Nell’introduzione di Julian Gorkin al libro Gènèral Campesino - La vie et la mort en Urss (1939-1949), egli parla del suo incontro col Campesino nei primi mesi del 1950 dopo la fuga di questi dai Gulag di Vorkuta, in Urss. Verso la fine dice: "Raramente ho visto occhi come i suoi, così lucidi e penetranti, pieni di forza e di decisione… È una vera forza della natura, un prodotto tipico della terra spagnola. Ho fatto un lungo viaggio per trascorrere quindici giorni con lui”.
Ma Julian Gorkin non dice perché fece questo viaggio, né come.
Qualche anno dopo, nell’inverno del 1963 e primavera del 1964, Gino Bianco ospitò il Campesino in una sua gelida soffitta, a Milano. In un capitolo della sua biografia Nicola Chiaromonte il tempo della malafede, dedicato particolarmente alla Guerra civile spagnola del 1935-’37, egli parla della partecipazione di Nicola Chiaromonte all’inizio della guerra civile spagnola nella squadriglia aerea di Malraux, della morte di Renzo Giua e anche del soggiorno di Valentin Gonzales a Milano del 1963-1964.
Gino dice: "A Milano il Campesino rimase per più di sei mesi, praticamente nascosto in una vecchia soffitta di una casa vicino a Via Ripamonti… Vivevamo insieme in una squallida stanza sotto i tetti di Milano… Quell’anno l’inverno fu duro, nevicava e pioveva sempre. Per scaldarsi camminava su e giù per la stanza e ogni tanto gridava che era peggio che in Siberia… Passava le giornate a scrivere le sue memorie e di notte a raccontare la sua vita. Ma quanto chiacchierava…”. Gino ogni tanto lo accompagnava alla stazione di polizia perché la sua permanenza a Milano era sotto controllo. Al suo modesto mantenimento provvedeva Giulio Seniga, un fuoriuscito dal Partito comunista alla fine degli anni Cinquanta, partigiano giovanissimo.

Gino e io ci eravamo sposati pochi mesi dopo i Fatti di Genova del giugno 1960. Io ero venuta dall’Università di Padova dove mi ero laureata in Fisica Pura, e dopo un periodo di prova avevo ottenuto l’incarico di Fisica di Laboratorio per gli studenti del Biennio di Ingegneria. Gino faceva, allora, ricerca storica, soprattutto sul Movimento operaio socialista libertario in Liguria, scriveva degli articoli per il quotidiano socialista di Genova "Il Lavoro”. Il direttore era Sandro Pertini, che in realtà si vedeva raramente, tutto il lavoro lo faceva Francesco Fancello. Qualche volta Gino scriveva per "Tempo presente” e altre riviste. All’inizio del 1962 diventò redattore di "Critica Sociale”, la storica rivista mensile socialista, allora diretta da Giuseppe Faravelli, Gino ne era felicissimo e si trasferì a Milano.
Sempre nella biografia su Chiaromonte, Gino accenna a come il Campesino "era stato espulso dalla Francia nel settembre del 1963 a seguito dell’accordo tra Franco e De Gaulle che impegnava, tra l’altro, il governo francese a non dare protezione e rifugio agli esuli spagnoli più pericolosi”.
L’Italia diede al Campesino un permesso di soggiorno provvisorio. Qualche politico, ma soprattutto qualche intellettuale, si mosse in suo favore. Lo storico Leo Valiani contattò "Critica Sociale” a cui chiese aiuto e sostegno per Valentin Gonzales.
Dopo riunioni e incontri vari, Faravelli pensò a Gino conoscendo la sua dedizione alla memoria delle vicende spagnole e sapendo che viveva solo. Gli suggerì di ospitare il Campesino.
In una di quelle notti in cui Valentin raccontava la sua vita, gli parlò della sua fuga dal Gulag e dall’Urss, del suo arrivo alla frontiera iraniana, com’è narrato nel suo libro: "Arrivai affamato, spossato, i vestiti strappati, alla frontiera iraniana”. E lì termina il libro. Ma a Gino raccontò anche il seguito. Egli fu preso dalle autorità iraniane cui raccontò una storia per loro incredibile e incomprensibile. Lo credettero pazzo, ma la Seconda guerra mondiale era terminata solo da cinque anni e gli sbandati da una nazione all’altra erano molti. Essi chiesero aiuto alle autorità britanniche. Il Campesino fu portato a Berlino, al quartiere generale inglese e poi anche a quello americano. Convocarono riunioni di esperti storici, politici e medici, ma l’uomo restava un vero enigma. Sembrava un pazzo, ma sapeva tante cose sulla Spagna, sull’Urss, sui Gulag, cose dettagliate e precise. Forse era una spia, si pensò, la guerra fredda era in pieno svolgimento. Comunque lo trattavano bene, lo sorvegliavano e lui stava riprendendosi. Un giorno il Campesino si ricordò di un uomo che, se era ancora vivo, lo avrebbe sicuram ...[continua]

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