Cari amici,
in questi ultimi mesi pare emergere una nuova coscienza delle vaste sacche di povertà e miseria che ancora affliggono una parte consistente della popolazione marocchina. Probabilmente il risveglio della protesta popolare, grazie a Hirak e alle manifestazioni di Al Hoceima e del Rif, ha fatto emergere quel Marocco nascosto e dimenticato, che nel Paese a due velocità rimane facilmente nell’oblio. C’è un Marocco urbano in rapida crescita economica e sociale e c’è un Marocco rurale abbandonato al suo destino e dimenticato dalle politiche di sviluppo. Ci sono stati casi di morti tragiche, che hanno portato alla ribalta la situazione drammatica in cui versa parte della popolazione, come già nelle campagne di Essaouira le tante donne rimaste vittime della folle corsa per accaparrarsi una parte dei beni alimentari distribuiti caritatevolmente da un’associazione… E sicuramente i morti di Jerada, con la nascita di una protesta organizzata anche nella dimenticata regione del nord est. Due morti a dicembre e una nuova vittima i primi di febbraio di quest’anno. Qui, a sessanta chilometri da Oujda non lontano dal confine algerino, nel 2001 la chiusura delle miniere di carbone ha lasciato a casa migliaia di minatori, moltissimi dei quali malati di silicosi. Nella disperazione molti hanno dunque cominciato a sfruttare miniere abusive e pericolose, dove alcuni hanno trovato la morte, contribuendo così all’aumento della tensione nella popolazione già stremata da una lunga crisi economica. Arrivano, anche qui, per quanto tardive, le proposte governative per la rinascita economica di un territorio fortemente degradato, ma la rabbia e la disperazione hanno raggiunto i livelli di guardia. Testimonianze raccolte dai giornalisti tra gli ex minatori ci mostrano casi drammatici di malati di silicosi che non possono curarsi: "Pur avendo l’apparecchio per la respirazione artificiale, devo lasciarlo spento per evitare di aumentare la bolletta della luce elettrica, sarebbe insostenibile per il magro bilancio familiare”, racconta tra gli altri El Ghali, nostalgico del periodo in cui l’agenzia per il carbone offriva un buono per l’energia elettrica e l’accesso gratuito all’acqua potabile alle famiglie locali. Tanti ex minatori affetti da silicosi devono sopportare lo stesso destino di grave infermità per i figli. Le stesse soluzioni governative, volte a calmare le proteste, sembrano invece alimentare il malcontento, laddove 1.500 minatori abusivi vedono la minaccia della chiusura delle miniere pericolose e di conseguenza della perdita del loro lavoro, anche se gli stessi sarebbero indotti a sperare nelle assunzioni che potrebbero nascere dai nuovi posti di lavoro promessi dal governo con l’apertura di diverse miniere: di piombo, zinco e rame, di cui la regione pare essere ricca.
è certo che neanche il Marocco in pieno sviluppo dona benefici alla popolazione più esposta, laddove la disoccupazione giovanile resta uno dei problemi irrisolti e non accenna a diminuire.
La disoccupazione ha raggiunto nel 2017 il 10,2% contro il 9,9% dell’anno precedente, toccando principalmente i giovani tra i 15 e i 24 anni (26,5% ) e in maniera molto più drammatica le città (quasi il 43% dei giovani cittadini sono disoccupati). Le cifre sono ulteriormente allarmanti per le donne: se l’indice nazionale di disoccupazione maschile è l’8,8%, per le donne raggiunge il 14,7%, in una situazione in cui le famiglie tendono a preferire la ricerca di lavoro per i figli maschi e in una società che a livello salariale oltretutto penalizza le donne.
è sempre la parte femminile della popolazione a patire più pesantemente queste statistiche preoccupanti. Nonostante ciò, anche grazie alla spinta del re, finalmente è stato aperto il concorso per notai di diritto islamico anche alle donne, un altro passo verso quell’emancipazione femminile di stampo occidentale cui pare aspirare il Paese. Ma è nelle classi sociali disagiate che la condizione delle donne è spesso insostenibile.
Tante volte, viaggiando lungo le strade del Marocco, capita di incrociare donne piegate da enormi carichi di legna da ardere o sterpaglie per nutrire gli animali: con pesi sproporzionati sulla schiena esse arrancano verso casa lungo le carrozzabili delle zone rurali o montane in piccoli gruppi, quotidianamente.
Il caso delle "femmes-mulets” che ogni giorno attraversano a Ceuta la frontiera tra Marocco e Spagna per un’attività, individualmente misera, di contrabbando ha ...[continua]

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