Uno dei fenomeni più rilevanti degli ultimi anni, soprattutto nella gestione dei servizi socio sanitari da parte del Servizio sanitario nazionale è quello dell’appalto esterno (outsourcing) di alcuni servizi prima gestiti sostanzialmente con personale per lo più proprio: servizi sociali sul territorio, re-inserimento di persone svantaggiate, servizi di pulizia, gestione di comunità di recupero, gestione di case di riposo, servizi di trasporto sul territorio di disabili, malati e persone con disagi, finanche servizi di infermierato dentro e fuori strutture pubbliche, e probabilmente l’elenco potrebbe continuare. Anche altre strutture pubbliche, come enti territoriali (Comuni, Provincie autonome o meno, Regioni), hanno negli ultimi anni usufruito della possibilità di appaltare all’esterno numerosi servizi, dai trasporti alla gestione di case di riposo, dal servizio centralino alle analisi del territorio e sociali, e così via. L’elenco non è assolutamente esaustivo, come è facile comprendere frequentando normalmente servizi ed enti citati. Ma chi sono generalmente coloro che vincono questi appalti? È esperienza comune imbattersi in cooperative, per lo più sociali, che, in ragione dello scopo statutario perseguito e dei servizi che organizzano, partecipano a detti appalti formulando le loro proposte, le quali vengono considerate dalla commissione esaminatrice con maggiore o minore oculatezza, attenzione e interesse. Ogni tanto buca l’informazione, i media, l’intervento della magistratura su qualche appalto "pilotato” che aveva soddisfatto qualcuno che non aveva propriamente i requisiti per aggiudicarselo, ma il fatto è che tutti i giorni lavorativi vengono fatte aggiudicazioni per la gestione di servizi esterni e/o sociali mediante gara d’appalto che per lo più debbono rispondere al problema principale tipico dell’amministrazione pubblica, derivante dalla diminuzione di risorse economiche per gestire detti servizi. Non è affatto mia intenzione affrontare la bontà o meno di questa cultura dell’outsourcing socio-economica, bensì raccontare una realtà in cui sempre più spesso, da qualche anno, ci si trova a inciampare laddove per motivi professionali ci si occupi di questioni di lavoro, edi cui mediaticamente non si parla (quasi) mai: la successione dei rapporti di lavoro nel caso che il rinnovo della aggiudicazione dell’appalto comporti una modifica del soggetto esecutore (cioè un nuovo datore di lavoro). Qual è il problema, in sostanza? La fine che fanno i lavoratori addetti a un certo compito nel caso in cui il proprio originario datore di lavoro (o meglio, la cooperativa di cui sono soci più o meno consapevolmente) non veda riconfermata la continuazione del servizio, e ciò perché qualcun altro ha partecipato con un’offerta rivelatasi migliore. Il caso è tutt’altro che raro, anzi, in un’economia di mercato dovrebbe succedere spesso, e infatti succede. Una delle forme più usate del recesso del rapporto di lavoro (licenziamento) da parte di chi ha perso la commessa è quella del cd. "giustificato motivo oggettivo” (Gmo per gli addetti ai lavori), che corrisponde a un impedimento insormontabile per la prosecuzione del rapporto, un impedimento non imputabile alle parti o a una loro scelta (ché altrimenti si parlerebbe di giusta causa) ma oggettivo, esterno e invincibile per le parti interessate. La fine di un appalto può rivestire questo motivo, in quanto il datore di lavoro-cooperativa può di sovente non trovare al proprio interno altre collocazioni per quei lavoratori che hanno quindi perso il proprio posto di lavoro. Questo è infatti quello che succede normalmente e succederebbe anche per i soci lavoratori delle cooperative sociali se… non soccorresse loro una norma contrattuale (cioè del Ccnl), l’art. 37. Questo articolo (Art 37 (stralcio) Ccnl Coop. Sociali) così recita:
a) L’azienda uscente, con la massima tempestività possibile, e comunque prima dell’evento, darà formale notizia della cessazione della gestione alle Oo. Ss. territoriali e alle Rsu. L’azienda subentrante (anch’essa con la massima tempestività possibile e comunque prima del verificarsi dell’evento), darà a sua volta formale notizia alle Oo. Ss. territoriali circa l’inizio della nuova gestione. Quanto sopra al fine di garantire tutte le informazioni utili alla corretta applicazione delle norme contrattuali nazionali e provinciali e delle disposizioni di legge in materia.
b) L’azienda subentrante, nel caso in cui siano rimaste invariate le prestazioni richieste e risultanti nel capitolato d’appalto, o convenzione, assumerà, nei modi e condizioni previsti dalle leggi vigenti, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro da parte dell’impresa cessante, il personale addetto all’appalto o convenzione stessi, salvo quanto previsto al punto d). Le imprese interessate prenderanno preventivi accordi per effettuare il passaggio diretto delle lavoratrici e dei lavoratori addetti all’appalto o convenzione medesimi.
c) Qualora, per comprovati motivi, alla data della cessazione dell’appalto o convenzione, quanto previsto dal punto b), del presente articolo non abbia trovato applicazione, l’azienda cessante potrà porre in aspettativa senza retribuzione e senza maturazione degli istituti contrattuali le lavoratrici e i lavoratori che operano sull’appalto o convenzione interessati per un periodo massimo di sette giorni lavorativi, al fine di consentire l’espletamento delle procedure relative all’assunzione con passaggio diretto.
d) In caso di modifiche o mutamenti significativi nell’organizzazione e nelle modalità del servizio da parte del committente e/o tecnologie produttive con eventuali ripercussioni sul dato occupazionale e sul mantenimento delle condizioni di lavoro, l’azienda fornirà le opportune informazioni alle Oo. Ss. territoriali. Le parti si attiveranno per individuare le possibilità di adibire il personale dell’azienda eccedente in altri servizi, anche con orari diversi e in mansioni equivalenti.
