In tutta Europa si sta dibattendo su quali sono i requisiti di un sistema sanitario appropriato ai bisogni di una popolazione che invecchia e sostenibile sul piano economico.
Paola Pessina. In Lombardia, come in generale nei paesi sviluppati, l’80% della spesa sanitaria viene assorbita da pazienti cronici, anziani, fragili. Il tema del paziente anziano, del paziente cronico, è per elezione il luogo dove si gioca la connessione tra l’ambito sanitario e l’ambito amministrativo-politico, che è quella che consente o meno di rendere efficiente il tutto. In tutte le linee guida ci viene spiegato che, ad esempio, il rapporto ospedale-territorio, il rapporto degenza e post-degenza rappresentano anelli cruciali.
All’epoca in cui ero sindaco di Rho, sono stata anche presidente della conferenza dei sindaci di Asl Milano 1. Da anni è in vigore la scelta drastica di non mettere amministratori nei posti di direzione della sanità: era sembrata a suo tempo quella più opportuna, anche proprio per sterilizzare il lobbismo politico sulla sanità (che è uscito dalla porta per poi rientrare tranquillamente dalla finestra!). Comunque, se una volta i sindaci erano coinvolti nelle Ussl (unità socio-sanitarie locali), oggi le Asl (Aziende sanitarie locali) hanno invece una direzione regionale che dovrebbe essere selezionata in base alla competenza specifica e al merito professionale.
Questa scelta, che pur ha avuto indubitabili effetti positivi, di fatto rischia però di portare a un deficit nel raccordo tra il sistema sanitario e il territorio. In qualche modo il sistema sanitario tende infatti a essere autoreferenziale o comunque a far prevalere gli elementi legati ai fattori clinici o ai fattori economici di tipo sanitario e a sovrapporli al territorio. Mentre la presenza di amministratori, o comunque di chi conosce le specificità e le opportunità, l’offerta del territorio, negli organismi di decisione, consentirebbe alla rete di essere più capace di arrivare direttamente sul bisogno.
Oggi, invece, quello a cui assistiamo è una dialettica in cui ciascuno dei due sistemi fa i conti con le risorse di cui dispone e tende a risparmiare il più possibile, con l’effetto paradossale di due sistemi che entrano in concorrenza o addirittura diventano antagonisti quando in realtà l’oggetto è il cittadino che ha un bisogno di salute che deve essere saturato.
Cosa vuol dire che sono concorrenti? Appunto che ciascuno guarda innanzitutto al suo bilancio e allora quando c’è da fornire un servizio "border line”, nello specifico tra il socio e il sanitario (che è proprio il crinale su cui si situa il bisogno dei cronici, non solo anziani), si tende ad addossare l’onere all’altro soggetto.
La situazione non migliorerebbe certo ricollocando amministratori locali a organizzare direttamente le aziende sanitarie: si pensi solo al fatto che oggi ogni sindaco vorrebbe il suo ospedale e con il numero massimo di posti letto, come fosse questo l’unico indicatore del fatto che la salute nel suo territorio sia presidiata…
Non è questo, evidentemente, l’obiettivo: mi sembra che ora più che mai occorra marciare colloquiando, concordando una linea e prevedendo anche la messa in comune delle risorse che sono comunque scarse sia da una parte che dall’altra.
Il modello lombardo è caratterizzato dalla presenza di un mix di erogatori ospedalieri pubblici e privati e da una certa enfasi sulla libertà di scelta del cittadino attraverso il sistema dei voucher. Potete spiegare?
Paola. Io ho l’impressione che la Lombardia sia davvero un laboratorio interessante, da guardare senza pregiudizi e anche tenendo c ...[continua]
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