“Patriottismo”, secondo me, significa attaccamento ad un luogo particolare e ad un certo modo di vivere, che si reputa essere il migliore al mondo, senza volerlo imporre ad altri. Il patriottismo è per sua natura difensivo, sia militarmente sia culturalmente. Il nazionalismo, al contrario, è inseparabile dal desiderio di potere. Lo scopo costante di ogni nazionalista è guadagnare sempre più potere e prestigio non per sé, ma per la nazione o unità alla quale ha scelto di sacrificare la propria individualità.
(Appunti sul nazionalismo)
Il pacifismo è oggettivamente filofascista. Questo è elementare buon senso. Se si ostacola lo sforzo bellico di una parte si aiuta automaticamente quello dell’altra. Né esiste un modo reale per rimanere fuori da una guerra come quella attuale. In pratica, “chi non è con me è contro di me”. L’idea che si possa in qualche modo rimanere estranei e superiori alla lotta, pur vivendo con il cibo che i marinai britannici devono rischiare la vita per portarci, è un’illusione borghese nata dal denaro e dalla sicurezza. Savage osserva che “secondo questo tipo di ragionamento, un pacifista tedesco o giapponese sarebbe ‘oggettivamente pro-britannico’”. Ma certo che lo sarebbe! Ecco perché le attività pacifiste non sono permesse in quei Paesi (in entrambi la pena è, o può essere, la decapitazione), mentre sia i tedeschi che i giapponesi fanno di tutto per incoraggiare la diffusione del pacifismo nei territori britannici e americani. I tedeschi gestiscono persino una falsa stazione di “libertà” che diffonde una propaganda pacifista indistinguibile da quella del Ppu. Se potessero, stimolerebbero il pacifismo anche in Russia, ma in questo caso hanno tipi più difficili da affrontare. Nella misura in cui ha effetto, la propaganda pacifista può essere efficace solo contro quei Paesi in cui è ancora consentita una certa libertà di parola; in altre parole, è utile al totalitarismo.
(“Partisan Review”, 1942)
Tomba di Eric Arthur Blair, vero nome di George Orwell
Sutton Courtenay, Oxfordshire, Regno Unito