Chi è interessato ai percorsi di accesso alla cittadinanza degli immigrati stranieri, dei bambini e degli adolescenti ricongiunti, dei nati qui da genitori stranieri, e alla formazione civica degli italiani, adolescenti ed adulti, si chiede se davvero questo testo possa servire a qualcuno. Se sia almeno uno dei testi, delle iniziative in corso, numerose ma deboli, che possono contribuire a una migliore convivenza. Se non sia piuttosto un equivoco, un errore.
L’obiezione di fondo riguarda la natura stessa del testo, prima ancora del suo contenuto.
La Costituzione è la legge fondamentale dello Stato. E’ prescrittiva, non descrittiva.
Se nella Repubblica la pubblicità conta più del lavoro, se la legge non è uguale per tutti, se il giudice naturale può essere scavalcato, se non è vero che tutti hanno diritto di praticare e propagandare le proprie idee e la propria religione, come qualche volta -forse spesso- accade, nessuno può dire che la Costituzione è falsa.
Se c’è contrasto tra la realtà e la norma vuol dire che qualcuno viola la norma, e se lo fa violando una legge positiva può essere sanzionato. Se è una legge che viola la Costituzione può essere cancellata.
Se si voleva informare lo straniero delle leggi e dei costumi del paese, perché usare una Carta che è una parafrasi narrativa e deformata della prima parte della Costituzione, invece di proporre direttamente il dettato costituzionale, dato che si tratta di un testo breve, chiaro, univoco?
La Carta che viene proposta all’attenzione degli stranieri -non alla discussione, perché la discussione preliminare ha riguardato solo un gruppo di persone, anche se competenti e degne di stima- è invece una narrazione, una descrizione, che in parte riguarda il passato, la storia, in parte riguarda la società italiana, in parte riguarda proibizioni e vincoli, ma è sempre costituita da affermazioni fattuali, di cui si può solo dire che sono vere, false, parziali, dubbie, ma che non suggeriscono nessuna norma etica, nessun dover essere.
Si tratta, in sostanza, di un testo identitario, nazionalistico, in buona parte ovviamente falso, come sono sempre, almeno in parte, le mitologie identitarie, appositamente rivolto alle differenze presumibili, agli adeguamenti che lo straniero dovrebbe fare per integrarsi nel nostro mite e accogliente paese. Non si esprimono coincidenze sociali o etiche, analogie storiche, comuni inadempienze, comportamenti desiderabili, dei già cittadini o dei potenziali cittadini, che potrebbero facilitare la convivenza, la costruzione di un codice condiviso, di un comune elenco di diritti e doveri, non solamente accettati perché la legge li prescrive, ma perché presenti nelle rispettive tradizioni. Si elencano benemerenze o caratteristiche storiche, norme condivise o tuttora in discussione e fonte di conflitti, comportamenti, divieti da cui si può ricavare una sorta di autoritratto, ma che certo non è l’avvio di un confronto tra eredità culturali e normative che potrebbero costituire una base, un percorso, per facilitare l’osservanza delle leggi, se si pensa che la Costituzione pura e semplice non basti allo scopo.
L’Italia comunità di persone e di valori
La Costituzione italiana, a differenza di quella albanese, che comincia con una dichiarazione di orgoglio identitario -“Noi, Popolo albanese, orgoglioso della nostra storia, con responsabilità per il futuro, con fiducia in Dio e negli altri valori universali”- o di quella irlandese -“In nome della Santissima Trinità da cui ogni verità procede”- comincia con una norma, con un principio.
Anche se non è il caso di scandalizzarsi troppo delle dichiarazioni di fede e di orgoglio degli altri, forse faremmo bene a lasciare la Costituzione com’è. Senza enfasi nazionalistiche e ricerche di radici e di fondamenti esterni a se stessa.
La parte condivisibile della Carta dei valori è la parafrasi o la esposizione della Costituzione.
Le parti decisamente incomprensibili sono le affermazioni storiche o fattuali parziali o false.
...[continua]
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