Una sera, arrivando a Venezia da Firenze, lascio la macchina a piazzale Roma, ancora era possibile, e corro al vaporetto. Salto dentro, era vuoto, mi rivolgo all’uomo che chiude la sbarra e gli dico: "Senta, questo qui si ferma a Sant’Angelo?”, lui mi guarda, mi sorride, e mi dice: "Proprio perché la xe ela”. Naturalmente sì, si fermava a Sant’Angelo, ma lui mi ha voluto dire che si fermava per me. "Oddio, grazie, sono a Venezia, evviva, grazie!”. Gliel’ho proprio detto. Che bello saltare dentro un vaporetto e sentirsi dire così. La vita cambia, se la gente si sorride, e invece...

Arrivando in treno sulle rotaie della "Faentina” vedevo cambiare il paesaggio e sentivo il profumo dell’ospitalità: pregiudizi miei, pensavo. Invece a cena, dirimpetto al vostro amico bibliotecario ho saputo di Bertinoro, un paese vicino a Forlì dove, per tradizione, si attaccano buste a una colonna in piazza. Il viandante, il visitatore, il turista, chi passa può staccarne una e vi troverà dentro nome cognome indirizzo di un abitante pronto a ospitarlo. Dove nel mondo si può trovare qualcosa di simile? Solo in Romagna esiste. Per favore, vorrei un contatto col gentile bibliotecario, perché di questa storia devo sapere tutto, devo andare in quel paese, magari con un nipotino per mostrargli concretamente il significato dell’ospitalità. Poi la sera, con Barbara che cercava un parcheggio, fermandoci a guardare abbiamo trovato un posto. Siamo scese. Un ragazzo, anche lui arrivato al parcheggio, che ci aveva visto cercare, ci è venuto incontro offrendo il suo posto che riteneva migliore del nostro. Vero Barbara? Io stavo per svenire. Mi dispiace che il mio amico Stendhal non sia stato in Romagna.

Adesso mi sono data il permesso anche di amare la campagna toscana, dopo cinquantun anni che ci sto. Perché prima avevo nostalgia, e ce l’ho ancora, della campagna veneta, perché ero abituata a quella. La mia teoria è che la campagna ti resta dentro più di altri luoghi, e quella toscana è così forte che per forza i toscani assumono un certo carattere... È una campagna di una potenza... Per esempio i colori, in autunno il giallo, l’arancione... avevo nostalgia della nebbia di Venezia, con l’autunno che si spoglia di tutto, con questi rami contro un cielo biancastro e i tramonti che quasi non li vedi, sono pallidissimi. Qui in Toscana, al contrario, ho dei tramonti... spettacolari. La neve invece in Veneto è adatta perché riveste le parti spoglie, in Toscana mi fa soffrire, perché a parte il divertimento di andare per strada, gli olivi soffrono, lo vedi, e i cipressi, poveretti, vengono aperti, ed è contro natura, perché loro sono fatti per stare chiusi. Poi la neve sul verde non ci sta bene, insomma! Non va. Almeno, per me. Ecco...

Giovanna Dolcetti Papafava è morta lo scorso 20 dicembre. Era un’amica e una collaboratrice preziosa. L’avevamo vista l’ultima volta in occasione della presentazione del volume degli scritti di Francesco Papafava al Gabinetto Vieusseux, assieme agli amici di Firenze. Era molto contenta.