un’amica mi ha mandato un messaggino per dirmi che si sente giù. E non a causa del clima cupo di questo novembre, e neanche per via delle frustrazioni quotidiane dovute al lockdown, come il fatto di doversi mettere in fila davanti ai negozi, perdendo regolarmente molto più tempo di quanto previsto. Non è nemmeno per via del crescente numero di persone contagiate dal Covid-19 o del bilancio dei morti che ormai ci condanna al peggior tasso di mortalità d’Europa. No, è perché ha dovuto guidare per un’ora e mezza, con un sacchetto pieno di piccoli yogurt e dolcetti per la sua mamma novantatreenne, e dopo aver consegnato la sua busta alla porta della struttura d’accoglienza, è stata costretta a rimanere sotto la pioggia per dieci minuti, gesticolando alla finestra in direzione della madre, la quale non riusciva a capacitarsi del perché sua figlia rimanesse fuori, anziché dentro a tenerle la mano.
Più tardi, un conoscente mi ha confessato di non sentirsi bene, intendo mentalmente: si sente oppresso da pensieri bui e non riesce a ottenere le medicine di cui ha bisogno né dal suo dottore né dal suo farmacista. I farmaci scarseggiano, dovrà aspettare per giorni. L’attesa per lui è un fardello di disperazione. Tra l’altro le attuali carenze di medicinali rischiano di aggravarsi a causa dei ritardi nei porti dovuti a Brexit, tanto più nel caso di una “no-deal Brexit”. In parte, la sua disperazione è dovuta anche al fatto che questa scarsità rischia di diventare la nuova normalità.
Un’amica e collega mi telefona per chiedermi qualcosa. Solitamente è la donna più ragionevole e resiliente che conosca, ma anche lei mi dice di sentirsi stranita, insicura, non più in sé, depressa. È lo stress; si lascia naufragare nel mare d’autunno per reagire alla malinconia quotidiana. Ciò che tutti desiderano è veder tornare il sole nelle nostre vite, mentre stiamo andando incontro a un lungo inverno.
Questo lockdown dà una sensazione diversa dal precedente. Questa volta le strade sono ancora trafficate; c’è la percezione di una connessione interrotta. Questa volta incombe il futuro cupo dell’economia. E poi c’è il clientelismo del governo, la sua incompetenza, il suo, diciamo, flebile rapporto con la verità -le persone sono esauste e si sentono abbandonate.
In effetti le persone sono sole. L’Office of National Statistics ha condotto un’indagine sul senso di isolamento delle persone a partire da marzo, e ha scoperto che un intervistato su dodici si è descritto come “sempre” o “spesso” solo, nei tre giorni che andavano dalla fine di ottobre al primo novembre. Il 18% ha affermato di sentirsi solo, talvolta, perché il distanziamento sociale impedisce alle persone di incontrarsi. Il più alto tasso di “solitudine acuta” è stato riscontrato nel corso del primo lockdown, tra marzo e aprile, ma -e certo non sorprende- questa “solitudine acuta” è risultata particolarmente frequente tra i più giovani, con un 12% di persone tra i 16 e i 29 anni che hanno dichiarato di sentirsi spesso o sempre soli, rispetto all’8% nella fascia d’età 30-59 anni, e al 4% degli over 60. Le donne sono più inclini a dichiarare di sentirsi sole rispetto agli uomini. Tutto ciò si avverte nell’aria; un senso di chiusura, pochi sorrisi, un vuoto.
Molto di questo isolamento sociale -e del senso di solitudine che ne consegue- accompagna da sempre i britannici, in una cultura che, per quanto più amichevole di quanto venga universalmente rappresentata, è spesso incline a sbarrare le porte, a chiudersi in se stessa. Questo dipende anche dalla stratificazione sociale, a cui noi siamo particolarmente portati; noi britannici siamo molto bravi in questo: sappiamo rimanere indifferenti alle avversità, a differenza della classe operaia che affronta con allegra spavalderia tutte le disgrazie che incontra nel suo cammino. Questa volta però è stato il Covid-19 a ridere per ultimo. Gli esseri umani, dopotutto, sono fatti per interagire con gli altri. Abbiamo bisogno di stare insieme, soprattutto nei momenti di stress. E questo è un momento di stress. Se siamo costretti a sopportare questo calvario da soli, senza sostegno emotivo e amicizia, i nostri livelli di ansia aumentano e cala la nostra capacità di affrontare le difficoltà.
La solitudine poi accresce il nostro disagio, i livelli dell’ormone dello stress si impennano e ci fanno dormire male; nella popolazione anziana fanno declinare le facoltà cognitive, oltre a compromettere il nostro stesso sistema im ...[continua]
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