Helmuth Moroder, ambientalista, è vice-presidente della Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi, Cipra, e promotore di SOS Dolomites.

Quando le manifestazioni sportive internazionali vengono proposte si forma immediatamente una lunga fila di aspiranti e si dà per certo un largo consenso popolare. Questa volta, per le Olimpiadi a Roma, gli stessi Verdi si sono detti favorevoli. Tu sei stato protagonista, invece, di una vicenda che ha visto una valle opporre un netto rifiuto ai mondiali di sci. E questo non è rimasto un caso isolato. Puoi raccontarci?
Quando ho saputo dalla stampa della candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2004, mi sono naturalmente tornate alla mente le polemiche e le animate discussioni che c’erano state in Val Gardena nel 1990, in occasione della candidatura per i mondiali di sci alpino. Penso che la questione delle grandi manifestazioni sportive sia ancora una questione aperta, tutta da discutere, molto delicata.
La Val Gardena aveva ospitato i mondiali di sci alpino già nel 1970. Quei mondiali diedero inizio ad uno sviluppo turistico enorme. Dal 1966, in vista appunto dei mondiali, la Val Gardena ebbe un boom di attività senza precedenti, che riguardò la costruzione e l’ampliamento di alberghi e di case private, nuovi impianti di risalita e piste da sci, in forma non controllata e non pianificata. C’era una grande euforia. La gente vedeva in questo mondiale grandi possibilità di far soldi, anche se la valle non era sicuramente precaria dal punto di vista economico, anzi, il turismo già tirava, anche se rimaneva contenuto in certi limiti.
Nel 1990 la Val Gardena voleva ricandidarsi per una nuova edizione dei mondiali, dicendo: "Tanto le strutture e le infrastrutture le abbiamo già, c’è bisogno di pochissime cose nuove".
Noi, ambientalisti della zona, ci siamo chiesti cosa ci avrebbero portato questi mondiali, quali vantaggi, quali conseguenze. La nostra paura era che ci sarebbe stato un nuovo boom del turismo, settore dell’economia che ha già superato da tempo i limiti di sopportabilità, sia ambientale che sociale, in una valle così stretta, lunga non più di 10 chilometri, con 9 mila abitanti che diventano 30 mila nella stagione turistica.
Eravamo consapevoli che era piuttosto difficile creare un’opposizione ad una manifestazione del genere piuttosto popolare, soprattutto in una zona come la nostra, dove tutti sciano e amano quello sport. I consigli comunali di Selva e S. Cristina erano largamente favorevoli, mentre in quello di Ortisei il sì aveva solo una piccola maggioranza. Non parliamo poi dell’unanimità degli ambienti economici e dell’industria turistica. Avevamo l’esperienza della Val di Fiemme che in quel periodo aveva ospitato i mondiali di sci nordico, una manifestazione anche più ridotta di quella dello sci alpino. Eppure a Cavalese, capoluogo della valle, i prezzi degli appartamenti erano passati rapidamente da 1,2 a 3 milioni al metro quadrato. Questo aveva reso la vita difficile ai valligiani. Avevamo raccolto l’esperienza di Cortina d’Ampezzo, che aveva organizzato nel 1956 le olimpiadi. Quello era stato il punto di partenza di una tendenza che ha portato oggi al fatto che il 70% delle case sono seconde case in proprietà di non residenti. Fuori dalle stagioni turistiche Cortina è un paese fantasma, pieno di condomini vuoti, da 10 milioni al metro quadro, e i giovani sono costretti a trasferirsi nei paesi vicini, per trovare prezzi abbordabili. Si diceva spesso che bisognava incentivare il turismo per creare nuovi posti di lavoro, per far sì che la gente non fosse costretta ad abbandonare la montagna. Ma se non trovi casa, devi andartene lo stesso, magari per tornare come pendolare. Così abbiamo proposto che si facesse un referendum in valle, ben prevedendo le difficoltà e con molta paura di uscirne perdenti. I promotori della candidatura avevano promesso che, per l’occasione, sarebbero state costruite diverse nuove infrastrutture, come una metropolitana di superficie utile ad affrontare il problema drammatico del traffico. Invece i ’no’ hanno raggiunto quasi il 60%, con un 70% ad Ortisei, dove, accanto al turismo, c’è una rilevante attività artigiana. E’ stata una grande sorpresa, sia per noi che per i promotori dei mondiali. Molti hanno pensato che era tempo di invertire la tendenza: di turismo ce n’era più che abbastanza, un nuovo aumento avrebbe innescato una dinamica dei prezzi, dei trasporti e dei rifiuti incontrollabile. Penso che ...[continua]

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