Roberto Dall’Olio, insegnante, vive a Bentivoglio, Bologna. Sull'esperienza della malattia, ha pubblicato una raccolta di poesie Per questo sono rinato, Pendragon 2005.

Mi sono ammalato di tumore nel marzo del 1995, avevo 30 anni. Come me ne sono accorto? All’epoca lavoravo in Trentino, facevo supplenze piuttosto lunghe come insegnante e quindi risiedevo là. Un pomeriggio, con colleghi e tecnici, avevamo pensato di andare a sciare. Era una giornata piuttosto grigia ed era nevicato di fresco, la pista era vuota e così abbiamo deciso di fare una gara. Loro ovviamente erano più bravi di me e io, non so, devo aver spinto un po’ troppo, e lì ho sentito un dolore che, secondo me, era all’inguine. Ho pensato fosse uno strappo, uno stiramento. Qualche giorno dopo, all’indomani di un’altra nevicata, andammo a Madonna di Campiglio. La sera a cena ero nel parcheggio della baita, c’erano due signori di Genova che non riuscivano a muovere la macchina, allora con un collega ci siamo messi a spingere, insomma, spingi spingi, la macchina è riuscita a partire, ma io sono scivolato di netto e sono caduto a 180°, piatto, sul ghiaccio, e ho sbattuto dappertutto, non sono riuscito a ripararmi. La notte ho fatto fatica a dormire dal mal di schiena, e anche il giorno dopo è stato segnato dal dolore, tra l’altro mi sono accorto che mi si era gonfiato un testicolo. Ho pensato che fosse stata la botta, però il dolore alla schiena mi preoccupava. A quel punto ho pregato il padrone di casa da cui ero in affitto di farmi visitare dal suo medico anche se non ero un suo mutuato. Dai primi esami non risultava nulla, ma io ho insistito per fare anche un’ecografia. L’ecografo mi ha diagnosticato il tumore, l’ha visto subito, ero all’ospedale di Tione, in provincia di Trento, mi ha detto: “Guardi, questa è una cosa abbastanza grave, secondo me, però io non le so dire di più”. Così sono tornato a Bologna e ho fatto una visita specialistica e lì il responso si è ulteriormente precisato: “Questo è sicuramente un carcinoma”. In pochi giorni, intanto, ero già molto peggiorato. Il medico lì per lì l’ha messa sulle battute: “Lei non ha le pantofole, quindi aspettiamo il finesettimana, però entra lunedì”. E poi quella frase: “Si ricordi che di queste cose si può anche guarire”.
Sono stato operato quasi subito e mi sono anche rimesso in sesto abbastanza velocemente. Fino a trent’anni fa non si sapeva come intervenire. In pratica non c’era scampo, perché dai linfonodi genitali il cancro risale fino al polmone, quindi intervenendo sul testicolo direttamente si spargeva tutto e non c’era più niente da fare. Invece adesso l’intervento viene fatto in tutt’altra maniera.
Il fatto è che all’epoca la Tac non era in grado di fare una completa perlustrazione dell’area retroperitoneale. Ricordo che il professor Armando Maver, l’allora primario, mi chiamò nel suo ufficio e mi disse che secondo lui c’erano metastasi. La Tac non le rilevava però -mi disse- considerata la gravità del carcinoma, la mia giovane età e l’accelerazione che in genere ha questa malattia… Insomma, lui aveva questo sospetto. Aggiunse che avrebbe potuto mandarmi anche a Milano, che non c’erano problemi. Ma io gli dissi che mi fidavo di quello che pensava, e che ero disponibile a questo secondo intervento, che era piuttosto pesante. Così, appena mi sono ristabilito dalla prima operazione, nel giro di un mese, a fine aprile, inizio maggio, è stata programmata la seconda.
Il secondo intervento è durato sette ore, mi hanno fatto un taglio che va grosso modo dalla bocca dello stomaco fino all’inguine. In più mi si è rotto un vaso linfatico, quindi ho dovuto prendere antibiotici e albumina. E’ incredibile come un boccettino che costava all’epoca 600.000 lire, in flebo, resusciti letteralmente un morto.
Tecnicamente hanno dovuto spostare l’intestino perché i linfonodi genitali sono dietro il peritoneo, e dovevano vederli per valutare se eventualmente toglierli -c’era il rischio di sterilità, ma quello era il meno. Devo dire che il professor Maver ci aveva azzeccato, ci aveva proprio visto giusto, e quindi mi hanno tolto tutti i linfonodi di destra e una parte di quelli di sinistra. Un’operazione difficilissima, un po’ come disfare una maglia, ecco...
Poi è arrivato il dolore. Dopo l’intervento è stato tremendo, perché anche solo a toccarlo, l’intestino si irrita, e poi deve rimettersi a posto… per non parlare della sete… è stato terrificante. Io ero intubato, alimentato con fleb ...[continua]

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