Bruno Romano, operatore, è coordinatore delle attività riabilitative del Centro Diurno.

Puoi raccontarci del lavoro che avete svolto nel quartiere…
Noi siamo partiti dalla constatazione che questa comunità, il rione “Sanità”, è un luogo a rischio, con grandi difficoltà, ma anche con grandi risorse. Come prima cosa, quindi, abbiamo cercato di monitorare questo luogo rispetto alla dimensione associativa -qui l’associazionismo è anche lotta e speranza- dopodiché abbiamo contattato associazioni, parrocchie e quant’altro esisteva nel quartiere. Volevamo far sì che questo posto, tradizionalmente deputato alla cura del disagio, fosse continuamente attraversato dalla comunità per poter spostare all’esterno, nel territorio, il baricentro dell’intervento.
Alla base c’è infatti la promozione di un’idea di salute mentale che non sia appannaggio degli specialisti (non ci piace la parola psichiatria e siamo per la sua dissoluzione) ma vada intesa come “ben essere” delle persone e come questione sociale, che quindi riguarda tutta la comunità. L’intervento è perciò caratterizzato da molti fattori tesi a creare una serie di opportunità, tramite la costituzione di una rete associativa con la quale condividere idee e progetti.
Voi avete anche una squadra di pallavolo. Perché considerate lo sport così importante?
Perché aiuta a combattere quella immobilità, quel muro di solitudine che di solito si crea quando si soffre di disagio psichico; in più, fornisce una possibilità di gioco che aiuta a polverizzare i ruoli e a eliminare le distinzioni tra persone seguite dal servizio e “gli altri”; infatti la nostra squadra di volley è composta sia di utenti del Centro Diurno che di persone esterne, che nulla hanno a che vedere con la salute mentale e che si sono avvicinate alla nostra proposta proprio per fare sport.
Addirittura, fuori di qui, la gente non sa nemmeno che tra i giocatori ci sono utenti del servizio. Per ribadire questo, ci siamo immessi in un circuito esterno al contesto psichiatrico, iscrivendoci a un campionato normale, della Uisp, col quale partecipiamo anche a tornei internazionali.
Tra l’altro, anche questa proposta è stata di traino per il quartiere perché abbiamo ridato vita a gruppi sportivi che altrimenti languivano.
Il primo campionato è stato, per così dire, una provocazione: nessuno sapeva che venivamo da un Dipartimento di Salute Mentale e ovviamente al primo incontro abbiamo perso. Ma in realtà abbiamo anche vinto, perché abbiamo creato un’occasione di integrazione vera e abbiamo dato un’opportunità informativa.
La battaglia più importante, infatti, è quella di fornire alla gente un minimo di informazione e di conoscenza sul problema della sofferenza psichica che vada al di là del concetto di malattia mentale come ineluttabile. Infatti, di solito la maggioranza dei non addetti ai lavori ha una concezione della sofferenza mentale molto deformata e piena di stereotipi.
La nostra, poi, è una squadra mista, e questo aiuta a superare la storica esclusione delle donne dagli sport di squadra, soprattutto quando vengono usati a fini riabilitativi: di solito si creano squadre di calcio o calcetto, che sono tradizionalmente appannaggio maschile. Inoltre la pallavolo è uno sport ad elevato valore simbolico: è uno sport di squadra, dove la capacità del singolo è a disposizione del gruppo; e poi c’è la palla che prende il valore di oggetto di scambio, e una rete tra i territori delle due squadre, che in qualche modo assume una valenza protettiva. Infine ci sono delle regole, una dimensione dello spazio e del tempo circoscritte, una grande cavalleria, tutti elementi che hanno una forte funzione psico-educativa.
Adesso -l’attività è iniziata nel 1999- ci siamo legati all’Anpis, l’Associazione Nazionale delle Polisportive. Inoltre quando giochiamo in trasferta, ne approfittiamo per andare a visitare siti di rilevanza culturale; per esempio, a breve, dovendo giocare a Caserta, visiteremo anche le seterie di San Leucio.
Insistete molto sulla dimensione culturale. Questo perché è più facile intervenire in questo settore oppure perché la proposta culturale gratifica maggiormente l’utente che si avvicina al Centro?
Uno dei motivi più importanti è che noi qui siamo già in un sito importante, di grande storia e cultura. Il rione Sanità è quello che ha dato vita alle commedie di Eduardo, quindi c’è una dimensione creativa e artistica importante.
Il Centro, ad esempio, è collocato in un antico conve ...[continua]

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