Il Rapporto sullo Sviluppo Umano delle Nazioni Unite per il 2013 è dedicato alla crescita del Sud del mondo. Un grafico nelle prime pagine mostra, nell’arco di poco meno di due secoli, tra il 1820 e il 2013, l’andamento della produzione di Brasile, Cina e India (il Sud) e di Canada, Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti (il Nord). Nel 1820 il Sud produce la metà del prodotto del mondo contro il 20% del Nord. Poi, con l’industria, la crescita demografica, gli imperi, in poco più di 120 anni, il prodotto del Nord, con alti e bassi, supera il 50%, durante la guerra, mentre quello del Sud crolla al 10%. Da allora le tendenze si sono invertite. In questi anni il Sud sta superando il Nord, al 30%, e non c’è motivo di credere che si fermi.
Se la produzione è alta, la produttività però resta bassa. I tre paesi scelti a rappresentare il Sud hanno una popolazione complessiva di due miliardi e mezzo di persone, almeno tripla di quella dei paesi che rappresentano il Nord; più di un terzo della popolazione del mondo. Il numero, la demografia, è l’elemento determinante. Il Rapporto riguarda lo sviluppo umano, cioè l’istruzione, la durata della vita, la libertà, la parità dei sessi, non solo la ricchezza. Da questo punto di vista le cose vanno meglio, cioè i grandi paesi del Sud hanno un indice complessivo migliore del solo indicatore economico, ma non benissimo. Il Brasile è l’85° paese in graduatoria; la Cina è il 101°; l’India il 136°. Il numero degli istruiti è molto cresciuto; in alcune città la qualità dell’istruzione è straordinariamente alta secondo test internazionali come il Pisa -Shanghai, Hong Kong, Singapore sono ai primi tre posti con ampio margine in matematica, nella lettura, nelle scienze. Per la matematica il distacco di Shanghai dai paesi europei meglio classificati è di quasi 100 punti su 613. Ma la percentuale complessiva di istruiti in Cina resta bassa.
 
La violenza contro gli altri
(http://www.unodc.org/unodc/en/data-and-analysis/homicide.html)
La violenza, il controllo della violenza, il numero di omicidi volontari, è un aspetto importante della misura dello sviluppo umano. La mappa della violenza -con i paesi meno violenti rosa chiaro; i più violenti rosso sempre più scuro- fa parte del Rapporto. Capire, o anche solo ipotizzare, perché i residenti in un paese siano più o meno violenti non è possibile se ci si basa solo su un grafico o su una tabella.
Non tutte le tabelle reperibili in rete sono coerenti, perché cambia l’anno di riferimento, o la fonte usata. Citerò i dati della tabella dello United Nations Office on Drugs and Crimes (Unodc) perché fornisce le proprie fonti e perché, quando ne dispone, dà il numero assoluto, la percentuale, la serie storica e la distinzione per sesso delle vittime. Del resto non si tratta di guardare ai dettagli, sempre mutevoli nel tempo, ma agli ordini di grandezza. Anche solo citare gli ordini di grandezza può mettere in dubbio stereotipi, porre problemi, aiutare a rendersi conto della realtà del mondo di cui facciamo parte. è, credo, convinzione diffusa che l’Europa occidentale sia una delle aree meno violente del mondo. è indubbiamente vero. Il rosa dell’Europa è assai tenue.
Bisogna sottolineare però che le differenze interne all’Europa sono abbastanza significative; e hanno cambiato di segno negli ultimi decenni. L’Italia nel 2011 ha avuto 552 vittime di omicidio; 0,9 per 100.000 abitanti; in costante diminuzione dal 1998; per tre quarti uomini. La Spagna ha un andamento molto simile, con differenze marginali. La Germania, l’Olanda, la Svizzera, hanno andamenti simili. L’Inghilterra e il Galles hanno una diminuzione appena minore. Ma la esemplare Scozia oscilla nello stesso periodo tra 1,9 e 1,8 con impennate fino al 2,5, tre volte Spagna e Italia. L’Irlanda del Nord ha avuto punte del 4,5 per ovvi motivi. Può sorprendere la Finlandia al 2,2. L’Estonia scende da 14,1 a 4,8. Si tratta in ogni caso di percentuali basse in paesi piccoli. Basta una strage a quadruplicare, da 0,6 a 2,3, la percentuale della Norvegia, che normalmente ha una trentina di omicidi l’anno.
L’area in cui si uccide di meno è però l’Asia orientale e sudorientale; 1 nell’enorme Cina (ma 3,5 in India); tra 0,5 e 0,3 in Giappone; 0,6 in Indonesia; 0,3 a Singapore; 0,2 a Hong Kong. Può sorprendere la Corea meridionale al 2,6; forse non sorprende la Corea settentrionale al 15,2. Evidentemente il  controllo totale non impedisce la violenza privata se le condiz ...[continua]

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