La copertina è dedicata alle vittime dell’ennesimo naufragio di un barcone di immigrati, avvenuto, questa volta, a pochi metri dalle nostre spiagge. E, anche, a tutti coloro che nel mondo ci guardano. Di immigrazione ci parla Massimo Livi Bacci, secondo cui i flussi migratori, da regolare certo, sono inevitabili e assolutamente necessari nell’emergenza demografica (“per ogni figlio non nato, un ragazzo di vent’anni da adottare”); poi raccontiamo una buona pratica in Brianza per l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati, e la storia di Rkia, una giovane marocchina che vive in Romagna, dove ha messo su famiglia, dove vivono anche i genitori, tutti gran lavoratori perfettamente integrati e ben voluti da tutti, e che all’improvviso ha deciso di mettere il velo.
Pubblichiamo un appello di Raphael Glucksmann e Jean-Yves Pranchère che denuncia una sinistra incapace di schierarsi con chi lotta per la libertà, una sinistra che rinnega la lotta per la difesa della Repubblica spagnola e le resistenze europee antifasciste. Siamo stati a un “presidio” per l’Ucraina che l’associazione “Liberi oltre” aveva indetto in ogni città italiana. Ebbene, c’erano centinaia di ucraini e soprattutto di ucraine e una ventina, forse, di italiani. Con la tv che ogni sera ci fa vedere le nefandezze di una guerra imperialista per la conquista della terra altrui e la distruzione del popolo che la abita, com’è possibile che si resti passivi, indifferenti se non addirittura diffidenti e insofferenti? L’antiamericanismo d’accordo, il pacifismo, d’accordo, ma bastano a spiegare? Sul “Corriere” Ernesto Galli della Loggia ha sostenuto che ci deve essere per forza dell’altro, qualcosa che ha a che fare con la nostra storia e con la tempra morale di un popolo. A noi è venuta in mente una frase che ci disse Claudio Pavone, alla fine di un’intervista: “Il disastro è stato l’armistizio”. Ma stavamo uscendo e non c’era più tempo per chiedere cosa avesse voluto dire. Presumibilmente qualcosa a proposito della responsabilità, di cui si era parlato nell’intervista. Sì, forse siamo gente da armistizio, sempre, comunque e con chiunque. Da qui una specie di astio da invidia verso gli ucraini e la loro forza morale? Può essere?
La responsabilità poi, e ce lo ricorda Zizek nell’articolo “Il lato oscuro della neutralità”, riguarda anche le opinioni che ci facciamo, le parole che diciamo, casomai a cuor leggero perché seduti su un divano di fronte alla tv (e infatti l’accusa sprezzante ai “fautori delle armi” è quella di essere gente cui piace “far la guerra dal divano”). Attenzione, però, perché questa guerra, oltre che dall’eroica tenacia degli ucraini, sarà decisa proprio “dai divani” del resto del mondo, e in particolare dai nostri, quelli del campo democratico. Trump ha già parlato e Putin conta soprattutto su di noi, che siamo oggetti di sondaggi e ogni tanto andiamo pure a votare. Quindi assumiamoci la responsabilità di quello che pensiamo e diciamo, perché avranno conseguenze molto pratiche e durature per tanti.
Infine: su questa rivista abbiamo sempre chiamato fascismo sia quello di Putin che quello di Xi, perché pensiamo non ci sia un’altra parola per definire quei regimi: monopartitismo per legge o nei fatti, uso sistematico della violenza e della coercizione, culto della personalità, controllo statale di un’economia capitalistica, bavaglio all’informazione, e poi nazionalismo e persecuzione delle minoranze, demonizzazione di presunti nemici interni ed esterni, disprezzo per i valori liberali e democratici, oscurantismo e odio per gli omosessuali, eccetera. Che altro serve? Antonella Salomoni per la Russia e Jean-Philippe Béja per la Cina ci raccontano come ormai la consapevolezza che ci troviamo di fronte a regimi fascisti si stia diffondendo. E riguardo al terzo fascismo, quello verde, Ahmad Rafat, ci racconta come la rivolta partita dalle donne, che non si è piegata neanche di fronte a una repressione feroce, stia minando le fondamenta del regime iraniano.
Per il resto pubblichiamo, grazie al sito “Meduza”, un saggio sulla storia del Donbass e di come, passo dopo passo, i russi hanno fomentato la secessione. Poi Alfonso Berardinelli ci parla di Alfred N. Whitehead, Massimo Teodori del “miracolo” che compì Pannunzio facendo collaborare al “Mondo” sia Salvemini che Croce; Belona Greenwood continua a raccontarci dell’Inghilterra e dello sfascio della sanità pubblica, Matteo Lo Presti ricorda la grande Joyce Lussu, Vicky Franzinetti polemizza con le identità ricostruite a ritroso ed Edith Pichler, per Neodemos, analizza il reddito di cittadinanza tedesco. Infine per “luoghi” le foto da Berlino di quel che resta del Muro.
“La visita” è alla tomba di Angelo Fortunato Formíggini, grande editore, che per protestare contro le leggi razziali si buttò dalla torre della Ghirlandina di Modena.
Editoriale del n. 290
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