Si continua a parlare di Berlusconi imprenditore, di Berlusconi politico. Tu dici, e lo hai scritto con largo anticipo, che Berlusconi nasce politico fin dall’inizio della sua avventura imprenditoriale.
E’ così, e non solo perché, se dopo Dio viene Cesare, il massimo di realizzazione personale per uno che ha una così alta considerazione di sé non può che essere il potere politico, ma perché fin dall’inizio delle sue stesse imprese economiche si poteva intuire che la sua propensione era di tipo politico.
Fra le grandi aziende del capitalismo italiano uno sviluppo simile a quello delle aziende di Berlusconi lo ritroviamo solo nell’Eni di Mattei: una grande azienda che si dilata a 360° e diventa un magma complicato ma molto coeso, che invade la politica. Il peso politico dell’impresa Eni è stato enorme, superiore forse al suo peso economico.
Berlusconi non ha dipendenti, ha “collaboratori”. Berlusconi è molto umano nei rapporti coi dipendenti, si prende cura di loro fin nei dettagli, si preoccupa dei loro problemi anche personali, soprattutto di coloro che gli portano fatturato, ma questo fa parte del cinismo della situazione. E questo modo di fare non è riconducibile a una estremizzazione di quel paternalismo all’italiana che possiamo ritrovare, per esempio, nei Marzotto, perché qui è come se si cercasse un imprinting comune, quasi antropologico.
E’ richiesto un timbro fisico esasperato, barba e baffi sono proibiti, la mano non può essere sudata, l’alito non può puzzare, ci si deve vestire in un certo modo, tutti devono avere una certa mentalità e un certo modo di vivere, si deve pensare che l’azienda è tutto, ci si può confessare all’azienda.
Le conventions degli agenti Publitalia erano una specie di ritiro spirituale dove questi si confessavano, parlavano dei loro problemi. In questo senso lui è un utopista, ci tiene a costruire non solo delle imprese, ma una “umanità nova” composta di persone che, viste da fuori, possono sembrare dei replicanti, dei blade runner. Una cosa che, per quello che so, ha un precedente solo nell’Eni di Mattei, che prese i suoi partigiani bianchi, li trasferì armi e bagagli dentro l’azienda, assumendo i figli dei partigiani bianchi e i figli dei carabinieri, costruì un tipo umano particolare. Anche le aziende di Berlusconi sono piene di figli e di parenti dei suoi capicantiere. Naturalmente fra i due personaggi van fatte salve le debite differenze, che rispecchiano anche la diversità dei tempi: Mattei conservava un forte idealismo che gli veniva dall’ideologia cattolica e dalla Resistenza, non amava affatto la ricchezza personale, girava in aereo ma solo per lavoro. In questo siamo agli antipodi rispetto a Berlusconi, i cui eccessi nel senso opposto, le tante case, il mausoleo, il gallismo, hanno comunque qualcosa di maniacale che ha a che fare con una vocazione “da condottiero”. Ma ancora: Berlusconi non compra e vende case, non è un immobiliarista qualunque, lui costruisce le sue città: Milano 2, Milano 3. Ha l’ambizione, cioè, di costruire a fianco di Milano una città modello, la più bella del mondo, plasmata da lui, costruita per un ideale tipo umano, non per persone normali. Adesso queste “città” sono degenerate, ma all’inizio mostravano quell’ambizione utopistica. Di lì poi viene tutto il resto.
E’ curioso come nasce Canale5 in questo scenario.
E’ stato assolutamente casuale: l’architetto con cui credo fosse stato in Svezia per progettare questo paesaggio fatto di laghetti con i cigni, di ponticelli, di case terrazzate, dove tutto doveva essere pulito, perfetto, sorvegliato, gli fece osservare che le antenne erano molto brutte e che per evitare di deturpare il paesaggio si poteva collegare tutto via cavo a un’unica antenna centrale. Berlusconi cabla il quartiere e gli rimane un canale libero, la Siemens che gli aveva venduto tutti i citofoni gli regala una sala di regia e lui pensa che come atout per la vendita di queste case può essere utile offrire agli acquirenti un canale di quartiere, che dia informazioni sul quartiere. Canale 5 nasce così.
Anche lo sport denota questa vocazione politica?
A un certo punto, quando probabilmente ha già ben chiaro di voler arrivare alla politica, Berlusconi ha un momento di indecisione, non sa scegliere se passare attraverso un’esperienza di tipo localistico, tipo farsi mettere da Craxi sindaco di Milano, o se invece passare attraverso l ...[continua]
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