Lo scorso 6 marzo, all’Istituto Gramsci di Bologna, si è tenuto un ricordo pubblico di Andrea Ginzburg, cui hanno partecipato familiari, amici e colleghi. Pubblichiamo l’intervento di Anna Simonazzi.

Andrea è stato tra i primi docenti della Facoltà di Economia di Modena, creata nel 1968, e ne è stato uno dei principali animatori quando, negli anni Settanta, la facoltà richiamava studenti e giovani studiosi dalle più diverse parti d’Italia e dalle più diverse discipline1. Io ho avuto la fortuna di essere fra quegli studenti. Mi sono iscritta il primo anno della facoltà, troppo presto per giustificare la mia iscrizione con la fama che la facoltà si guadagnerà ben presto grazie alla vivacità intellettuale originata da una straordinaria concentrazione di docenti giovani, preparati e non convenzionali. Tuttavia, questa iniziale "non scelta” ha determinato le scelte successive. Sono così entrata a far parte di quel folto gruppo di ex-studenti, che ora occupano posizioni nell’accademia e nelle istituzioni nazionali e internazionali, e che si riconoscono ancora per l’impronta lasciata da quegli anni. Si sono usati molti aggettivi per raccontare Andrea: eclettico, colto, curioso, non convenzionale, aperto, di grande intelligenza. Vorrei riprenderli qui nel raccontare la storia della mia amicizia e del mio lavoro con Andrea.
Innanzitutto, il ruolo dell’economia nel suo rapporto con la storia e le scienze sociali. Nel raccontare i primi anni della facoltà di Economia di Modena2, Nando Vianello, anch’egli fra i principali animatori di quel periodo e legato ad Andrea da un forte sentimento di amicizia e di stima, osserva che negli anni Settanta il programma scientifico del gruppo era quello di organizzare elementi di spiegazione del mondo reale intorno alla critica di Sraffa, travalicando i confini fra l’economia e le altre scienze sociali, confini che erano ignoti a Smith e Marx. Credo che questo sintetizzi bene il programma ricostruttivo di Andrea.
Andrea non ha seguito certamente un cammino convenzionale. L’economia, come intesa oggi, gli stava stretta. Si è sempre rifiutato di accettare i rigidi confini entro cui sono stati incasellati e tenuti separati i vari rami delle scienze sociali e ha fatto proprio il programma di Hirschman di liberarci dalle "gabbie mentali” che costituiscono ostacoli alla comprensione della realtà e, presentandoci sequenze che appaiono obbligate, impediscono la ricerca di azioni capaci di cambiarla3. In ogni suo scritto, si gettava un ponte fra l’analisi del problema in esame, la teoria, il contesto storico e politico, dando così sostanza e significato all’economia. E questa capacità di fare connessioni fra teorie e discipline, di rovesciare schemi, teorie, spiegazioni ormai diventati luoghi comuni lo rendeva un interlocutore prezioso per i più giovani e per i suoi amici. Affascinava innanzitutto i giovani, sempre più insofferenti di insegnamenti improntati al pensiero unico che mortificavano la capacità di analisi critica e l’esercizio del dubbio.
Sempre curioso e aperto, gli piaceva l’insegnamento per l’occasione che gli offriva di trasmettere e ricevere stimoli, come arena di discussione e di confronto. E proprio conoscendo la sua passione per l’insegnamento, mi sono stupita di come avesse superato bene il pensionamento.
Vivacità, curiosità, e ricchezza di stimoli erano rimaste intatte, così come la passione per lo scambio e il confronto intellettuale: discutere, insegnare, ascoltare, senza distinzioni di sedi. Se Annalisa Rosselli testimonia l’entusiasmo degli studenti della Scuola estiva di Storia del pensiero economico, dove Andrea si spendeva con grande generosità, partecipando alla discussione di tutte le presentazioni con intervenenti intelligenti e mai distruttivi, io posso raccontare del suo entusiasmo di ritorno da lezioni-discussioni organizzate dal sindacato e dell’impegno profuso nei seminari organizzati da Roberto Schiattarella per gli studenti del dottorato, volti a riscoprire una diversa Economia politica.
Una costante in tutte queste iniziative "didattiche” era l’attenzione e il rispetto per l’interlocutore, anche per le idee più strampalate, alle quali rispondeva: "Dici?”. Sottinteso: non sono per niente convinto, ma sentiamo. Nessuna mediazione invece con l’ortodossia economica, con chi era incapace di uscire dalle "gabbie mentali” del "non c’è alternativa” (nota con l’acronimo Tina, dall’inglese: There is no alternative ...[continua]

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