già più di una volta vi ho parlato di Sebta (Ceuta), l’enclave spagnola a nord del Marocco, che insieme a Melilla, le isole Chafarinas e alcuni speroni rocciosi lungo la costa mediterranea del paese narra della storia di conquiste e colonizzazioni che queste terre africane hanno subito per molti secoli. Vi è un fascino decadente in questi frammenti del passato colonialismo spagnolo in terra magrebina, come quando ci si tuffa all’ombra del Peñon de Velez de la Gomera, a nord di Al Hoceima: se ci si avvicina troppo al cordoncino blu tirato alla meno peggio dai militari spagnoli di stanza al Peñon sulla spiaggia della costa, ci si sente urlare in castigliano di allontanarsi immediatamente dalla presunta frontiera con la Spagna. Salvo veder poi gli stessi militari nell’orario di riposo giocare liberamente a pallavolo nella spiaggia marocchina.
Sebta e Melilla sono fenomeni molto più complessi e rappresentano frontiere davvero difficili e non a caso spesso mortifere (sempre meno, ovviamente, delle improvvise onde dello Stretto di Gibilterra, o di quelle ancora più insidiose dell’Atlantico per chi si avventuri verso le Canarie alla ricerca di una nuova vita). Così è stato per uno dei quasi diecimila Harraga (clandestini, coloro che bruciano i documenti) che hanno tentato la sorte approfittando del lassismo della dogana marocchina: uno di loro, per sfuggire alla Guardia Civil spagnola, è annegato. È famosa ormai l’immagine del pargoletto salvato da un poliziotto nelle acque ancora fredde dello Stretto. Essa è il simbolo del dramma vissuto da migliaia di persone tra il 17 e il 18 maggio scorsi. Dramma che ha scatenato l’indignazione dell’Europa, e pure forse la sorpresa, a fronte di un atto provocatorio se non ostile da parte di una paese considerato affidabile e amico.
La causa del lassismo alla frontiera andrebbe imputata alla stanchezza del dopo festività del Ramadan, secondo le forze dell’ordine del regno e dello stesso ministro degli esteri marocchino Bourita. Il quale, oltre a dare questa inconsistente spiegazione, non nasconde però il suo pensiero: in un quadro di partenariato non si può pretendere lealtà dall’alleato, senza offrire altrettanto.
Il riferimento è alla crisi diplomatica scatenata dall’ospedalizzazione del leader del Polisario Brahim Ghali in Spagna per una grave infezione da Covid, avvenuta in aprile e in forma segreta. Alla luce di tutto questo l’apertura improvvisa della frontiera di Sebta da parte marocchina si configurerebbe come una ritorsione e insieme una minaccia per il comportamento spagnolo. Se pare certo ad occhi europei che il regno marocchino abbia superato la misura, tenendo conto di precedenti ospedalizzazioni di leader del Polisario in Spagna, tra l’altro dettate ovviamente da motivi umanitari, non gioca però a favore del governo iberico l’aver agito in segreto, seppure “segreto di pulcinella”.
In questa brutta questione entrano altri fattori, non secondari. Essa si inserisce sulla scia di altre crisi, con governi spagnoli anche di colore opposto, come quello di Aznar al tempo della crisi di Leyla/Perejil, l’isolotto roccioso a due passi dalla costa marocchina e facente parte tra altri delle cosiddette “Plazas de soberania”. Tale crisi trovava il movente principale nelle occupazioni spagnole decisamente inattuali di parti della costa marocchina. Ma non bisogna dimenticare quanto conti ancora oggi e forse più di prima il nazionalismo in Marocco. L’aria che si respira nel regno dal punto di vista della libertà di pensiero su alcuni temi come sappiamo è pesante: alcuni principi sono considerati indiscutibili da praticamente tutte le forze politiche presenti in parlamento e non emergono posizioni diverse nella stampa nazionale.
Uno di questi principi è l’integrità nazionale, per cui il Sahara occidentale è marocchino e le enclavi spagnole dovrebbero pure tornare ad esserlo. Si tratta di un nazionalismo aggressivo, che potrebbe non giovare diplomaticamente al regno. Un nazionalismo che pare godere di forte consenso interno e internazionalmente, grazie alle abili politiche irredentiste del regno, sembra trovare sempre maggiore sostegno, soprattutto dopo la scelta del presidente statunitense Trump di riconoscere la sovranità marocchina del Sahara e la sostanziale conferma della nuova amministrazione Biden.
Nell’enclave di Ceuta i cittadini di origine marocchina soffrono invece della forte spinta a destra che l’azione nazionalista del Marocco ha ulteriormen ...[continua]
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