Bruno Ravasio è segretario generale della Cgil della Brianza.

La zona della Brianza è una realtà con delle precise peculiarità rispetto alla Lombardia nel suo complesso…
La Brianza è caratterizzata da un tessuto produttivo che sotto certi aspetti richiama un po’ quello del nordest, nel senso che è diffusissima la piccola e piccolissima impresa, e l’artigianato. Però la Brianza ha anche alcuni aspetti specifici, perché c’è ancora una presenza della grande azienda, e di molte multinazionali, fonte di problemi non indifferenti, perché è iniziato un processo di localizzazione. Noi, ad esempio, abbiamo fatto un accordo con la Philips che si è trasferita da Monza in Polonia perché il costo del lavoro in Polonia è un ottavo rispetto a quello di Monza e siamo riusciti, grazie all’azione del sindacato, a imporre alla multinazionale di pagare un prezzo sociale di 50 miliardi, da mettere a disposizione per reindustrializzare l’area. Il problema però rimane, perché rischiamo di averlo anche con le altre 72 multinazionali che sono presenti sul territorio di Monza e della Brianza. Va anche detto che l’artigianato brianzolo è un po’ diverso da quello del nordest, perché ha più tradizioni, e quindi si è qualificato anche per il prodotto, non ha puntato solo sulla svalutazione della lira. Quindi direi che c’è un tessuto produttivo che tiene maggiormente rispetto al nordest, anche se la frantumazione della grande azienda e la scomposizione dei rapporti sociali hanno consentito una penetrazione leghista, che tra l’altro ha conquistato alcuni comuni della Brianza, anche importanti, tra cui Monza che è ad amministrazione leghista. La Lega, poi, è tanto più forte quanto più si allontana dal centro, per questo è soprattutto una realtà di provincia. Qui ha conquistato interamente le vallate del bergamasco, come pure Bergamo o la stessa periferia, che erano zone prima tipicamente democristiane. Il crollo della Dc ha liberato tutta una base sociale che ora si sente orfana. Quindi non è solo la paura del futuro che crea questa incertezza e questa chiusura corporativa, c’è anche nostalgia del passato.
Se questo è lo scenario, il sindacato come intende muoversi?
Qui, anche in preparazione della manifestazione del 20 settembre, abbiamo programmato una campagna di assemblee e nel corso delle prime la reazione degli operai è stata tutto sommato positiva, ho avuto solo il caso di una assemblea dove, quando ho parlato della Lega e della necessità di contrastare il disegno secessionista della campagna d’odio che sta facendo nei confronti del sindacato, un paio di lavoratori si sono alzati e sono andati via. Io comunque sono abbastanza ottimista; l’invito a bruciare le tessere sembra aver proprio fatto scattare nella gente un senso di indignazione che magari prima non c’era. Certo queste assemblee e la stessa manifestazione del sindacato sono un atto molto coraggioso e insieme anche rischioso, perché c’è la possibilità che parte dell’elettorato leghista che è iscritto alle organizzazioni sindacali, si tolga. Però per fortuna che si muove. In fondo l’anno scorso, quando la Lega ha fatto la sua manifestazione, lanciando la parola d’ordine della secessione, è scesa in piazza solo Alleanza Nazionale. Per il momento, almeno per quello che registro nelle assemblee, non c’è tensione, c’è attenzione e credo che ci sarà una buona partecipazione alla manifestazione. Non c’è dubbio comunque che la Lega cerca di premere su istinti antisindacali che sono stati sempre presenti, solo che prima non venivano espressi, adesso invece si cerca di dar loro voce e corpo, rappresentandoli. Quello che sta tentando di fare Bossi è porre come vincolo la non doppia appartenenza, la Lega o il sindacato. Però allo stato attuale dei fatti posso prevedere che non avrà un gran successo in questa direzione. Mi preoccupa molto di più invece la possibilità che questa campagna faccia parte di un disegno organico che cerca di attaccare un elemento di solidarietà nazionale, come il sindacato, per portare un altro mattone sulla strada della secessione.Credo infatti che il fenomeno della Lega sia stato ampiamente sottovalutato: dai partiti, che hanno analizzato il fenomeno della Lega più nell’ottica del recupero e dell’assorbimento dell’elettorato che la Lega esprimeva, che come fenomeno sociale di lettura e potenzialmente eversivo fin dalle origini. In qualche misura è stato sottovalutato anche dal sindacato, almeno fino ad una certa fase, perché il tentativ ...[continua]

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