Come sindacato della funzione pubblica, state facendo un esperimento interessante di "contrattazione di sito”. Puoi raccontare?
È un progetto che seguiamo da un paio d’anni e che ha avuto una declinazione anche a Vicenza. È un tentativo di affrontare l’attuale frammentarietà delle realtà lavorative.
A fronte del progressivo impoverimento dei lavoratori, complice la crisi, ma anche un quadro normativo sempre meno tutelante, la Cgil in questi anni si è mobilitata anche con la proposta di una carta dei diritti universali del lavoro. Un tentativo di ridescrivere il mondo del lavoro in una chiave più garantista. Una strategia volta a cercare di entrare nei palazzi della politica, affinché il legislatore cambi le normative.
Accanto a tutto questo, però, a un certo punto, ci siamo detti che serviva un cambio di passo rispetto alla contrattazione, al nostro fare sindacato nei posti di lavoro, in un’ottica di maggiore inclusività, che significa cercare di rappresentare i lavoratori nei singoli posti di lavoro a prescindere dal contratto.
In questi mesi io ho seguito in particolare l’esperienza avviata presso l’ospedale San Bortolo di Vicenza. Parliamo di un contesto lavorativo estremamente complesso con molte figure e diverse tipologie contrattuali, alcune stabili altre precarie. Per come è strutturata la nostra organizzazione, tendenzialmente ogni sindacalista segue il suo pezzetto quindi abbiamo un’effettiva difficoltà a rappresentare il mondo del precariato. Non è semplice declinare operativamente il principio di rappresentare "tutti” i lavoratori. Ecco, qui la sfida è stata di inventarsi una nuova modalità per rappresentare anche chi opera in una condizione meno tutelata.
Il mio lavoro, in questo caso, è stato di individuare alcuni strumenti per mettere insieme i lavoratori. Ora, lo specifico del contesto ospedaliero, vedendo la presenza sia di lavoratori del pubblico che del privato, non consente di elaborare una piattaforma contrattuale condivisa perché sono diversi i sostrati normativi. Per prima cosa abbiamo allora cercato di fare una mappatura della situazione. In ospedale ci sono innanzitutto i lavoratori della sanità, che percentualmente sono la maggioranza, poi ci sono i lavoratori della ristorazione, quelli delle pulizie e del portierato, poi ci sono i dipendenti di una multinazionale che segue l’ingegneria clinica; ci sono infine gli addetti alla pulizia delle divise, delle lenzuola e ancora le lavoratrici dipendenti della coop sociale che segue l’asilo nido aziendale. Se poi estendiamo il campo all’Usl, c’è la cooperazione sociale, ecc.
È un contesto molto complesso. Per dire, le Oss che trovi in reparto sono tutte dipendenti dell’ospedale, l’operatrice socio-sanitaria che fa integrazione scolastica per l’Usl in una scuola, materna o elementare, invece è dipendente di una cooperativa.
Complice il blocco delle assunzioni in sanità, stiamo assistendo a una crescente esternalizzazione di alcuni servizi; purtroppo, le condizioni lavorative di chi opera dentro una cooperativa sociale sono sicuramente molto meno garantite. Quindi, ripeto, la prima attività è stata quella di mappare chi c’è e in quali condizioni opera. Poi abbiamo costituito un gruppo di lavoro, elaborando un progetto operativo.
Abbiamo infine aperto uno sportello all’interno dell’ospedale. Ci sarebbe piaciuto collocarci in una sala centrale, nell’atrio, così da essere accessibili anche alla cittadinanza. L’idea era di offrire uno spazio in cui, accanto ai servizi ai lavoratori e ai pensionati, ci fossero i servizi di patronato, di assistenza fiscale, a disposizione di tutti a prescindere dal rapporto di lavoro. Alla fine abbiamo dovuto ripiegare sulla saletta sindacale, che è un po’ decentrata però è aperta a tutti i lavoratori, sia pubblici che privati, che operano all’interno dell’ospedale. Abbiamo cominciato a raccogliere i loro desiderata. È stato importante partire dall’ascolto. Noi, per esempio, pensavamo che uno dei bisogni fosse quello dell’asilo, invece la prima richiesta è stata di fruire dei parcheggi da parte di tutti quanti i dipendenti. Questo dà un’idea anche dell’età media dei lavoratori, che è elevata.
Ora uno dei nostri obiettivi è sottoscrivere un protocollo con l’Usl per il monitoraggio degli appalti, che resta un ambito problematico. Intanto è passato l’obbligo dell’applicazione del contratto sottoscr ...[continua]
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