"Problema risolto”, quindi? Il subentrante nell’appalto deve obbligatoriamente riassumere in quel ruolo coloro che prestavano sino a quel momento l’attività? Beh, non è proprio così. Dopo tutta questa lunga premessa debbo raccontarvi la storia del mio cliente Davide, che lavorava presso una cooperativa sociale quale socio lavoratore dipendente a tempo indeterminato in qualità di operatore socio sanitario (Oss) presso una casa di riposo. La cooperativa di cui era sino a poco tempo fa socio gestiva da ben 15 anni questa struttura, con, pare, generale soddisfazione, quand’ecco che all’ultima gara d’appalto un’altra cooperativa molto più potente e organizzata, e che probabilmente causa economie di scala poteva permettersi offerte di partecipazione alla gara maggiormente vantaggiose per l’Amministrazione concedente, aveva vinto il nuovo appalto. Si badi bene che anche questa cooperativa applicava ai propri soci il contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle coop. sociali, per cui la prima facile obiezione secondo la quale una norma contrattuale doveva essere applicabile solo a soggetti giuridici vincolati dalla stessa norma fortunatamente qui era inapplicabile (in sostanza: se il nuovo aggiudicatario del servizio fosse stato un’azienda non soggetta all’art. 37 di quel particolare Ccnl il problema della sua applicabilità sarebbe stato molto in forse). Nel nostro caso, per fortuna, Davide risultava al riparo da detto rischio perché la nuova cooperativa sociale era vincolata dall’applicazione obbligatoria dello stesso contratto nazionale. Davide venne quindi licenziato per Gmo dalla vecchia cooperativa alla quale apparteneva, contestualmente fatto decadere da socio in virtù di una norma statutaria (altra questione rognosa per i soci cooperativi, di dubbia legittimità, che in questa sede sarebbe troppo lungo affrontare), la "vecchia” cooperativa si preoccupò di inviare alla nuova subentrante l’elenco dei lavoratori licenziati e, per conoscenza, anche all’amministrazione aggiudicatrice. A questo punto il sig. Davide si aspettava di essere riassunto dalla nuova cooperativa. Questa però, giustificando il fatto con la ragione che aveva già personale in esubero cui doveva trovare un’attività proficua e in possesso di qualifiche idonee, manifestò la volontà di non procedere all’assunzione del sig. Davide (e di altri lavoratori), costringendoli dunque a scegliere se impugnare o meno davanti al giudice del lavoro la vicenda. Davide decise di farlo, sostenendo sia l’obbligatorietà del vincolo contrattuale esercitato dall’art. 37 di cui sopra che l’applicabilità dell’art. 2112 c.c, che dovrebbe proteggere il subentro da un’azienda all’altra. In realtà il Giudice del lavoro competente respinse la domanda di reintegro del lavoratore con la seguente motivazione: "Quella di riconoscimento del rapporto […]è del tutto inammissibile in quanto non risulta applicabile, anche solo analogicamente l’art. 2112 c.c., che afferisce alla diversa fattispecie della cessione d’azienda, mentre quella riguardata è costituita dalla successione in servizio pubblico "appaltato” per c.d. dalla P.a. Che tale norma non sia applicabile è dimostrato anche dal fatto che le parti sindacali hanno sentito la necessità di regolamentare la fattispecie. Senonché, l’adempimento della obbligazione de quo, che nella specie può essere affermata in assenza di prova anche del compimento degli atti prodromici prescritti dal Ccnl, non può che fare sorgere il diritto al risarcimento del danno e non l’esecuzione in forma specifica, per i motivi già descritti di tutela dell’autonomia negoziale, non intaccata da norme di legge di natura imperativa; tant’è che la difesa delle ricorrenti ha avvertito l’esigenza di richiedere, per l’appunto, anche in via alternativa o subordinata, il risarcimento del danno da inadempimento contrattuale. Ora la questione potrà essere appellata, ma i tempi di una pronunzia da parte della Corte di Appello di Venezia sono mediamente di circa tre anni: che farà il sig. Davide? Mi sembra evidente che si cercherà, se possibile, un altro lavoro: età 43 anni, professionalità operatore socio-assistenziale con esperienza perlopiù di case di riposo, sposato, con due bambini di 7 e 11 anni. La sua adesione quale socio alla cooperativa che ha perso l’appalto era ovviamente orientata a procurarsi un lavoro; se questa cooperativa non ha più lavoro per lui dovrà cercare una collocazione (complicata) diversa. La situazione in cui si trova il sig. Davide accade molto più spesso di quanto non si creda; davvero interessa così poco la questione dei subentri di gestione (gara d’appalto, affidamento diretto, ecc.) sull’occupazione generale che non se ne sente mai parlare?
Il socio-lavoratore nella crisi. Intervento di Massimo Tirelli
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