Il sangue d’Europa, scritto da Jaime Pintor nel 1943 e pubblicato postumo nel primo numero de La Nuova Europa il 10 dicembre del 1944, è la recensione a I proscritti di Ernst von Salomon, pubblicato in tedesco nel 1930 e tradotto da Einaudi, durante il commissariamento fascista, nel 1943. Von Salomon, che aveva combattuto sul fronte orientale contro i russi, continuò la Grande Guerra dopo la Pace, con i corpi franchi ("i proscritti”), contro l’Intesa, contro Weimar, contro i disprezzati slavi e baltici, e fu uno degli assassini di Walther Rathenau. Il libro è scritto in prima persona, con abbondanza di dettagli macabri, con l’eccezione dell’assassinio di Rathenau che è raccontato da un narratore impersonale, come ripreso da una telecamera nascosta, dallo sguardo di Dio. È uno dei frammenti della guerra di tutti contro tutti (i bianchi contro i rossi; i tedeschi contro gli slavi e i baltici; le potenze vincitrici contro la Russia sovietica) raccontata da Bulgakov ne La guardia bianca. Il sangue di cui parla Pintor non è quello che si versava nel ’43, in Europa. È il sangue versato vent’anni prima. Ma la continuità di idee, comportamenti, situazioni, tra le due guerre è molto forte. "Credo di non sbagliarmi se dico che i testi più significativi dell’hitlerismo sono ancora oggi questo libro di Salomon e gli scritti di Ernst Jünger”, commentava Pintor. Aggiungeva che quei reazionari violenti, per certi versi, secondo lui, di estrema sinistra, non avevano uno scopo: erano solo uomini contro. Ma erano anche la premessa di ciò che venti anni dopo Hitler provò a realizzare: sterminare gli ebrei, uccidere la classe dirigente polacca e un gran numero di altri slavi per liberare Lebensraum, spazio vitale, per il Terzo Reich. Poi, come si sa, le cose non andarono così. I russi non furono travolti. Ebbero milioni di morti (il 15% della popolazione) ma bloccarono a Stalingrado e logorarono a Kursk l’esercito tedesco, che travolsero poi fino all’ultimo ridotto nel bunker della Cancelleria. Nelle loro ritirate e avanzate dettero un robusto contributo allo sterminio non solo dei combattenti tedeschi ma anche della classe dirigente polacca (ricordiamoci delle fosse di Katyn) e di tutti quelli che ritennero nemici o traditori.
Terre del sangue
I due libri di Timothy Snyder, tradotti da Rizzoli, Terre del sangue e Terra nera, frutto anche dei venti anni di ricerche successivi alla caduta dei regimi comunisti, sono la ricognizione, il catalogo degli uccisi in Europa Orientale durante la Seconda Guerra Mondiale e dei loro tentativi di sfuggire alla morte. Sono la storia degli assassini, dei loro fini, dei loro cambiamenti di fronte. Terra nera racconta la strage dal punto di vista degli attori, a partire dalla ideologia hitleriana ossessivamente esposta nel Mein Kampf: la necessità ecologica di sterminare gli ebrei inventori dell’universalismo, che inquina il mondo e impedisce il naturale svolgimento della guerra tra le razze e il trionfo del più forte; la necessità di sconfiggere e uccidere i giudeo-bolscevichi e prendere le loro terre per darle ai contadini tedeschi, il loro petrolio per alimentare l’industria del Terzo Reich.
Non è solo il numero dei morti, in guerra e accanto alla guerra, a colpire; non sono solo le atrocità. È anche la distribuzione dei morti nei vari paesi; il ripetuto rovesciamento dei fronti e delle lealtà; le convergenze inconfessabili e i conflitti insensati che si verificano quando alcuni burattinai in guerra tra loro muovono burattini con interessi divergenti. I comunisti polacchi finiscono sterminati dai comunisti russi in quanto polacchi e dai nazisti in quanto comunisti. Gli ebrei che i polacchi vogliono espellere e che, come i seguaci di Jabotinsky e quelli di Stern, vogliono conquistare una patria in Palestina, vengono armati e addestrati da Pilsudski che vuole liberarsi di loro (Stern ringrazia gli istruttori in polacco e gli allievi in ebraico). E loro vanno a usare le armi in Giordania contro gli ing ...[continua]
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