Librino (dal latino: il posto delle lepri), è una grande area abitativa a sud-ovest di Catania, noto alle cronache come quartiere degradato e centrale dello spaccio di stupefacenti. Famoso il caso del "palazzo di cemento”, un grande edificio fatiscente, abitato da occupanti abusivi senza allacciamenti di luce e gas e punto nevralgico dello spaccio. Recentemente il palazzo è stato sgomberato ed è iniziata la riqualificazione edilizia.
Il progetto ambizioso di una vera e propria "new town”, edificata su terreni agricoli, per circa 70.000 abitanti, venne affidato nel 1970 allo studio Kenzo Tange & Urtec di Tokio. Era previsto anche un parco di 31 ettari, varie zone a verde, viali alberati e naturalmente tutti i servizi necessari.
Il progetto venne stravolto da subito; non si era tenuto conto del forte inquinamento acustico prodotto dall’aeroporto limitrofo e che i catanesi preferivano trasferirsi nella zona pedemontana dell’Etna.
Librino è diventata, a parte un certo numero di cooperative di abitazione, zona di case popolari spesso occupate e, contigua a quartieri di abusivismo edilizio, un unico grande insediamento abitativo a sud della città. Una realtà difficile dove, comunque, sono presenti diverse realtà associative.
Dopo decenni di abbandono da parte delle istituzioni, con la prima sindacatura Bianco (1993) si determina una inversione di tendenza che continua tuttora con alti e bassi.