Si è da poco concluso il termine per regolarizzare lavoratrici domestiche e assistenti familiari, con un esito, tra l’altro, molto al di sotto delle aspettative. Che valutazioni possiamo trarre?
Alberto Bordignon. Alla vigilia del provvedimento, l’Irs, Istituto per la Ricerca Sociale, aveva stimato in circa ottocentomila unità le lavoratrici irregolari afferenti al lavoro domestico. Di queste si prevedeva che almeno seicentomila sarebbero state regolarizzate. In realtà siamo arrivati a poco sotto i trecentomila. Per questo si è parlato di un flop della sanatoria, di una regolarizzazione non compiuta.
C’è stata anche questa novità di aprire una finestra esclusiva per il lavoro domestico, premiando un solo settore del mercato del lavoro, che è stata molto criticata.
In realtà a mio avviso questo risultato è stato coerente con le premesse, nel senso che i requisiti di ammissione prevedevano intanto un soggiorno nel territorio della lavoratrice di almeno sei mesi. Il costo poi era significativo perché era prevista una quota forfettaria di cinquecento euro per i mesi pregressi, con la conseguenza che appena regolarizzato il rapporto di lavoro occorrerà sborsare una quota analoga per i mesi di luglio, agosto e settembre. Per cui, di fatto, si partiva con una "salita” di mille euro.
Non solo, la regolarizzazione poteva innescare dinamiche impreviste, nel senso che la badante, una volta "sanata”, se era in quella casa da un anno o due (teniamo presente che una quota delle domande fatte a dicembre 2007 non è ancora stata evasa) legittimamente, da un punto di vista formale, poteva rivendicare le ferie, la tredicesima, il Tfr e gli scatti di anzianità fino a due anni prima. Di fronte a quest’eventualità molte famiglie sono andate in crisi.
Va detto che la procedura è stata più semplice del famoso click day, ma molto faticosa sul piano dell’acquisizione di informazioni. Tanto più che queste sono decisioni che vengono prese da tutta la famiglia, dai fratelli, dai figli, e non è facile trovare un punto di intesa per tutti, soprattutto in un orizzonte economico come quello attuale.
Legislativamente molte cose non erano chiare. Alcune famiglie temevano di operare di fatto un’autodenuncia. Ad esempio, la legge dice che non sono ammesse alla regolarizzazione le persone segnalate Schengen. Dopodiché in tutte le interviste i rappresentanti del governo hanno tentato di rassicurare sul fatto che, se la segnalazione Schengen era avvenuta all’insaputa del datore di lavoro, non c’era da temere. Per quanto mi riguarda, la legge dice un’altra cosa, comunque…
Insomma tanti dubbi, tant’è che molti hanno deciso solo l’ultimo giorno. Noi abbiamo avuto l’esperienza di persone che sono venute ripetutamente, prima un pezzo di famiglia, poi un altro pezzo, poi la badante che intanto si innervosiva per l’attesa.
Alla fine qualcuno ha deciso, magari a malincuore, non sereno, di procedere con la regolarizzazione; altri hanno deciso di non farla, e sono nate delle tensioni con le lavoratrici. Dei casi che abbiamo seguito, nessuna lavoratrice ha denunciato, però ci sono stati vari problemi.
Comunque, per concludere, mentre nelle altre sanatorie c’era la sensazione che svuotassero in buona parte il bacino della clandestinità, questa volta c’è la netta certezza che ciò non sia avvenuto.
Rischiamo di diventare un paese con una fascia di popolazione -e una fascia di mercato del lavoro- che resta nella clandestinità. E purtroppo questa fascia di popolazione semivisibile è consistente. Cioè se è vero che le lavoratrici domestiche da sanare erano ottocentomila, dobbiamo dedurre che solo sul lavoro domestico oggi mezzo milione di persone sono irregolari. Poi c’è tutto il resto.
Ma il punto è che all’indomani di questa sanatoria, ci ritroviamo nell’assistenza alla persona, cioè in un lavoro che tutti riconosciamo come socialmente utile, mezzo milione di clandestini. E adesso si tratterà di decidere se fare la faccia dura anche di fronte a situazioni penose, adottando un approccio di fatto autolesionista, o procedere all’italiana, mantenendo cioè le norme rigorose, ma senza applicarle troppo.
Dicevi che c’è stata una battaglia anche sul tipo di contratto con cui assumere badanti…
Alber ...[continua]
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