Il parlamento europeo, malgrado l’opposizione dei verdi e le perplessità di tanti, ha dato il via libera alla brevettazione delle cosiddette "invenzioni" biotecnologiche. Vuoi spiegarci i motivi della vostra opposizione?
Un primo aspetto che credo utile evidenziare è che la parola "biotecnologie", che oramai evoca mostri, in realtà è del tutto innocua: le biotecnologie sono tecnologie che utilizzano processi biologici, esistono, quindi, da quando esiste la civiltà umana, da quando l’uomo ha cominciato ad usare in modo razionale ciò che aveva attorno a sé; è biotecnologia fare il vino, lo yogurt, il pane, la birra, perché, per fare queste cose, si usano, casomai senza saperlo, i microorganismi di un lievito.
Molte delle stesse tecniche di cui si avvale la biotecnologia odierna sono, dal punto di vista della ricerca scientifica, abbastanza antiche. La clonazione (che nelle piante è un processo naturale che l’uomo riproduce da sempre, la cosiddetta talea) a livello di organismi abbastanza semplici come rane, anfibi fu compiuta, quasi per curiosità, già 50 anni fa. Le stesse tecniche che hanno reso possibile intervenire geneticamente su ovuli ed embrioni sono tecniche di manipolazione dell’uovo fecondato e dell’uovo da fecondare, collaudate da tempo per venire incontro alla sterilità delle coppie, tecniche, quindi, che non vanno affatto demonizzate.
Oggi, però, quando si parla di biotecnologie ci si riferisce a tecniche capaci, appunto, di modificare l’informazione genetica degli organismi viventi. Sono tre, grosso modo: l’ingegneria genetica che è la manipolazione dell’informazione genetica delle cellule e degli organismi; le terapie geniche, ossia la capacità d’intervenire su alcune patologie agendo direttamente sui geni; infine la clonazione, la riproduzione, cioè, di copie identiche dal punto di vista genetico di animali dallo sviluppo embrionale complesso che normalmente in natura non sono in grado di riprodursi in questo modo.
Per capire la portata di tali innovazioni pensiamo solo che, attraverso l’ingegneria genetica, in un organismo che non presenta in natura un certo carattere, si può impiantare un gene, portatore di quel carattere, prelevato da un organismo completamente diverso. Si potrebbe, addirittura, prendere il gene di un batterio e metterlo nell’uomo; questo non si fa perché eticamente ripugnante, ma, comunque, si può fare il contrario: prendere il gene di un uomo e metterlo in un batterio; si potrà prendere il gene di una pianta e metterlo in un animale e viceversa, oppure immettere il gene di un animale in un altro animale o di una pianta in un’altra pianta. In realtà non ci sono limiti nel trasferimento di geni da un organismo a un qualunque altro organismo vivente, nella creazione, cioè, di piante e animali cosiddetti "transgenici". Peccato, però, per citare solo una delle controindicazioni, che l’ingegneria genetica non sia in grado di operare con precisione: il Dna iniettato si integra nel genoma del nuovo organismo in posizioni casuali, senza che noi abbiamo la possibilità di prevedere le interazioni con altri geni e con la fisiologia dell’organismo; il caso della soia, nella quale è stato inserito un gene proveniente dalla noce del Brasile, è illuminante.
Riguardo alla clonazione, poi, grazie alle tecniche di manipolazione dell’uovo fecondato e dell’uovo da fecondare, possiamo non solo riprodurre la clonazione "gemellare", quella che potremmo definire "naturale", tramite la suddivisione dell’embrione in formazione, ma anche prelevare il nucleo di una cellula uovo prima della fecondazione e sostituirlo con il nucleo di una qualunque cellula del corpo, frutto, quindi, del processo di sviluppo di un individuo che ha ricevuto il patrimonio genetico dai suoi due genitori, madre e padre. E’ evidente che in questo caso, quello della pecora Dolly per intenderci, siamo di fronte a una forzatura radicale dei procedimenti naturali: consideriamo solo la possibilità di prendere la cellula di una persona già morta e di farla rivivere in un individuo che dovrà nascere. E infine: in alcuni laboratori -in passato in Inghilterra, ora in Giappone- stanno addirittura effettuando ricerche per riprodurre mammiferi per via partenogenica, stimolando, cioè, la segmentazione di una cellula uovo, non fecondata dallo spermatozoo e, quindi, impiantando l’embrione in formazione nell’utero di una femmina ospite; in tal modo nascerebbero solo fe ...[continua]
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