Cari amici,
volevo scrivervi da Pechino, ma ho rimandato la partenza per la solita stanchezza da inquinamento, per cui vi scrivo da Hong Kong e partirò solo fra qualche giorno. A dire la verità, molto di "Pechino” sta arrivando a Hong Kong e a volte si scherza con gli amici pensando che la necessità, o il desiderio, di andare più a nord man mano potrebbe diventare superflua. L’inquinamento, per esempio, c’è anche qui, ma se in Cina c’è una vacanza, diminuisce in modo vistoso. Se invece per qualche motivo recuperano le vacanze, allora lo smog arriva fino a qui (non so se ve l’ho già detto, ma in Cina i giorni di vacanza vengono "recuperati” lavorando il sabato e la domenica nei giorni precedenti e successivi alla vacanza, in modo tale da non aver perso giorni lavorativi alla fine del conteggio. Uno spasso). L’altro giorno ero sul traghetto e dietro di me c’era una signora che parlava in mandarino (quindi era del "nord”: qui parliamo cantonese) e che urlava nel suo telefono incrostato di perline che aveva "appena comprato tre case!”. Era il perfetto stereotipo di nuova-ricca, con gli occhialoni da sole griffati, anche se c’era nuvolo pesto, molti gioielli, vestita in modo un po’ troppo vistoso e con l’aspetto costoso (magari tarocco, non so) e se ne stava lì, in pubblico, a urlare appunto che si era comprata tre case. Ha usato la parola "fangzi”, che significa proprio casa, per cui non so se si trattasse di appartamenti o villette, ma insomma, tre erano. Diceva: "Sì, una voglio darla a mia madre, l’altra a mio figlio, magari gli serve, la terza è per me, sì, per averla”. Mi guardo intorno per vedere se qualcuno la guardava male, invece non ho notato niente, una pazienza rara. Anche perché davvero, che cosa ci si può mai fare? Ecco, la fretta di andarsene verso nord certe volte viene meno, dato che il nord un po’ per volta sembra volersi trasferire tutto qui. E quindi, ve ne parlo ormai da anni, si inaspriscono anche le tensioni, perché di gente che si compra tre case in una mattina non ce ne sarà tantissima, ma Hong Kong sta cominciando a sopportare un peso che è sempre più gravoso.
In questa situazione, Kevin Lau, ex direttore del quotidiano "Ming Pao”, è stato accoltellato in pieno giorno, come in un’operazione di mafia: due uomini in motocicletta si sono avvicinati, uno è sceso, ha tirato fuori il coltello e colpito il giornalista alle gambe e alla schiena lasciandolo mezzo morto. Lo shock è stato profondo a Hong Kong. Mentre Lau dall’ospedale, una volta ripreso conoscenza, diceva alle persone di andare a manifestare e di essere fermi contro i tentativi di ridurre la democrazia, tutti erano come raggelati e furibondi, increduli che si fosse potuto arrivare a tanto. Non si conoscono i mandanti, forse non si conosceranno nemmeno gli esecutori materiali (la polizia di Hong Kong non ha diritto di fare indagini in Cina, o di inseguire sospetti oltre frontiera) e l’orrendo attacco a un giornalista che già era stato licenziato per i suoi articoli troppo agguerriti si è andato ad aggiungere alla lista di atti che servono attivamente a intimidire la stampa. Per renderla un po’ più simile a quella del nord. Ma le cose vanno così veloci che dopo lo shock dell’attacco a Lau, c’è stato quello dell’attacco alla stazione di Kunming, di nuovo con i coltelli (le armi, in Cina, circolano poco, ma come vedete non è che per questo nessuno debba aver paura di nulla), da parte di un gruppo di, a quanto pare, "jihadisti”. Che si sono scaraventati alla cieca contro le persone che facevano la coda alla stazione, uccidendone 29 e ferendone centinaia. Poi la polizia ha mostrato bandiere e magliette nere, con scritte in arabo che inneggiano a "Dio”, Ma i conti non tornano: questi sono gruppi nuovi, i quattro separatisti del Xijiang, la regione che sarebbe la terra degli uiguri, ormai sempre più abitata anche da cinesi, hanno una bandiera azzurra e scrivono in lettere romane. E l’attacco non ha niente a che vedere neanche con quello che è avvenuto finora. Impensabile, inimmaginabile: come ci si può lanciare addosso a persone innocenti con un coltello in mano, determinati a uccidere? La natura dell’attacco è opposta a quella di Lau, ma ha in comune le domande che si lascia dietro: chi? Per quale motivo? In che modo sta cambiando il Paese? Davvero un attacco di tipo mafioso contro un giornalista non allineato può avvenire in pieno giorno? E davvero un attentato jihadista può avvenire in una stazione affollata? Dal momento che la risposta è sì in entrambi i casi, abbiamo tutti molto a cui pensare.
Ilaria Maria Sala
Hong Kong