forme di militanza in cui si prendono di mira soprattutto gli studi di genere, femministi intersezionali e della decolonialità.
Si tratta di un feroce attacco da parte delle destre, ma anche da parte di importanti frange del governo francese, che paiono addirittura riportare alla memoria gli attacchi al giudeo bolscevismo di tanto tempo fa.
Non mi sembra nuova questa pretesa di neutralità delle scienze che nasconde in realtà ideologia nell’intenzione stessa di smascherare quelle contrarie; se ne sentono echi abbastanza rumorosi anche in Italia. Nonostante tali attacchi e le politiche che tendono a marginalizzare se non a criminalizzare posizioni di tolleranza verso l’islamismo, riscontro che i cittadini marocchini residenti all’estero continuano in genere a sentirsi più riconosciuti e protetti dalle società dei paesi dove hanno scelto di vivere, piuttosto che in quello d’origine: il confronto è probabilmente impari. Ma è altrettanto vero che la fobia dell’Islam, che si è diffusa per lo meno da vent’anni a questa parte, non ha fatto che emarginare e cronicizzare forme di identità e comunità dell’islamismo stesso, favorendo di fatto l’estremismo laddove ha prevalso troppo spesso una politica di abbandono e assenza. Parlo ovviamente delle periferie urbane come di giovani con minori prospettive e pochi riferimenti ideali alternativi alla fin troppo comprensibile parabola offerta da certo fanatismo. Lo dice chiaramente anche il presidente francese Macron, ...[continua]
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