Don Achille Rossi. Ciò che emerge dalla lettura di questo testo è che Illich alla fine individua nella perversione del cristianesimo ciò che dà origine alla civiltà moderna, o meglio al deragliare dell’Occidente. Questo mi ha colpito perché ne La convivialità, Nemesi medica, Descolarizzare la società, c’è un discorso sulla civiltà occidentale complessiva, qui invece... Già, a suo tempo, parlando, gli avevo detto: “Mi interesserebbe sapere come tu te la cavi con i discorsi che fa Panikkar”. L’ultima volta che era andato a Barcellona, Illich in effetti aveva cercato un colloquio con Panikkar, ma in quel periodo lui non era a casa, o non aveva tempo, insomma si erano dati un appuntamento per un’altra occasione, ma poi non c’è più stato tempo…
Mi sembra interessante questo aspetto: Illich fa la critica della perversione del cristianesimo all’interno della civiltà occidentale mentre Panikkar parla di superamento della civiltà occidentale alla luce dell’emergere di un contesto diverso, segnato dall’interculturalità. Insomma, da una parte c’è un analista dell’occidente che scava a fondo e dall’altra c’è uno che dice: “Questo occidente, comunque sia, ha dato grandi cose, ma ora bisogna guardare anche in altre direzioni…”. Ecco, mi sarebbe piaciuto indagare questo rapporto, tanto più che i due si conoscevano molto bene e credo che avessero un interesse reciproco.
Infatti, io la prima volta mi sono presentato a Ivan Illich con il biglietto da visita di “conoscente di Panikkar”. Gli avevo chiesto un’intervista. Allora non sapevo che non le rilasciasse. Ricordo che mi fece mettere lì a Palazzo Vitelli, nell’atrio, c’erano un centinaio di persone e io mi vergognai come un cane. Lui disse: “No, no, ma facciamo un discorso collettivo”, e allora mi misi lì col registratore in mezzo al cerchio. “Che vuoi sapere?”, e allora gli feci alcune domande sulle sue critiche alla civiltà dell’occidente e lui cominciò a parlare della perversione, dunque erano argomenti che aveva in mente da lunghissimo tempo. Non erano solo frutto degli ultimi pensieri. E credo che su questo abbia influito anche la sua vicenda con la Chiesa.
Wolfgang Sachs. Non ne sono così sicuro. Certo l’esperienza personale conta sempre, però se mi ricordo bene, uno dei suoi primissimi articoli, The Vanishing Clergyman, scritto nella metà degli anni 60, offriva già l’idea di fondo della sua critica alla modernità, in quel momento ancora velata, nascosta nella sua critica alla Chiesa. Voglio dire, la critica alla Chiesa in realtà, a mio avviso, prefigura la critica alla modernità. Tant’è che tante categorie sono già presenti e per un’interpretazione più approfondita si dovrebbe tornare a quest’articolo e vedere se già lì ci sono riferimenti alla problematica più grande o se si tratta solo di una problematica ecclesiastica. Comunque, vista in retrospettiva, è chiaro che l’impostazione del pensiero c’era, ma limitata all’ambito della critica alla Chiesa.
Forse vale la pena dire due parole su questa “vicenda con la Chiesa”.
Wolfgang. Negli anni ’60 Ivan è stato visto in qualche modo come esponente dell’inizio del movimento della Teologia della Liberazione, delle spinte emancipatorie dell’America Latina, anche della guerriglia -Camillo Torres era un suo amico. Insomma era considerato uno dei rappresentanti di una Chiesa in ribellione.
Questo per lui ha voluto dire vivere sotto il fuoco incrociato della Chiesa ufficiale (sotto il profilo politico e disciplinare) e anche da parte dei servizi segreti americani in quanto potenziale sovversivo. Queste forze hanno cercato di marginalizzarlo, isolarlo, con l’intenzione di espellerlo dal Messico. Non ci sono riusciti. Però a un certo punto l ...[continua]
Esegui il login per visualizzare il testo completo.
Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!